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18/06/2025

idee

Finanza e banche: il potenziale nascosto dell'identità multipla dei professionisti

Zezza (Lifeed): la complessità identitaria delle persone rappresenta un patrimonio inespresso che potrebbe arricchire l'ambiente lavorativo fino al 40%

Chi lavora nel settore finanziario, bancario e assicurativo non è solo un professionista. È anche partner, genitore, amico e sportivo. Un'indagine condotta su oltre 2.200 professionisti di 10 aziende italiane del settore rivela che ogni persona ricopre in media 5 ruoli diversi tra vita privata e professionale. Lo studio "People IN FBA" è stato realizzato dall'Osservatorio Vita-Lavoro di Lifeed, piattaforma digitale che aiuta le aziende a migliorare performance e coinvolgimento dei dipendenti valorizzando le competenze acquisite nella vita privata. La ricerca utilizza lo strumento MULTIME® Finder per mappare l'identità multipla dei lavoratori. Il dato più significativo emerge dal confronto con altri settori: nel mondo finanziario la componente lavorativa pesa 10% in più rispetto alla media, creando un maggior rischio di squilibrio tra vita privata e professionale.

Mentre negli altri comparti le persone riconoscono mediamente 5,5 ruoli diversi, in finanza ci si ferma a 5. L'identificazione con il ruolo professionale raggiunge livelli elevati: oltre l'80% sia per donne che per uomini, contro una media del 75-76% negli altri settori. Le differenze di genere emergono nelle sfumature: le donne si identificano maggiormente come colleghe (33%), gli uomini come manager (32%). "Il talento non si esaurisce nel ruolo professionale", sottolinea Riccarda Zezza, founder e Chief Scientific Officer di Lifeed"Riconoscere la complessità di identità e risorse che le persone possono portare sul posto di lavoro è fondamentale per costruire ambienti più inclusivi". Le donne mostrano una forte identificazione con ruoli personali: partner (50%), amica (50%), figlia (47%), madre (43%) e donna (23%). Esprimono più frequentemente tratti relazionali come affettuosità ed emotività. Gli uomini si riconoscono principalmente nei ruoli di partner (44%), amico (40%), figlio (33%), padre (32%) e sportivo (24%), definendosi più competitivi e riservati. Un aspetto interessante riguarda la costruzione dell'identità: le donne tendono a definirsi attraverso il genere, gli uomini attraverso attività sportive, ruoli sociali o passioni personali. Questa composizione identitaria influenza il modo di vivere il lavoro e le risorse che si è disposti a portare in azienda. Lo studio evidenzia un potenziale inespresso del 40% dato dai tratti personali che potrebbero arricchire il contesto lavorativo ma rimangono nascosti. La Generazione Z rompe gli stereotipi: si identifica nei ruoli professionali 17% in più rispetto alla media delle aziende analizzate e 8% in più dei Millennials. Questo dato contraddice l'idea comune che vede i giovani meno legati al lavoro e più attenti all'equilibrio vita-lavoro. "La GenZ si identifica nel proprio ruolo professionale molto più della media, superando anche i Millennials", osserva Zezza"È un chiaro segnale in contrasto con lo stereotipo che vuole i giovani poco legati al lavoro". La Generazione Z risulta anche la più estroversa: il 44% si definisce "spiritoso" contro il 13% dei Boomer. I Millennials emergono come premurosi e ironici; la Gen X appare più riflessiva; i Boomer si distinguono per essere i più assertivi (30%) e non convenzionali (29%). L'amicizia rappresenta un elemento trasversale a tutte le generazioni: 58% per la Gen Z, 51% per i Millennials, 36% per la Gen X. Questo ruolo funge da palestra per sviluppare competenze relazionali utili anche in ambito professionale. Il concetto di "transilienza", neologismo coniato da Riccarda Zezza e inserito nella Treccani nel 2023, indica la capacità di trasferire risorse personali come empatia, creatività o leadership nel contesto lavorativo. Il 68% dei partecipanti si dichiara pronto a farlo, mentre solo il 5% dice no, principalmente per limiti della cultura aziendale. "L'analisi conferma la necessità del cambio di prospettiva che Lifeed porta avanti da dieci anni", conclude Zezza"Riconoscere la ricchezza identitaria delle persone, valorizzare i ruoli nascosti e costruire ponti tra le diversità generazionali. Le competenze soft, se viste e integrate, possono fare la differenza oggi più che mai".


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