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Editoriale
Macron: i mano a Bruxelles?
I francesi sono originali, si sa. Con quella punta di sciovinismo e grandeur che gli consente di fare cose che lasciano stupiti e perplessi chi osserva dall'esterno. Prendiamo per esempio l'elezione di Macron. Un ex banchiere diventato famoso prima come braccio destro di Attali (di cui si dice sia di fatto la sua longa manus), poi per essere da viceministro il padre della Loi Travail, contestata per mesi nelle piazze dai lavoratori, dimettendosi subito dopo per dedicarsi alla scalata all'Eliseo.
Giovane, belloccio, rampante, mellifluo esponente della globalizzazione, emanazione dei Rothschild (la banca ha sempre avuto un suo rappresentante nel governo) e dell'establishment di Bruxelles. Su diretta dettatura di Attali (lo ammettono anche i media locali), Macron ha risfoderato tutto l'arsenale europeista, compreso l'asse franco-tedesco, che tanto danno ha arrecato alla bilancia commerciale transalpina e al deficit statale.
Ma al grido di "più Europa", è come se in Francia fosse stata eletta l'ex ministro Fornero. Un ex ministro di cui tutti hanno contestato l'operato, ma che aveva risposto ai desiderata di Bruxelles. O Poletti, padre del Jobs act italiano.
Però pur di osteggiare Le Pen, i francesi hanno votato un uomo senza partito, che ha goduto di un appoggio dei media imbarazzante, che farà molta fatica alle prossime legislative a mettere insieme una sua squadra in Parlamento. Paradossalmente il vero rischio politico francese comincia adesso e gli effetti li vedremo tra qualche mese.
Mai come in questo caso, la Le Pen ha avuto ragione quando ha affermato che "in ogni caso, per la prima volta la Francia avrà un presidente donna: io o Merkel".
Bonne chance.
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