Ma ci sono luci e ombre.
Tra le buone pratiche più citate, l'82% delle aziende italiane dichiara di essere in grado di fornire uno standard minimo di copertura sanitaria a tutti i dipendenti in ogni sede.
In termini di flessibilità , il 74% degli intervistati dichiara di offrire opzioni di lavoro flessibile, ma il 76% non prevede di garantire assicurazioni ai lavoratori non dipendenti (gig workers).
Il 38% ha dichiarato inoltre di non prevedere azioni che garantiscano che la forza lavoro abbia skill che siano congruenti con quanto richiesto dal mercato, meno della metà (47%) intende offrire l'accesso a opportunità di upskilling e reskilling a tutti i lavoratori.
"L'urgenza della formazione dei propri dipendenti" continua Morelli "è sentita da meno della metà degli intervistati, ma quel che preoccupa è che una percentuale persino minore si sta attrezzando per portarsi a bordo le competenze che servono e che serviranno nel prossimo futuro".
Equi e inclusivi sì, ma lavorando in partnership
Interessante il dato in relazione al secondo trend emerso lo scorso anno nello studio Global Talent Trends: la creazione di partnership che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi aziendali.
La quasi totalità delle aziende intervistate (87%) ha avviato iniziative per incrementare le affiliazioni interne attorno a temi rilevanti nell'ultimo anno.
Vediamole nel concreto: circa la metà (51%) ha sviluppato percorsi di formazione per i manager per insegnare loro come costruire squadre di lavoro eque e inclusive.
Circa un terzo (33%) ha definito nuove line guida per incrementare una collaborazione efficace e il 31% ha avviato progetti che definiscano i differenti modelli di motivazione in azienda.
E in relazione al problema più pressante, quello della spinta inflazionistica, gli HR italiani hanno dato risposte che vanno nella medesima direzione.
"Per garantire un ambiente di lavoro equo e giusto" ha commentato Morelli "occorre che le aziende italiane si ripensino completamente in ottica di rilevanza.
Concretamente questo significa incorporare pratiche e processi di equità in ogni processo e in ogni funzione così da rendere l'obiettivo una scelta aziendale di tutti e non solo una aggiunta di marketing".
Il benessere dei lavoratori sempre più focalizzato sui benefit che contano
Grande attenzione da parte degli HR italiani in merito a piani di total well being che abbiano lo specifico obiettivo di attrarre e trattenere le persone, oltre ad aumentare l'engagement interno: la quasi totalità (97%) sta lavorando in questa direzione.
Il 42% pensa di estendere la copertura sanitaria a una più ampia fetta di popolazione aziendale, mentre, l'85% dichiara di fornire già supporto ai propri dipendenti in merito alla salute mentale, a problemi di relazione e di mantenimento dell'energia.
Tuttavia solo il 18% dichiara di essere in grado di provvedere con un adeguato piano di crisis management per la gestione di un evento traumatico.
L'erogazione de benefit legati alla salute va a braccetto con la purpose dell'azienda: l'88% degli intervistati afferma di inquadrare le proprie strategie di welfare nella propria purpose, per coerenza e identità .
La modalità di gestione del benessere aziendale è sempre più digitale: l'85% ha investito in piattaforme digitali che consentano il management e la comunicazione dei benefit aziendali legati alla salute.
Punto debole in Italia è l'attenzione a nuove forme di copertura sanitaria: solo il 18% investe in nuove forme di copertura rischi.
Anche l'assistenza virtuale in relazione al benessere psicologico non appare prioritario per gli HR italiani: meno di un terzo (28%) attualmente offre accesso on-demand all'assistenza in merito alla salute mentale.
In costante aumento gli investimenti in employability.
Ma non digitali
Le aziende italiane mostrano di aver avviato investimenti per incontrare i bisogni attuali e futuri di competenze.
Il 66% dichiara di comprendere i bisogni dei lavoratori in termini di sviluppo e il 58% di avere chiara la situazione rispetto alle competenze attualmente in azienda, tuttavia solo l'8% ha investito in piattaforme di Intelligenza Artificiale di analisi e generazione di Insights.
L'energia collettiva al centro dello sviluppo di aziende Human Centric
La maggioranza degli intervistati è concorde: il rischio maggiore legato alle persone è quello relativo alla fatica lavorativa, percepito dalla totalità degli intervistati come il maggiore ostacolo alla trasformazione HR.
Seguono altre preoccupazioni: il numero eccessivo di priorità potenzialmente dispersive (56%), l'equilibrio difficile tra trasformazione dell'organizzazione e un mindset resistente (41%) e l'insufficiente capacità lavorativa, nonché l'assenza di competenze che si rendono necessarie per il futuro (41%).
Per affrontare questi rischi, il 92% degli intervistati ha già avviato numerose iniziative, prima tra le quali (68%) è la costruzione di una cultura aziendale che metta al centro l'espressione della propria autentica identità sul lavoro.
Solo un terzo dichiara di operare per una maggiore trasparenza e per programmi di educazione che insegnino ai dipendenti a comprendere i propri limiti e non superarli, pena lo stress lavorativo.
Tutti gli HR intervistati sono impegnati in programmi di trasformazione, con tre obiettivi principali: trasformare il modello operativo per essere più agili, accelerare i programmi e le policy focalizzate su nuovi modelli lavorativi e garantire che le Risorse Umane abbiamo un ruolo attivo ai tavoli decisionali.
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