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15/05/2024

marketing

Il futuro del retail, largo consumo e fashion: una questione di dati e digitalizzazione

Scornavacca (Minsait): le aziende non conoscono i propri clienti, ma il digitale può fare moltissimo

Le aziende italiane nei settori del retail, largo consumo e fashion riconoscono una verità scomoda: la loro conoscenza dei clienti è superficiale. Secondo un rapporto di Minsait, realizzato in collaborazione con gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, solo l'11% delle aziende ritiene di avere un'eccellente conoscenza dei propri clienti, mentre il 28% ammette che la propria comprensione è insufficiente. Questa mancanza di comprensione approfondita rappresenta una sfida significativa in un panorama competitivo in rapida evoluzione.
La raccolta e l'integrazione dei dati: una lotta

Le aziende affrontano difficoltà nella raccolta di dati completi sui clienti. Solo il 44% ritiene di avere un'elevata capacità di raccogliere dati anagrafici di base, una percentuale che scende al 17% e al 10% rispettivamente per i dati di interazione e comportamentali. La situazione diventa ancora più complicata quando si tratta di integrare questi dati: solo il 36% delle aziende dichiara di avere un'elevata capacità di integrare i dati anagrafici, mentre circa la metà delle aziende ha una capacità di integrazione nulla o limitata per i dati di interazione e comportamentali.



Sergio Scornavacca, direttore del mercato Industry & Consumer di Minsait in Italia, sottolinea l'urgenza di sviluppare una vera e propria "data strategy": "Le aziende italiane del retail, largo consumo e fashion sono in ritardo nella costruzione di una relazione digitale di qualità con i propri clienti. È necessario garantire la corretta raccolta, integrazione e gestione dei dati per offrire un servizio coerente, personalizzato ed eccellente".
Il ruolo cruciale del punto vendita fisico

I canali più presidiati in questi settori sono il negozio fisico, il sito web proprietario e i social network. Mentre i primi due sono prioritari per le vendite, i social media vengono utilizzati principalmente per la brand awareness e le promozioni. Nonostante l'ascesa del digitale, i consumatori attribuiscono ancora grande importanza al negozio fisico, soprattutto nel settore dell'abbigliamento, dove l'esperienza tattile e la prova dei prodotti sono fondamentali. L'e-commerce segue da vicino, con l'87% delle aziende che lo utilizzano come canale di vendita online.


Minsait sottolinea come la centralità del punto vendita fisico possa spiegare il basso livello di maturità del settore in termini di omnicanalità. Solo un terzo delle aziende è in grado di seguire il cliente attraverso i diversi touchpoint, creando un'esperienza integrata.
Un processo di vendita frammentato

La riorganizzazione interna per ottimizzare il processo di vendita è ancora un lavoro in corso: solo il 23% delle aziende ha introdotto un responsabile cross-funzionale con un team dedicato, mentre il 19% ha istituito una funzione aziendale dedicata. Questo lascia il 58% delle aziende ancora operanti in silos, il che può ostacolare una strategia di vendita unificata ed efficace.
Scornavacca spiega che questa situazione organizzativa frammentata potrebbe influenzare negativamente la capacità delle aziende di adottare una strategia di vendita omnicanale efficace: "La scarsa maturità riscontrata nell'ambito della data strategy e delle tecnologie a supporto è probabilmente influenzata da una situazione organizzativa che necessita di evoluzione".


Sicurezza e privacy: un ritardo preoccupante

Il rapporto rivela anche un ritardo significativo nelle misure di sicurezza e privacy adottate dalle aziende. Solo il 31% applica principi di privacy-by-design e/o privacy-by-default, una percentuale ben al di sotto della media del 54%. Preoccupantemente, quasi la metà delle aziende (49%) non sta nemmeno prendendo in considerazione l'introduzione di queste misure in futuro.
Inoltre, il 26% delle aziende non ha assegnato formalmente la responsabilità della protezione dei dati identificativi degli utenti. Nelle aziende che lo hanno fatto, la responsabilità è spesso suddivisa tra i dipartimenti IT (29%), Security (21%) e Legal/Compliance (13%).


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