Blockchain: perchè è perfetta per le PMI italiane
Claudio Gibilisco (Credimi): consente dall'accesso al credito al tracciamento dei prodotti per impedirne la contraffazione, grazie a trasparenza, tracciabilità , sicurezza, immutabilità , tempestività e possibilità di evitare il ricorso a soggetti intermedi
La tecnologia al servizio delle imprese non è uno slogan vuoto, ma un vero acceleratore dello sviluppo e dell'innovazione.
In moltissimi ambiti: dalla protezione della produzione industriale alla semplificazione dell'accesso al credito.
Diverse imprese ne hanno preso atto consapevoli che le spese in tecnologia non siano un costo, ma un investimento altamente redditizio.

Basti pensare alla filiera del Made in Italy: secondo un report dell'OCSE la contraffazione dei prodotti marchiati dallo stivale costa al Sistema Paese 25 miliardi di euro l'anno, quanto una legge di bilancio, ma anche più semplicemente quanto il valore del 3,2% delle vendite totali dell'economia italiana.
Non è un mistero, infatti, che la nostra economia sia tra le più colpite nel mondo da violazioni dei diritti d'autore, davanti a noi ci sono solo Stati Uniti e Francia.
Le soluzioni blockchain possono consentire alle aziende italiane di affrontare le sfide rappresentate da contraffazione e pirateria.
Ecco perché il mondo delle imprese inizia a guardare con interesse crescente alle applicazioni basate su questa tecnologia, proprio in funzione della gestione della catena di approvvigionamento e della tutela della proprietà intellettuale: solo nel 2019, le aziende italiane hanno investito circa 30 milioni di euro in progetti di blockchain, raddoppiando le spese dell'anno prima.
Le filiere con più potenzialità per la blockchain sono quelle popolate da PMI
I dati dimostrano che settori dell'economia italiana più colpiti dai problemi della contraffazione sono proprio quelli maggiormente caratterizzati dalle piccole e medie imprese: sempre l'Ocse illustra che il mondo delle PMI nei settori dell'abbigliamento e delle calzature perdono circa 3,75 miliardi, mentre la filiera dell'agroalimentare rinuncia ad altri 3,2 miliardi.