10 rivoluzioni dei social media dettate dalla Gen Z: cosa sta per cambiare
Kastenholz (Pulse Advertising): l'analisi sui comportamenti mostra un chiaro spostamento verso l'autenticità, l'educazione e un ruolo centrale dei content creator
Il futuro della fruizione dei social media da qui al 2026 è già delineato, secondo l'analisi condotta da Chris Kastenholz, CEO di Pulse Advertising, un network internazionale specializzato in social media consultancy e social commerce. I risultati principali evidenziano un profondo cambio di paradigma guidato dalle abitudini della Gen Z, che ha costretto piattaforme, aziende e creator a rivedere le proprie strategie di comunicazione.
L'attenzione è focalizzata sulla Gen Z, i nati tra il 1997 e il 2012, la prima generazione completamente nativa digitale. I dati raccolti da Pulse Advertising mostrano come questa popolazione trascorra il 50% del proprio tempo online, senza distinguere nettamente tra la vita digitale e quella reale. Kastenholz ha sintetizzato questa trasformazione in dieci punti chiave che ridefiniscono la relazione tra utenti, contenuti e piattaforme social. La tendenza più evidente è il successo dell'autenticità a discapito della storia aziendale e l'emergere dei creator come figure centrali.
1 - Heritage vs. Human: l'autenticità batte la tradizione
Il 71% della Gen Z ritiene che i marchi storici e tradizionali non comprendano le loro esigenze. Nonostante rappresentino il 40% dei consumatori globali, i colossi affermati sono in difficoltà, mentre i brand lanciati direttamente dai content creator guadagnano rapidamente terreno. Nel settore beauty, brand come Rhode (lanciato nel 2022) e Rare Beauty registrano una crescita a doppia cifra. Anche in Italia, la popolarità di VeraLab di Cristina Fogazzi e Clio Make-Up dimostra che l'autenticità è un fattore vincente rispetto al mero heritage di un marchio.
2 - Creator vs. Pubblicità tradizionale: il ritorno sull'investimento è netto
Sebbene i costi per le collaborazioni con i content creator siano aumentati di venti volte dal 2014, il ritorno sull'investimento (ROI) è cresciuto in modo esponenziale. Si registra un aumento del 53% nel click-through rate (CTR), ovvero la percentuale di utenti che clicca su un link rispetto al totale delle visualizzazioni. Parallelamente, il costo di acquisizione di un cliente risulta inferiore del 19% rispetto alle campagne pubblicitarie classiche. I creator non sono più semplici megafoni a pagamento; sono diventati co-creatori di valore, capaci di guadagnare la fiducia del pubblico.
3 - Host vs. Post: l'uscita dallo smartphone
Gli utenti si aspettano una vita professionale da parte dei creator che si svolga sia nel digitale che nel mondo reale, attraverso eventi come podcast dal vivo a teatro, attivazioni in flagship store (negozi di punta) o convention tematiche. L'influenza, quindi, non si limita più allo smartphone, ma deve tradursi in comunicazione autentica nella vita di tutti i giorni. Ne sono un esempio i casi italiani di Tintoria e Porecast, che hanno portato i loro podcast sul palcoscenico.
4 - Insegnami vs. Intrattenimi: l'affermazione dell'edu-tainment
La richiesta di contenuti è orientata verso l'utilità e lo sviluppo di nuove competenze, un fenomeno noto come edu-tainment. Stanchi dei formati troppo leggeri, gli utenti utilizzano i social media sempre più come veri e propri motori di ricerca, dove cercano, consultano e salvano attivamente informazioni educative. Il successo è garantito da chi riesce a trasferire valore, sia che si tratti di consigli pratici, sia di concetti accademici. Un modello virtuoso in Italia è rappresentato dai contenuti della Ginecologa Calcagni in tema di salute sessuale.
5 - Real vs. Perfect: i valori superano l'estetica
L'estetica patinata e le campagne robotizzate, generate dall'Intelligenza Artificiale (AI), non sono più sufficienti. I consumatori sono più propensi a spendere quando si identificano chiaramente nei valori etici e sociali promossi da un marchio. Le persone richiedono brand attivisti con principi chiari e costanti. L'eccessiva diffusione di contenuti generati da AI sta premiando i profili che mantengono un tocco artigianale. Le aziende devono quindi evidenziare la presenza della mano umana dietro i loro prodotti o servizi per rafforzare la fiducia e distinguersi. Brand come MAC Cosmetics (che ha donato 500 milioni di dollari per l'HIV/AIDS) o Adidas nell'era post-Yeezy dimostrano come l'obiettivo aziendale (purpose) non sia più un elemento opzionale, ma una necessità.
6 - Dark Social e Multitasking digitale
Una grande parte delle conversazioni resta invisibile alle metriche tradizionali. L'80% delle condivisioni effettuate dalla Gen Z avviene nel cosiddetto dark social, ovvero messaggi privati su WhatsApp o chat di gruppo su Discord. Questo impone ai marchi e ai creator di comprendere il linguaggio specifico di questi ambienti privati per dialogare con gli utenti. Inoltre, la Gen Z è ormai un multitasker digitale: consuma due o tre contenuti in contemporanea, guardando video senza audio o ascoltando podcast mentre interagisce su altri canali. La produzione deve quindi adattarsi, privilegiando contenuti che possono essere fruiti in sottofondo e formati ludici interattivi che trattengono l'utente attraverso meccaniche di gioco, garantendo tempi di visione più lunghi e un ricordo più forte del profilo.
7 - Contenuti per il consumo multitasking: la multi-screen era
La Gen Z fruisce di 2-3 contenuti contemporaneamente attraverso il multitasking digitale: video guardati senza audio, videopodcast YouTube ascoltati mentre si scorre Instagram, Netflix in sottofondo durante l'interazione sui social. Questa frammentazione dell'attenzione sta rivoluzionando la produzione: vincono contenuti fruibili in sottofondo e formati ludici interattivi che trasformano l'ascolto passivo in partecipazione attiva.
8 - Serialità e Viaggio tra i Canali
La fedeltà dell'utente si costruisce attraverso la serialità, ovvero la creazione di appuntamenti ricorrenti che entrano nella vita delle persone. L'epoca del contenuto virale one-shot è finita: funzionano meglio i podcast a puntate, le newsletter periodiche, o le serie che partono da piattaforme di streaming (Substack, Spotify) per irradiarsi sui social media o viceversa. Un caso italiano di successo è il BSMT di Gianluca Gazzoli e la newsletter Digital Journalism di Francesco Oggiano. Infine, i contenuti devono viaggiare con l'utente (Everywhere vs. Somewhere), adattandosi continuamente tra online e offline, contaminando la vita reale con il digitale e viceversa.
9 - Everywhere vs somewhere: l'utente viaggia tra i canali
L'utente viaggia tra diversi canali contemporaneamente, on e offline, contaminando la vita reale con contenuti digitali e viceversa. I contenuti devono seguire lo stesso percorso: viaggiare dentro e fuori lo smartphone senza soluzione di continuità, adattando linguaggio e formato al medium.
10 - Il Ruolo dell'AI
L'Intelligenza Artificiale (AI) è un acceleratore, ma non un sostituto. Piattaforme come TikTok Symphony e Meta Live Translations sfruttano l'AI per abbattere le barriere linguistiche, consentendo una produzione centralizzata con rilevanza regionale. L'AI facilita la diffusione, ma i content creator e i professionisti umani restano determinanti per interpretare il contesto culturale e garantire l'autenticità che il pubblico oggi ricerca.
