Il paradosso della GenAI: adottata ovunque, spesso non porta risultati
Il 91% dei professionisti la usa almeno una volta a settimana, il 57,5% più volte al giorno. Ma l'uso è superficiale
La GenAI si sta affermando come una tecnologia onnipresente nel panorama professionale italiano, con il 91% dei professionisti che la utilizza almeno una volta a settimana e il 57,5% quotidianamente. Tuttavia, questa diffusione capillare si scontra con una sorprendente mancanza di risultati concreti. È il cosiddetto GenAI Paradox, evidenziato da uno studio del MIT che rivela come il 95% dei progetti pilota in ambito GenAI non generi valore tangibile, con solo il 5% che produce ritorni misurabili.
La radice di questo paradosso risiede nell'impiego superficiale della tecnologia. In Italia, la GenAI è prevalentemente usata per attività di base come la ricerca di informazioni (85,9%), la generazione di opzioni alternative (67%), il riassunto di testi (63%) e la scrittura di email (63%). Spesso è considerata un mero strumento individuale per aumentare la produttività, piuttosto che una leva strategica per la trasformazione organizzativa.

Una soluzione a questa inefficacia emerge dal Platform Thinking, un approccio che consente alle organizzazioni consolidate di mutuare dai modelli delle piattaforme digitali le strategie per l'innovazione. Questo modello si dimostra fondamentale per guidare le imprese verso un utilizzo della GenAI che generi un impatto reale e misurabile. Il Platform Thinking trascende la semplice progettazione di piattaforme, configurandosi come un modello mentale che promuove la collaborazione tra manager, lavoratori e AI, trasformando l'interazione da assistenza a innovazione condivisa.
Queste le principali scoperte della ricerca dell'Osservatorio Platform Thinking HUB del Politecnico di Milano, presentate durante il convegno "GenAI & Platform Thinking: come la GenAI sta trasformando il Platform Thinking tra internal platform, business trasformation e pensiero critico". Lo studio rientra tra gli oltre cinquanta filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation della POLIMI School of Management, dedicati ai temi chiave dell'innovazione digitale.
"La GenAI non fallisce perché inefficace, ma perché la stiamo usando nel modo sbagliato", ha dichiarato Daniel Trabucchi, Direttore dell'Osservatorio Platform Thinking HUB. Ha sottolineato come si stia affrontando una rivoluzione sistemica, capace di ridefinire processi e attività, ma spesso la GenAI viene ridotta a un semplice "correttore di bozze". "Trattata come semplice strumento individuale di produttività, questa tecnologia rischia di restare confinata a compiti marginali. Approcciata come leva strategica e di piattaforma, invece, può diventare il motore di una trasformazione radicale e rappresentare una vera e propria infrastruttura di collaborazione. La combinazione di Platform Thinking e GenAI può sbloccare l'innovazione a più livelli: non solo nei prodotti e nei modelli di business, ma in qualsiasi processo di creazione di valore all'interno dell'organizzazione".
Tommaso Buganza, anch'egli Direttore dell'Osservatorio Platform Thinking HUB, ha aggiunto: "Con il Platform Thinking le organizzazioni consolidate possono imparare dai modelli delle piattaforme digitali a fare innovazione e con la GenAI. Le nostre sperimentazioni rivelano che può essere usata con successo anche su problemi strategici complessi, soprattutto in team, dove l'efficacia aumenta, in particolare quando il tema è noto e il progetto reale. L'adozione può essere accelerata se i dipendenti sperimentano con knowledge base proprietarie e agenti custom, favorendo la creatività condivisa in ottica di open innovation interna all'organizzazione. In questo modo, la GenAI può diventare una vera e propria infrastruttura di collaborazione: un meccanismo di knowledge management, capace di valorizzare la conoscenza tacita e facilitare l'interazione tra funzioni".
L'indagine, condotta dall'Osservatorio Platform Thinking Hub su 419 professionisti italiani provenienti da 162 imprese, conferma l'elevata diffusione della GenAI. Il 57,5% degli intervistati la usa più volte al giorno, il 10% almeno una volta al giorno e il 20% più volte a settimana. Come menzionato, l'uso predominante è per la ricerca di informazioni (85,9%). Gli impieghi più complessi, come la riflessione su temi strategici (35%), la simulazione di diversi punti di vista (32%) o l'uso della GenAI come coach (18%), sono ancora poco diffusi.
Questi dati sono in linea con il modello proposto da Elisa Farri e Gabriele Rosani (autori della HBR Guide to Generative AI for managers), che hanno collaborato alla ricerca. Il loro modello distingue due approcci all'AI: il "Co-pilot", un assistente personale per compiti quotidiani che mira all'efficienza e al risparmio di tempo, e il "Co-Thinking", un approccio più avanzato dove l'AI collabora al processo di pensiero, esplorando alternative, sfidando ipotesi e generando intuizioni. Sebbene l'approccio "Co-pilot" sia nettamente prevalente in Italia, il "Co-Thinking" si dimostra il più promettente in termini di efficacia.
L'uso della GenAI in team è ancora limitato. Il 52% dei professionisti la utilizza esclusivamente in modo individuale, e il 43% solo occasionalmente in collaborazione. Nonostante ciò, il 69% degli intervistati riconosce che l'AI è più efficace quando impiegata in gruppo. A questa frammentazione si aggiunge una debole governance: il 43% delle imprese non dispone di piani strutturati o linee guida per la GenAI, il 35% ha diffuso solo policy d'uso e il 31% ha definito progetti pilota. Solamente il 18% delle aziende permette ai dipendenti di sperimentare direttamente, ad esempio creando agenti o chatbot. Questa situazione genera incertezza e confusione tra i professionisti riguardo a ciò che l'organizzazione consente o desidera in relazione alla GenAI.
Per quanto riguarda i modelli di GenAI più diffusi, a livello individuale ChatGPT domina con il 65% di utilizzo tra i professionisti. Seguono Microsoft Copilot (39%), Google Gemini (26%), Perplexity (19%) e Claude (13%). Tuttavia, nel contesto aziendale, Microsoft Copilot è il più adottato, presente in quasi sei aziende su dieci. Preoccupante è la tendenza di un quarto dei dipendenti a ricorrere a licenze personali non approvate dall'azienda, con il conseguente rischio di dispersione di dati sensibili al di fuori dei confini organizzativi.
La ricerca dell'Osservatorio ha identificato quattro profili distinti di utilizzatori della GenAI:
- Gli Early Explorer (65%): professionisti che sperimentano liberamente la tecnologia, senza pratiche di sviluppo strutturate;
- Gli Efficiency Seeker (15%): utilizzano la GenAI per automatizzare compiti ripetitivi, mirando principalmente a risparmiare tempo e aumentare la produttività;
- I GenAI Master (12%): integrano l'AI come partner strategico per la co-creazione di valore;
- Gli Effectiveness Seeker (8%): impiegano la GenAI per migliorare la qualità del lavoro, prendere decisioni più informate e generare un impatto significativo.