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19/11/2025

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La Blue Economy genera opportunità di sviluppo, innovazione e occupazione sostenibile

Zambito Marsala (Intesa Sanpaolo): il capitale naturale blu e la transizione sostenibile al centro di due analisi con SDA Bocconi

Intesa Sanpaolo e SDA Bocconi School of Management hanno presentato i risultati del Blue Economy Monitor, un osservatorio nato per esplorare le molteplici sfaccettature dell'economia del mare. L'iniziativa, promossa dal gruppo guidato da Carlo Messina, mira a diffondere una maggiore consapevolezza sulle opportunità offerte da un settore in forte espansione globale, nel quale l'Italia può ricoprire un ruolo da protagonista. La creazione di valore, innovazione e sviluppo sostenibile, insieme alla preparazione delle nuove generazioni, richiede una collaborazione sempre più forte tra istituzioni, università e aziende.

Le due analisi, intitolate Capitale naturale blu e Mobilità sostenibile, offrono una panoramica aggiornata delle opportunità economiche e ambientali legate alla gestione sostenibile degli ecosistemi marini. Contestualmente, delineano le sfide che il sistema produttivo italiano deve affrontare per una transizione verso modelli di sviluppo più resistenti e a basse emissioni di carbonio. Lo studio sul Capitale Naturale Blu esamina il ruolo delle strategie aziendali nel contenere l'impatto delle attività umane sugli oceani, evidenziando le opportunità derivanti dalla conservazione e dall'utilizzo responsabile delle risorse marine. La ricerca sulla Mobilità Sostenibile analizza gli scenari normativi e politici per anticipare le esigenze del settore e orientare gli investimenti, con un focus sull'evoluzione della mobilità sostenibile nel comparto marittimo-portuale e sulle specificità italiane.

Elisa Zambito Marsala, Responsabile Education Ecosystem and Global Value Programs di Intesa Sanpaolo, ha sottolineato come «Tra i trend emergenti, la blue economy e i fondali marini offrono straordinarie potenzialità di crescita per il nostro Paese. Sostenere la ricerca in questo ambito significa alimentare la competitività, la distintività italiana e costruire ecosistemi virtuosi, in cui istituzioni, imprese e università collaborano per preparare le nuove generazioni alle sfide globali e alle trasformazioni sempre più rapide e costanti». A tal proposito, Stefano Caselli, Dean di SDA Bocconi School of Management, ha precisato che «La blue economy amplia il concetto dell'economia del mare, integrando i principi di sostenibilità ambientale e sociale. Essa si concentra sull'uso responsabile delle risorse dell'oceano per promuovere la crescita economica, migliorare i mezzi di sussistenza e creare occupazione, garantendo al contempo la salute degli ecosistemi marini. Siamo grati a Intesa Sanpaolo che, con la sua collaborazione, ci consente di affrontare un tema così fondamentale per l'economia e l'ambiente».

Il Blue Economy Monitor è parte di un più ampio ecosistema dedicato alla Blue Economy e ai Fondali Marini, che include importanti partner nazionali e internazionali come l'Universitè PSL di Parigi, SRM Centro Studi e Ricerche, One Ocean Foundation e diverse aziende leader. In questo contesto, Intesa Sanpaolo rafforza il suo impegno nel sostenere scuole e università, promuovendo iniziative educative e progetti formativi volti a incrementare la conoscenza della Blue Economy e a sviluppare competenze multidisciplinari.
Il primo rapporto si concentra sul valore del Capitale Naturale Blu, definito come l'insieme delle risorse naturali marine e costiere che generano benefici ecologici, sociali ed economici. Questo rappresenta un patrimonio di importanza strategica per il pianeta e per l'Italia. A livello mondiale, il valore complessivo di queste risorse è stimato in oltre 24.000 miliardi di dollari, di cui 5.600 miliardi solo nel Mediterraneo. Questi ecosistemi producono un flusso economico annuale tra 1.500 e 2.600 miliardi di dollari, con una previsione di crescita fino a 3.000 miliardi entro il 2030. Per l'Italia, l'economia del mare ha generato nel 2022 un valore aggiunto lordo di 64,6 miliardi di euro, contribuendo al PIL complessivo per 178,3 miliardi e impiegando oltre 1 milione di addetti. Il Paese si posiziona tra i primi cinque Stati membri dell'UE per contributo all'economia marittima, eccellendo nel turismo costiero, nella cantieristica navale, nel trasporto marittimo e nella pesca e acquacoltura. Tra i settori emergenti, le maggiori opportunità si riscontrano nelle energie rinnovabili marine, in particolare l'eolico offshore, nelle biotecnologie blu, nelle soluzioni digitali per la gestione degli ecosistemi marini e nelle infrastrutture sostenibili. Le esperienze nelle Aree Marine Protette (AMP) dimostrano che la conservazione può generare benefici economici superiori ai costi, promuovendo il turismo sostenibile e nuova occupazione. Per sfruttare appieno queste opportunità, lo studio suggerisce un approccio integrato che combini una visione strategica a lungo termine, un quadro normativo stabile e strumenti finanziari innovativi come i blue bond, i fondi di investimento sostenibile e i meccanismi di pagamento per i servizi ecosistemici.


La seconda ricerca dell'Osservatorio esamina la transizione verso la sostenibilità nel settore del trasporto marittimo, cruciale per l'economia italiana e globale. Sebbene sia la modalità di trasporto più efficiente dal punto di vista energetico, è responsabile di circa il 2,9% delle emissioni globali di gas serra, con proiezioni di aumento fino al 130% entro il 2050 in assenza di misure correttive. In Italia, il trasporto marittimo è essenziale per la coesione economica e sociale: il 52,7% dei traffici merci e oltre il 90% dei passeggeri avviene su rotte domestiche, supportando anche le oltre 80 isole abitate. L'Italia detiene posizioni di leadership in Europa nei segmenti Ro-Ro e crociere, oltre a un ruolo significativo nel trasporto di container. Tuttavia, la transizione energetica richiede investimenti considerevoli e un coordinamento più efficace tra pubblico e privato. Le principali difficoltà identificate includono gli elevati costi infrastrutturali, la frammentazione decisionale, le procedure autorizzative complesse e la lentezza nel rinnovo della flotta, oltre a una scarsa accettazione sociale per alcuni investimenti di decarbonizzazione. Le attuali politiche nazionali, basate su GNL, bio-GNL e cold ironing (elettrificazione delle banchine per le navi ormeggiate), potranno ridurre le emissioni solo in misura limitata, meno del 5% entro il 2030, se non integrate con misure più incisive. Le raccomandazioni dello studio comprendono:
- il rafforzamento degli acquisti pubblici orientati alla sostenibilità ambientale (green public procurement) nelle gare di servizio pubblico.


- la creazione di rotte ecologiche (green corridors) sulle principali tratte nazionali, come Napoli-Palermo e Livorno-Olbia. - lo sviluppo coordinato delle infrastrutture portuali per carburanti alternativi. - il sostegno alla cattura del carbonio a bordo (carbon capture) e alle tecnologie di efficienza energetica. - un impiego mirato dei fondi derivanti dal Sistema di Scambio delle Emissioni (ETS) europeo, che potrebbero generare per l'Italia tra 333 e 419 milioni di euro a partire dal 2026.

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