Semiconduttori: inizia la guerra politica
Simone Di Biase (BG SAXO): Taiwan ha approvato una legge che consentirà alle aziende locali di ottenere crediti d'imposta fino al 25% della loro spesa in R&D. È un tentativo di accrescere la competitività nel settore nei confronti di quelle americane ed europee
Il recente libro "Chip War: The Fight for the World's Most Critical Technology" di Chris Miller è un grande viaggio storico e una prospettiva sull'attuale guerra dei semiconduttori tra Cina e Stati Uniti.
Il libro è sicuramente una lettura raccomandata e affronta un tema sempre caldo.
L'anno scorso abbiamo sottolineato che lo "US CHIPS Act" è la più grande politica industriale dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri che apre la strada alla creazione di una catena di fornitura interna di semiconduttori con crediti d'imposta forniti alle società di chip straniere a patto di non fare affari con le aziende cinesi sui chip più avanzati.

Anche l'Europa sta costruendo le sue catene di fornitura di semiconduttori.
Si tratta di controllare gli strumenti chiave nelle attrezzature militari e tutte le altre applicazioni importanti in una società moderna, dai computer, agli smartphone, alle automobili e così via.
Al centro di questo conflitto si trova certamente Taiwan, che è un Paese chiave nella catena di fornitura globale di semiconduttori.
Come noto, la Cina mira apertamente a integrare Taiwan nella Repubblica popolare e questo rappresenta un rischio molto alto per Stati Uniti e l'Europa perché renderebbe Pechino un competitor strategico.
Da qui nasce l'esigenza di nuove leggi come il citato US CHIPS Act.
Taiwan avverte la pressione e ha appena approvato una nuova riforma che consentirà alle aziende locali di semiconduttori di ottenere crediti d'imposta fino al 25% delle loro spese in R&D (ricerca e sviluppo): il tentativo è favorire queste società per farle rimanere competitive e compensare le mosse fatte negli Stati Uniti ed in Europa.