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09/07/2025

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Perché 9 startup su 10 falliscono: non è l'idea il problema

Zanetti (B-PlanNow): il fallimento dipende dall'assenza di metodo, competenze manageriali e un ecosistema di supporto adeguato

Circa 9 startup su 10 non superano i primi anni di attività a livello globale. Solo nel 2024, negli Stati Uniti, il numero di nuove imprese fallite è cresciuto del 25,6% rispetto all'anno precedente. Questa tendenza evidenzia una realtà chiara: la volontà di avviare un'attività è forte, ma manca un ecosistema efficace capace di supportare la crescita oltre la fase iniziale. Le idee innovative abbondano, ma spesso non si trasformano in realtà imprenditoriali sostenibili.
Secondo l'analisi di Nicola Zanetti, fondatore di B-PlanNow, il problema principale non risiede nell'innovazione, ma nella capacità di renderla un'impresa economicamente valida. 'Una startup non è una scommessa: è una macchina complessa da far funzionare, ogni giorno, con lucidità e pragmatismo', afferma Zanetti, protagonista dell'ecosistema europeo e autore del libro Startup Fundamentals. L'imprenditore moderno, spiega, deve saper gestire l'incertezza, agire come un 'manager della complessità', interpretare i mercati in evoluzione e formarsi costantemente su aspetti specifici del settore (verticale) e trasversali come strategia, esecuzione, marketing e finanza (orizzontale). La differenza tra successo e fallimento sta nella velocità e accuratezza delle decisioni. Questa preparazione non si improvvisa.

Negli ultimi quindici anni, lavorando con centinaia di team in Italia ed Europa dell'Est, Zanetti ha osservato che l'imprenditoria efficace si basa su processi decisionali guidati da dati, metriche e insight quantitativi e qualitativi, non su scelte 'di pancia'. 'Oggi, chi non sa leggere il contesto, analizzare il comportamento del cliente, comprendere i pattern di acquisto e monitorare in tempo reale le performance è semplicemente tagliato fuori', aggiunge Zanetti. Il motivo principale dietro il fallimento precoce delle startup, secondo la sua analisi, è proprio la carenza di competenze manageriali chiave: pianificazione strategica, gestione finanziaria, organizzazione del lavoro e visione operativa.
L'errore più comune tra chi si affaccia al mondo delle startup è credere che un'intuizione brillante sia sufficiente. 'Un'idea, per quanto affascinante, senza numeri resta un'opinione. E oggi, nel mercato attuale, le opinioni non bastano più', sottolinea Zanetti. Le cause più frequenti di insuccesso, secondo la sua esperienza, includono l'esaurimento dei fondi, l'assenza di un mercato effettivo per il prodotto o servizio, modelli di business fragili, problemi di prezzo e difficoltà interne al team. Tutti questi aspetti, precisa, dipendono più da una preparazione inadeguata alla guida d'impresa che da una carenza di idee innovative.


A questi limiti si aggiungono ostacoli strutturali nell'ecosistema. La scarsità di fondi nelle fasi iniziali (pre-seed) è critica, rendendo difficile per i founder validare l'idea e costruire il team senza risorse minime. Anche l'accesso a fondi europei risulta spesso complesso e costoso per le startup appena nate a causa dei requisiti e degli alti costi di preparazione delle domande. L'ecosistema italiano, in particolare, appare frammentato, con connessioni limitate tra startup, investitori ed enti. 'L'Italia è piena di energie imprenditoriali, ma manca una rete solida e continua che accompagni le startup nei primi mille giorni, quando la sopravvivenza si gioca su pochi margini', commenta Zanetti.
Dall'esperienza sul campo, Zanetti ha anche identificato cinque errori ricorrenti che accomunano molte startup che non riescono a crescere:

- Non validare il bisogno di mercato prima di costruire il prodotto;

- Non avere un business model chiaro e innovativo fin dall'inizio;

- Comunicare in modo vago, senza un posizionamento nitido;

- Cercare fondi troppo presto, senza numeri né strategia;

- Affrontare tutto da soli, senza mentor né visione esterna.

Questa mancanza di validazione è una causa maggiore di fallimento; un'indagine di Stripe indica che circa il 35% delle startup che non riescono scopre che non esiste una reale domanda di mercato per ciò che hanno sviluppato. 'Una buona idea non è automaticamente un buon business. Senza validazione, il rischio è costruire un castello nel deserto', avverte Zanetti. 'E la raccolta fondi non è un punto di partenza, è un punto d'arrivo', chiarisce.
Per affrontare queste sfide, Zanetti ha elaborato il metodo ScaleUp, un approccio operativo e strutturato in sei fasi principali: modello di business, Validazione, Posizionamento, Go-to-market, Modello economico e KPI, fundraising. Questo percorso non è standardizzato, ma viene adattato al contesto specifico, alle risorse disponibili e al mercato. 'Ogni progetto ha bisogno di strumenti concreti ad hoc per decidere meglio. E farlo subito', spiega Zanetti.


In un panorama in cui le risorse iniziali sono spesso scarse e la narrazione sulle startup è a volte più ottimistica che realistica, la priorità per l'Italia, secondo Zanetti, è trasformare le idee in aziende vere e resilienti. 'Fare impresa oggi è - o dovrebbe essere - una scienza applicata', sostiene Zanetti. 'Ogni mossa può (e deve) essere validata. Ogni strategia può essere testata. Ogni investimento può essere ottimizzato.' L'obiettivo, conclude, non è sopprimere la creatività, ma incanalarla dentro un processo strutturato e misurabile per creare scaleup profittevoli, capaci di durare nel tempo e generare valore per soci e investitori, piuttosto che semplici 'unicorni da vetrina'.

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