Come le PMI italiane stanno conquistando il mondo
Colli (Bocconi): le aziende familiari italiane crescono all'estero, ma non ricorrono alla borsa
L'Italia delle PMI è protagonista di un'evoluzione silenziosa ma significativa: un vero e proprio shopping internazionale che le sta trasformando in aziende sempre più "medie." Questo fenomeno, definito come il quarto capitalismo delle aziende familiari, è particolarmente evidente nel Nord Italia ed è stato confermato dai dati di un'analisi di Mediobanca.
Il balzo delle imprese medie
Nel 2019, l'Italia contava 50 imprese con un fatturato tra 1 e 4 miliardi di euro, un numero rimasto stabile per anni. Ma a fine 2022, in soli tre anni, si è saliti a 65, con la prospettiva di raggiungere quota 70-80. Questi numeri, pur non essendo enormi, hanno un peso considerevole in termini di fatturato e di spinta al PIL, segnando un cambio di passo per la spina dorsale dell'economia italiana. "La crisi dei distretti dovuta al processo di globalizzazione ha selezionato nel vasto universo delle imprese piccole e piccolissime alcune che per tradizione, o vitalità imprenditoriale, erano più propense ad avviare un processo di irrobustimento e di crescita", spiega Andrea Colli, docente di Storia Economica dell'Università Bocconi, che ha curato l'indagine. "Ciò ha avuto l'effetto di irrobustire considerevolmente la fascia dimensionale intermedia, caratterizzata da livelli di dinamismo non più rintracciabili né tra le piccole imprese distrettuali, né tra quelle maggiori, pubbliche e private." Questa spinta a "diventare grandi" abbraccia tutti i settori del Made in Italy, dalla manifattura all'agroalimentare.
La conquista dei mercati esteri
La crescita delle PMI italiane non si limita alla vendita all'estero, ma si estende alla produzione. Le aziende familiari stanno investendo i propri capitali per acquisire piccole aziende in altri Paesi. "E' questo l'elemento di novità", sottolinea Colli. "Parte del processo di internazionalizzazione è la realizzazione di impianti produttivi all'estero, o l'acquisizione. Tanto che una parte non irrilevante dell'attività multinazionale delle imprese italiane è composta proprio dagli investimenti diretti delle imprese medie." Sono quindi le PMI a guidare l'espansione dell'Italia all'estero.
Del resto, crescere è sempre stato l'imperativo per le PMI per sopravvivere, come ribadito anche dal Rapporto Draghi sulla crescita dell'Europa. Le PMI rappresentano la spina dorsale dell'economia europea: secondo la Commissione UE, nei 27 Stati membri si contano circa 23 milioni di PMI, oltre il 98% del totale delle aziende europee, che impiegano circa il 65% della forza lavoro del settore privato e contribuiscono a oltre metà del valore aggiunto generato nell'Unione Europea. E ora l'Italia si pone alla guida di questa crescita.
Il Ruolo dei Manager
Un fattore chiave di questa evoluzione è il cambio al vertice, con molte piccole imprese che hanno affiancato ai membri della famiglia nuovi manager, anche in vista del passaggio generazionale. L'internazionalizzazione viene spesso guidata da manager che "pur non essendo componenti della famiglia sono a quest'ultima legati da una lunga permanenza nell'azienda e dalla condivisione di valori e visioni tipici di quest'ultima", spiega Colli. Le aziende acquisite sono "realtà sempre di natura familiare ma di dimensioni minori, al fine di non compromettere processi di espansione sempre progressivi e prudenti", in una sorta di "alleanza di visione tra pari."
Una crescita a due velocità
L'evoluzione verso il quarto capitalismo sembra però limitata al Nord Italia, in particolare a Lombardia e Veneto. Queste regioni, con un forte legame con i distretti industriali, presentano una maggiore concentrazione di imprese internazionalizzate. Presenze significative, anche se meno marcate, si registrano in Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana e Marche, ma non si va molto oltre. "È evidente che pesa il rapporto con le aree distrettuali, da cui la maggioranza di queste imprese provengono. Imprese piccole ma instradate su percorsi di crescita; un più articolato accesso al mercato del credito; una maggiore consuetudine ai contatti col mercato internazionale e globale; senza trascurare, infine, nel caso della Lombardia, il rilievo di un capoluogo regionale, Milano, che costituisce un rilevante snodo di collegamento con l'estero", afferma Andrea Colli.
Il nodo dei finanziamenti
Per sostenere e replicare questo modello di crescita, è fondamentale affrontare il nodo dei finanziamenti. L'impresa familiare è restia a cedere il controllo e a ricorrere a fonti di finanziamento alternative al capitale familiare e al credito bancario. "L'abbandono delle soglie dimensionali minori comporta, ovviamente, l'attivazione di processi di crescita che richiedono un adeguamento delle fonti finanziarie di imprese sino a quel momento sostanzialmente basate sulle risorse familiari e sul credito bancario. Sebbene in questo campo, nel corso degli ultimi anni, si sia assistito a un intervento più articolato di investitori istituzionali, soprattutto di fondi di private equity, resta un fatto che il finanziamento delle medie imprese italiane continui a passare soprattutto per canali tradizionali e attivi assai poco quelli cosiddetti 'di mercato', come la quotazione borsistica", conclude Colli. Delle 65 imprese analizzate, solo 15 sono quotate in borsa, a testimonianza di un DNA che, pur evolvendo, resta profondamente legato alla famiglia.