Sicuramente non ha aiutato la scarsa diversificazione in termini settoriali e di strumenti, trattandosi di un mercato agli esordi.
Ma niente che le condanni per il solo fatto di essere ?'verdi''.
Peraltro, il 2023 è iniziato con una dinamica opposta rispetto al 2022.
Le emissioni di gennaio hanno raggiunto i 39 miliardi di euro, in aumento del 25% rispetto a gennaio 2022.
Molte banche prevedono che nel 2023 le emissioni ritorneranno ai livelli del 2021.
Sicuramente è solo un inizio.
Supponendo che i ritmi delle emissioni che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni si riprendano o addirittura si accentuino, spinti dai nuovi piani governativi americani (l'Inflation Reduction Act), europei (il Green Deal) e cinesi e sostenuti dall'appetito degli investitori e dalle variegate pressioni a favore di un'economia più ecosostenibile, la Climate Bonds Initiative prevede per le emissioni di green bond l'ambizioso livello di 5.000 miliardi di dollari l'anno a partire dal 2025.
Si costituirebbe in questo modo un mercato estremamente liquido.
Da questo punto di vista, la Cina promette bene: malgrado un'economia ancora largamente dipendente dal carbone, è stato il primo emittente di green bond nel 2022.
E, dato che probabilmente gli altri Paesi non accetteranno di rinunciare al podio senza lottare, le emissioni di obbligazioni verdi dovrebbero ulteriormente aumentare, contrariamente, si spera, a quelle di CO2.
Tuttavia, se il 2022 è un semplice incidente di percorso nel trend delle emissioni obbligazionarie, segna forse anche l'inizio di un'altra tendenza: la sfiducia, in crescita soprattutto negli Stati Uniti, nei confronti dell'investimento responsabile.
Vanguard, la seconda società di asset management del mondo, a fine 2022 ha abbandonato la Net Zero Asset Managers Initiative.
Se scelte di questo tipo rischiano di giocare contro le iniziative di ecosostenibilità, bisogna anche dire che, di fronte allo slancio generalizzato a favore di un'economia più sostenibile, è difficile immaginare che i prodotti finanziari verdi risentiranno profondamente di questo movimento.
Il mercato dovrà semplicemente venire a patti con esso.
Infine, un ultimo ma inevitabile ostacolo minaccia lo sviluppo delle obbligazioni green e, in senso più lato, le obbligazioni "sostenibili".
E non si tratta necessariamente del prezzo (l'investitore sembra disposto fino a un certo punto a pagare di più per un titolo che ritiene utile per altri aspetti): il rischio principale è il greenwashing, l'inganno sul valore ecologico dei progetti, che può minare la fiducia dell'investitore.
La Climate Bond Initiative, nella sua relazione 2021, ritiene che solo il 20% delle obbligazioni green presenti standard sufficientemente elevati per ottenere una certificazione.
Per sviluppare il mercato green, la proporzione deve essere come minimo invertita.
Il lavoro da fare è ancora tanto, richiede tempo, e l'Europa non può fare il cavaliere solitario.
Se le obbligazioni green sono destinate a diventare obbligatorie nei portafogli, devono dimostrare che non basta etichettarsi tali, ma è fondamentale provarlo.
Solo a questa condizione, il raggio verde non sarà più un miraggio.
Nel frattempo, gli investitori hanno la responsabilità di condurre un'analisi approfondita della valenza ecologica reale dei titoli green.
Un compito che può essere svolto solo da una gestione attiva ed esperta.
La prossima rivoluzione in finanza potrebbe quindi essere non solo verde ma anche attiva.
Alexis Bienvenu, Gestore, La Financiere de l'Echiquier
Se l'articolo ti è piaciuto, condividilo con gli amici e colleghi