Le competenze che l'AI non potrà mai possedere - Libro "Il Dna delle competenze"
Matt Beane: la sua eredità e il dilemma dell'AI
Curiosamente, parlare dell'ultimo lavoro di Matt Beane, Il Dna delle competenze. Come salvare l'abilità umana nell'era delle macchine intelligenti, edito da Egea, al volgere della prima settimana in cui il Foglio ha sbalordito il mondo mandando in edicola il primo giornale scritto interamente attraverso l'AI, fa apprezzare maggiormente quali siano i dilemmi che l'avanzata tecnologica pone all'umano. Matt Beane, tecnologo di lungo corso, ci svela quali siano i pilastri su cui si fonda Il Dna delle competenze grazie al quale l'umanità ha prosperato fino a oggi, spiegandoci perché l'AI e alcune derive del digitale lo minaccino alla radice. E come sia possibile reagire.
L'apprendimento collaborativo: un modello in pericolo
C'è stato un tempo, ricorda l'Autore, in cui gli ingegneri progettisti più anziani facevano grande affidamento sui colleghi junior per le parti più semplici della progettazione di un microchip. Gli esperti aiutavano i novizi a preparare l'analisi preliminare e a esaminare il risultato, fornendo feedback lungo l'intero percorso; i giovani, dal canto loro, facevano domande per diventare più bravi. Attenzione, questo vale anche per altri settori. Basti pensare alla comunicazione, alla medicina, al diritto. Oggi - in molte aziende - questa realtà è sempre più un ricordo sbiadito. Infatti, e il Foglio lo ha messo in evidenza, con l'adozione di strumenti di progettazione abilitati dall'intelligenza artificiale, gli stessi ingegneri junior sono diventati semplicemente facoltativi. Ora sostituite i protagonisti della storia con due giornalisti, due avvocati, due chirurghi, portateli in una redazione, in uno studio legale, in una sala operatoria: ebbene, il risultato non cambierà. I prodigi dell'AI (e del digitale) ci regalano nuovi e mirabolanti poteri nel presente, ma rischiano di toglierceli nel futuro, andando a minare alla radice la capacità di sviluppare - e preservare - le nostre abilità. Da qui la domanda cui il libro in esame cerca di dare risposte (incoraggianti): come salvare l'abilità umana nell'era delle macchine intelligenti.

Sfide e componenti dell'apprendimento efficace
È quindi una sfida quotidiana quella che abbiamo innanzi: per apprendere efficacemente è necessario trovarsi di fronte a compiti che siano vicini ai propri limiti di capacità. Una sfida ottimale richiede concentrazione totale e permette piccoli fallimenti da cui riprendersi. Gli esperti dovrebbero guidare i principianti verso compiti leggermente al di sopra delle loro attuali capacità, fornendo un'impalcatura che sorregga l'apprendimento; la complessità sana riguarda la capacità di comprendere il contesto più ampio del proprio lavoro, andando oltre i compiti specifici. Significa acquisire una visione sistemica che permetta di cogliere le interconnessioni e le dinamiche sottostanti; l'apprendimento avviene meglio quando ci si confronta con situazioni realistiche e mutevoli, piuttosto che in ambienti artificialmente semplificati. La complessità stimola la curiosità, spinge a esplorare ambiti limitrofi al proprio lavoro e consente di sviluppare una comprensione più profonda e articolata; la connessione si basa sulla costruzione di legami di fiducia e rispetto tra esperti e principianti. Non si tratta solo di trasferire conoscenze, ma di stabilire un rapporto umano significativo che soddisfi bisogni di autonomia, competenza e relazionalità. Gli esperti devono essere disposti a correre rischi affidando compiti ai novizi, che cercano di guadagnare credibilità con impegno e spirito di iniziativa.
Le nuove tecnologie e la minaccia all'abilità umana
Le nuove tecnologie - rimarca l'Autore - stanno erodendo la nostra capacità di sviluppo personale e relazionale. La facilità di accesso alle informazioni e l'immediatezza dei dispositivi digitali stanno riducendo la nostra soglia di attenzione e la capacità di affrontare sfide complesse. Quel che è peggio, stiamo compromettendo il legame tra esperti e principianti che resiste da sempre. Oggi le tecnologie intelligenti vengono utilizzate per ampliare le capacità dei professionisti, finendo per escludere i novizi dall'apprendimento sul campo. Questo processo non elimina semplicemente posti di lavoro, ma dequalifica le competenze, impedendo ai giovani di acquisire quelle abilità che si apprendono solo attraverso un'esposizione diretta e una guida esperta. La posta in gioco? Oggi le competenze personali, domani il patrimonio di conoscenze di una professione. "In pratica, abbiamo avviato una guerra tra la produttività tecnologica e l'abilità umana, e l'abilità la sta perdendo", sentenzia l'Autore. "Per quanto portentoso e assolutamente indispensabile possa apparire per la nostra abilità un futuro chimerico, l'unico modo in cui può diventare realtà è attraverso il nostro lavoro, le nostre relazioni e le nostre scelte", scrive. "Nell'insistenza quotidiana sull'eccellenza che anima il legame collaborativo tra esperti e principianti. Nella sofferenza e negli sprechi che si creano quando indeboliamo questo legame per perseguire una produttività abilitata dalla tecnologia. Nell'ingegno e nella grinta dell'apprendimento ombra che crea abilità nonostante le barriere. Abilità che lasciano tracce salubri in ciascuna tappa successiva del viaggio, e a cui dobbiamo prestare la massima attenzione se vogliamo dare forma a un futuro migliore. Ma dovremo essere in molti a sposare la causa se non vogliamo che tutto ciò cada nel vuoto". (Matt Beane)
Federico Unnia
Aures Strategie e politiche di comunicazione
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