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16/04/2025

economia

L'impatto dei dazi di Trump: un'analisi economica

Bienvenu (La Financière de l'Échiquier): analisi dell'impatto economico dei dazi americani e delle possibili conseguenze

Nonostante la tempesta che ha investito i mercati azionari dopo l'annuncio, lo scorso 2 aprile, di nuovi dazi, il presidente americano dichiarava raggiante: "it's going very well". L'S&P ha perso quasi il 5% il 3 aprile, trascinato da cali significativi di aziende come Meta, Apple e Amazon, che hanno perso complessivamente circa 2000 miliardi di dollari di capitalizzazione in un solo giorno. Ma, assicurava Trump, giustizia era stata fatta: "l'America" non si lascerà più ingannare da Paesi che approfittano della sua generosità. Il commercio estero si riprenderà velocemente, poiché i prodotti importati dal Lesotho, ad esempio, saranno tassati al 50%, così come quelli di Saint Pierre e Miquelon o del Laos. L'elenco dei dazi differenziati menziona persino le isole Falkland (3500 abitanti, ma molti più pinguini!). L'approccio è chiaro: il Presidente salva gli Stati Uniti da una situazione di sottomissione di fronte a potenze straniere; in realtà, sta infliggendo ai consumatori americani un aumento massiccio dei prezzi dei beni importati e un probabile calo dei consumi, che potrebbe portare a una recessione. È probabile, inoltre, che vi saranno rappresaglie che colpiranno le esportazioni americane, causando una frenata sia per i consumi che per la produzione.


L'inadeguatezza del calcolo dei dazi

La realtà economica è distante dalle preoccupazioni presidenziali; la base stessa del ragionamento sui dazi è priva di valore. Il calcolo dei dazi cosiddetti "reciproci" poggia su una formula che nessun economista riconosciuto considera appropriata, in quanto riflette solo il rapporto tra il deficit commerciale degli Stati Uniti nei confronti di un Paese e gli scambi totali di beni con lo stesso Paese, e non una tassazione. Individua, implicitamente, in ogni deficit commerciale il sintomo di una tassazione insufficiente, mentre le cause del deficit possono essere molteplici e non necessariamente problematiche, ad esempio quando un prodotto può essere importato solo da un determinato Paese per la sua specificità o il suo posizionamento nella catena del valore.

L'ignoranza del settore dei servizi e la realtà storica delle guerre commerciali


Non solo la formula utilizzata da Washington non ha alcun valore economico, ma ignora persino quasi la metà dell'economia degli scambi, includendo solo gli scambi di beni e non di servizi. Se gli europei applicassero la formula di Trump agli scambi di servizi, dovrebbero tassare pesantemente i redditi generati, ad esempio, da Google, Visa o Disney. Infine, c'è la realtà storica delle guerre commerciali. Le guerre commerciali hanno un costo talmente elevato in termini di ritorsioni commerciali che finiscono generalmente per essere abbandonate. È stato il caso della guerra commerciale difesa dal presidente McKinley, a cui Trump fa riferimento. McKinley, presidente protezionista dal 1897 al 1901, dichiarò nel suo ultimo discorso prima di essere assassinato: "Le guerre commerciali non sono redditizie. Una politica di buona volontà e di relazioni commerciali amichevoli impedirà le rappresaglie." [1] Speriamo di non dover aspettare l'ultimo giorno di Trump perché giunga alla stessa conclusione del suo idolo.


Alexis Bienvenu, Fund Manager, La Financière de l'Échiquier


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