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10/12/2025

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Il nomadismo digitale accelera: i dati che svelano la rivoluzione del lavoro globale

Giglio (BWH Hotels): il coworking è diventato un ecosistema che favorisce la contaminazione tra competenze, la nascita di nuove idee e la costruzione di relazioni professionali

Il nomadismo digitale si è trasformato da tendenza marginale in un fenomeno lavorativo di portata mondiale, in costante crescita. Secondo i dati riportati dalla testata internazionale Forbes, le persone che attualmente vivono e lavorano in movimento a livello globale oscillano tra i 40 e gli 80 milioni. Una quota significativa di questa forza lavoro proviene dagli Stati Uniti, dove un recente rapporto di MBO Partners stima la presenza di 18,1 milioni di lavoratori nomadi digitali. Questo dato segna un incremento del 4,7% rispetto all'anno precedente e riflette una crescita impressionante di oltre il 147% dal 2019. Tale impennata è direttamente correlata alla diffusione del lavoro da remoto, accelerata dagli eventi pandemici: la ricerca evidenzia che, prima del 2020, circa il 17% dei dipendenti statunitensi lavorava a tempo pieno da remoto, mentre durante la pandemia la percentuale ha raggiunto il 44%.

Questa dinamica di trasformazione si riflette anche in Italia. L'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano indica che, sebbene prima della pandemia si contassero solo 570.000 smart worker, il picco raggiunto nel 2020 è stato di 6,58 milioni. Attualmente, il numero si attesta intorno ai 3,57 milioni, con il potenziale di ulteriori 3 milioni di lavoratori che potrebbero adottare questa flessibilità. In questo nuovo scenario, il confine tra attività professionale e tempo libero si è fatto più labile, favorendo l'emergere di nuove abitudini come la workcation, ovvero soggiorni temporanei in località turistiche che consentono di lavorare da remoto senza rinunciare all'esperienza del viaggio. "Stiamo assistendo a una vera rivoluzione nel modo di viaggiare: sempre più persone scelgono di lavorare mentre si spostano, trasformando il soggiorno in un'esperienza dinamica e produttiva. La mobilità non è più solo svago, ma diventa parte integrante della routine professionale", ha commentato Rosa Giglio, Head of Brand Marketing and Communication di BWH Hotels Italy & South-East Europe.

L'interesse per l'integrazione tra lavoro e vacanza è particolarmente alto in Italia. Secondo l'ultima edizione dell'Osservatorio EY Future Travel Behaviours, il 48% degli italiani si dichiara propenso a combinare viaggio e lavoro, con percentuali che si elevano significativamente tra i Millennial (67%) e la Gen Z (79%). Le tre modalità più scelte dagli italiani per mescolare lavoro e viaggio sono la workcation (25%), il bleisure (24%) - l'estensione di un viaggio d'affari con alcuni giorni di vacanza - e il digital nomadism (14%).
Questa trasformazione è guidata soprattutto dalle fasce d'età più giovani. La piattaforma Altys, citando dati globali di Statista, evidenzia che la maggior parte dei nomadi digitali internazionali si concentra nella fascia tra i 25 e i 44 anni. Si registra tuttavia un aumento dei professionisti over 50, in particolare tra i consulenti e i freelance. I settori più rappresentati sono quelli che beneficiano maggiormente del lavoro a distanza e delle competenze digitali: l'IT, i servizi creativi e l'istruzione costituiscono oltre il 40% della forza lavoro nomade. I ruoli più comuni includono sviluppatori di software, blogger e ghostwriter, tutor e coach online, assistenti virtuali e imprenditori e-commerce. Questi professionisti sono divisi tra liberi professionisti (circa il 46%) e dipendenti (circa il 54%).

A livello economico, il reddito medio di questi lavoratori si aggira tra i 3.000 e i 4.000 dollari al mese. Molti di loro praticano il geo-arbitrage, un meccanismo che consiste nel percepire stipendi tipici dei paesi occidentali pur vivendo in nazioni dove il costo della vita è sensibilmente inferiore. Per attrarre questa nuova classe lavorativa, oltre 64 paesi, tra cui anche l'Italia, hanno introdotto specifici visti per nomadi digitali, che permettono soggiorni prolungati da sei mesi a due anni.
Questa evoluzione sta avendo un impatto profondo sui servizi di supporto, in particolare nel settore degli spazi di coworking. Questo mercato sta vivendo una crescita esponenziale, alimentata dalla richiesta di ambienti flessibili e connessi. Secondo Research and Markets, il valore del mercato globale del coworking ha toccato i 30 miliardi di dollari nel 2025 (rispetto ai 27 miliardi del 2024) e le previsioni indicano che raddoppierà entro il 2032, raggiungendo quota 59 miliardi di dollari. Ciò rappresenta un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 9,89%. La domanda si concentra su spazi che favoriscano la produttività e la flessibilità, essenziali per una forza lavoro distribuita.


L'integrazione tra coworking e ospitalità emerge come una delle direzioni evolutive più significative. "Progetti come myWO, il servizio di coworking offerto in alcune delle nostre strutture, dimostrano come gli hotel possano diventare hub di produttività e relazione, capaci di accogliere non solo viaggiatori, ma anche professionisti in cerca di spazi attrezzati e confortevoli. In questo contesto la capacità di offrire spazi professionali integrati nel tessuto urbano diventa un vantaggio competitivo", ha concluso Giglio, sottolineando che l'evoluzione del coworking in chiave hospitality non risponde solo alle nuove esigenze, ma ripensa il ruolo dell'hotel come un luogo di benessere e produttività.


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