Infine, il 29% ha adottato o adotterà benchmark climatici nel corso del prossimo anno.
Sempre stando al Climate Survey di quest'anno, la crisi energetica ha accresciuto l'importanza di sostenere le fonti rinnovabili per il 51% degli investitori, anche se solo il 30% ha accelerato la decarbonizzazione dei propri portafogli alla luce dei recenti sviluppi.
Per scongiurare una sottoperformance di breve termine, quasi la metà degli intervistati (47%) ha rivisto alcuni dei propri approcci ESG, inclusa la riluttanza a rinunciare ai buoni rendimenti offerti dal settore petrolifero e del gas.
In effetti, in Europa il 38% degli investitori accetta ancora di aumentare l'allocazione a società del settore petrolifero e del gas nel breve termine, percentuale che sale al 48% in Nord America e al 59% nella regione Asia Pacifico.
Nel passare a un'economia a basse emissioni di carbonio, agli investitori sta a cuore anche il concetto di "transizione giusta", per una corretta gestione delle implicazioni sociali del cambiamento energetico.
Per il 68% degli intervistati, nei prossimi due anni questo tema rappresenterà un fattore importante delle politiche d'investimento, anche se solo il 41% ha le competenze necessarie per sostenerlo.
Tra i risultati chiave dell'indagine sul clima di quest'anno emergono i forti timori per la biodiversità e il perseguimento della parità sul fronte del cambiamento climatico.
Oggi quasi la metà degli investitori (48%) sottolinea l'importanza e la centralità di questo tema nelle proprie scelte d'investimento, percentuale che si prevede raggiunga l'66% nei prossimi due anni.
L'azionario, i green bond e i mercati privati sono asset class leader nell'integrazione della biodiversità, anche se l'implementazione è fortemente ostacolata dalla mancanza di dati e di rating appropriati (53%) e da competenze interne insufficienti (41%).
Oggi solo il 25% degli investitori utilizza fondi specificamente mirati a raggiungere gli obiettivi di biodiversità, ma rispetto al 2022 l'aumento della domanda di fondi a impatto (60%) e di fondi tematici (57%) è consistente.
Un ultimo risultato degno di nota del Climate Survey 2023 è la maggiore pressione politica che gli investitori devono affrontare, pur con grosse differenze a livello geografico.
La diffusione del movimento anti-ESG negli Stati Uniti, ad esempio, preoccupa il 47% degli investitori nordamericani, soprattutto per le crescenti resistenze politiche e legali ai loro piani di investimento sostenibili, rispetto solo al 30% in Europa.
Per contro, gran parte degli investitori europei (63%) e della regione Asia Pacifico (57%), teme di subire pressioni politiche per non aver preso provvedimenti in materia di ESG e clima, rispetto a una minoranza in Nord America (40%).
Secondo Lucian Peppelenbos, Climate & Biodiversity Strategist di Robeco, "la sostenibilità e il clima sono gli argomenti più dibattuti tra i nostri clienti.
Il nostro Climate Survey mostra i progressi fatti dagli investitori nell'implementare il proprio impegno per l'azzeramento delle emissioni e nel favorire la biodiversità, nonostante le sfide dei mercati dell'energia e le pressioni politiche.
Mentre la mancanza di competenze e di dati continua a rappresentare un ostacolo, dobbiamo agire subito perché siamo noi investitori a poter allocare le risorse necessarie a fare la differenza.
In Robeco riteniamo sia nostro dovere condividere le conoscenze che abbiamo acquisito, nella speranza che la nostra ricerca stimoli ulteriormente il settore degli investimenti e contribuisca a contrastare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, favorendo la decarbonizzazione".
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