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27/07/2022

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HR: oltre un italiano su due vorrebbe una settimana lavorativa di 4 giorni

Marisa Campagnoli (ADP): Una soluzione che qualcuno ha già adottato. Se le imprese riescono a farlo funzionare assicurando che le esigenze aziendali continuino a essere soddisfatte, potrebbe essere vantaggioso per tutti

La pandemia ha cambiato completamente lo scenario delle imprese. Ora i lavoratori desiderano maggiore flessibilità nella loro vita lavorativa: smartworking, il passaggio a una settimana lavorativa di quattro giorni, organizzazione personalizzata delle ore e del luogo di lavoro.
Sono solo alcune delle tendenze che emergono da "People at Work 2022: A Global Workforce View" l'annuale survey redatta dall'ADP Research Institute. L'indagine si è svolta su circa 33.000 lavoratori in 17 Paesi, di cui circa 2000 in Italia.
Il 56% degli intervistati sarebbe d'accordo di passare a una settimana lavorativa di 4 giorni, arrivando così a lavorare 10 ore al giorno pur di avere un giorno libero in più a settimana.
"Alcuni datori di lavoro stanno già introducendo la settimana lavorativa di quattro giorni, un cambiamento epocale. Se riescono a farlo funzionare assicurando che le esigenze aziendali continuino a essere soddisfatte, potrebbe essere vantaggioso per tutti", specifica Marisa Campagnoli, HR Director ADP Italia. "Non molto tempo fa, idee come adottare un orario flessibile diffuso o consentire ai dipendenti di condensare le proprie ore in quattro giorni avrebbero potuto essere derise.

Ora meritano una riflessione seria, soprattutto se la concessione di richieste di salari più elevati non è un'opzione praticabile".
Il 35% accetterebbe infatti una riduzione della retribuzione se ciò significasse migliorare il proprio equilibrio tra lavoro e vita privata, anche senza nessuna modifica delle ore lavorative.
"Il lavoro ibrido e quello a distanza sono ormai due modalità professionali consolidate, anche se non è ancora ben chiaro quanto siano destinate a durare. Quel che invece si è affermato definitivamente sono la fusione tra casa e luogo di lavoro e l'erosione del modello classico di orario d'ufficio dalle 9 alle 17. Questo ha implicazioni a lungo termine per l'organizzazione della vita dei dipendenti, per il tipo di lavoro che svolgono e il modo in cui lo svolgono, e di conseguenza per il mercato del lavoro", dichiara Campagnoli. "Tra sospensioni e re-imposizioni dei lockdown in un momento in cui la popolazione è ancora vulnerabile, emerge una questione controversa: è possibile chiedere o costringere i dipendenti a tornare in ufficio anche se non è necessario? Per molti potrebbe essere un punto cruciale, se non la proverbiale goccia che li spingerebbe a licenziarsi (il 45% degli intervistati)".


Da sottolineare come la metà dei dipendenti intervistati (54%) afferma di aver preso in considerazione di cambiare lavoro negli ultimi 12 mesi. Di questi, uno su quattro (21%) ha pensato di cambiare settore, il 14% di richiedere un anno sabbatico. Il 13% ha pensato di aprire un'azienda, di prendersi una pausa temporanea dal lavoro (12%) o di lavorare part-time (13%), mentre uno su dieci ha considerato l'ipotesi del pensionamento anticipato (11%). Sono più le donne che desiderano passare al part-time (15% contro l'11% degli uomini).
"In questo periodo di cambiamenti radicali, i datori di lavoro devono concentrarsi prima di tutto sulla gestione delle nuove dinamiche lavorative e sulla fidelizzazione della forza lavoro. Per farlo devono porre le domande giuste, capire meglio i dipendenti, compreso il modo in cui la mentalità prevalente è cambiata, per adeguare l'approccio da adottare di conseguenza. Probabilmente dovranno prendere decisioni coraggiose e superare i preconcetti, come molte aziende hanno già fatto, ma saranno decisioni fondamentali per il benessere dell'azienda e della sua produttività", conclude Campagnoli.




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