AI e compliance: il professionista da interprete a governatore di processi tecno-giuridici
Brunetti (CO.DE.): l'impatto dell'AI sulla compliance ridefinisce i ruoli, amplificando le capacità, riducendo drasticamente le ore di lavoro manuale
L'intelligenza artificiale rappresenta oggi il principale fattore di trasformazione del mondo della compliance.
La sua natura duplice - oggetto di una regolamentazione stringente e al tempo stesso potente strumento operativo - impone ai professionisti della conformità di ripensare il proprio ruolo in un contesto in cui norme, processi e tecnologie evolvono a una velocità senza precedenti. Non si tratta di un semplice aggiornamento tecnico: l'AI incide sulla struttura dei modelli organizzativi, ridefinendo attività, priorità e responsabilità.
L'impatto normativo è il primo fronte della rivoluzione in atto. Con il Regolamento (UE) 2024/1689 (AI Act), il legislatore europeo codifica un approccio basato sul rischio (risk based), imponendo obblighi e standard operativi modulati in base alle criticità dei sistemi di AI impiegati dagli operatori. I requisiti di diligenza vengono così elevati fino a includere l'obbligo di supervisione dei sistemi di AI lungo l'intero ciclo di vita dei processi. Un simile orientamento, del resto, viene confermato anche dalla normativa nazionale in materia, in particolare dalla Legge 132/2025, che amplia la logica risk based estendendola anche ai rischi-reato collegati all'AI, come l'illecita diffusione di deepfake. Ne emerge una compliance concepita come presidio multidimensionale che integra profili giuridici, competenze tecniche e monitoraggio continuo.
Parallelamente, l'AI diventa una leva strategica per governare uno scenario sempre più complesso. Le capacità di analisi e automazione dei sistemi più evoluti stanno, infatti, trasformando profondamente il modo in cui vengono svolte attività tradizionalmente impattanti. Operazioni come controllo dei processi, verifica di documenti, monitoraggio dei rischi, aggiornamento delle policy, che prima richiedevano giornate intere di lavoro manuale, vengono oggi svolte in pochi minuti. In tutto ciò, si badi, la tecnologia non elimina il ruolo del consulente, ma lo estende e lo riposiziona su un piano più strategico. La vera trasformazione, infatti, non consiste nel sostituire l'uomo con l'algoritmo, bensì nel creare un modello di collaborazione intelligente tra AI e professionalità umana.
Il passaggio è evidente in diversi casi applicativi. La verbalizzazione automatizzata di riunioni, come quelle dell'Organismo di Vigilanza 231, permette di produrre quasi istantaneamente documenti completi e coerenti con le best practice di governance, riducendo tempi e margini di errore. Il professionista non deve più dedicare ore alla stesura manuale dei report e può concentrarsi sull'analisi dei contenuti, sui follow-up e sulle misure correttive.
Anche il risk assessment, ad esempio nell'ambito dei Modelli 231, sta evolvendo. I modelli statici, aggiornati una volta l'anno e fotografici per definizione, lasciano spazio a sistemi dinamici e data-driven, capaci di recepire automaticamente eventi rilevanti, variazioni di contesto e alert da diverse fonti. L'AI individua correlazioni, trend anomali e segnali non immediatamente visibili, generando output quasi in tempo reale. Al consulente spetta il compito, ad alto valore aggiunto, di interpretarli, valutarne l'impatto e definire gli adeguamenti ai protocolli interni.
Un ulteriore ambito riguarda l'accessibilità ai sistemi di governance. Piattaforme basate su motori di ricerca avanzati, addestrati su policy e procedure aziendali, permettono di porre domande in linguaggio naturale ottenendo risposte operative già contestualizzate ai ruoli. La compliance non è più un mero "archivio" documentale, ma un sistema interattivo di orientamento e guida quotidiano. In questo scenario il consulente diventa garante della qualità dei dati, curatore della struttura e supervisore della coerenza interpretativa degli output forniti dal sistema.
Con l'affermarsi di un simile nuovo modello, il professionista della compliance assume una funzione diversa e più ampia rispetto al passato. Non è più solo un interprete delle norme, ma un "governatore" dei processi tecno-giuridici: definisce criteri, supervisiona la qualità dei dati, interpreta i risultati assumendosi la responsabilità delle decisioni finali. La tecnologia amplifica le sue capacità, ma non ne sostituisce il giudizio, la visione e la responsabilità.
La vera innovazione non risiede dunque nell'intelligenza artificiale in sé, ma nella capacità delle organizzazioni e dei professionisti di costruire un ecosistema in cui AI e competenze umane lavorino in sinergia. In un simile sistema l'AI porta velocità, precisione e scalabilità; il consulente (ap)porta competenza, senso critico e accountability. È nell'integrazione di tali caratteristiche che si definisce il nuovo standard di eccellenza secondo la logica per cui il futuro della professione non consiste nel competere con la tecnologia, ma nel governarla.
Adamo Brunetti, Co-Founder e CEO di CO.DE.
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