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22/06/2022

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Enrico Rovere (Kroll): le PMI devono aprirsi al Private Equity per crescere

Il PNRR rappresenta un'occasione fondamentale poiché permette di tradurre idee in progetti per far crescere le aziende. Ma non tutte le imprese sono pronte o strutturate per farlo

Il nostro tessuto industriale è composto da PMI e molte stanno affrontando momenti complicati. Specialmente quelle alle prese col passaggio generazionale, oppure con le difficoltà di strutturare una crescita dimensionale che le porti ad esser protagoniste nel panorama internazionale. Aprirsi ai fondi di Private Equity può rappresentare una soluzione efficace per risolvere molti problemi. Ne abbiamo parlato con Enrico Rovere, Managing Director, Head of Business & Intangible Valuation di Kroll in Italia.



Recentemente si è letto sui media che solo una piccola parte dei figli di imprenditori sarebbe disposta a prenderne il testimone. Sta venendo meno la vocazione imprenditoriale o è un problema di passaggio generazionale?


La Scorsa settimana ho visto anch'io questo articolo in cui c'è una percentuale inferiore al 10% di giovani appartenenti a famiglie imprenditoriali che sarebbero disposti a prendere il testimone. A mio parere occorre che i giovani vengano in qualche modo incentivati, istruiti a fare l'imprenditore.

Occorre tener conto che non necessariamente un figlio di un buon imprenditore lo sarà a sua volta. La percentuale di aziende che superano la seconda generazione è circa del 50% e abbiamo ancora un 30% di leader imprenditoriali di aziende familiari - secondo un'analisi pubblicata da AIDAF (Associazione Italiana delle Aziende Famigliari) - che ha più di 70 anni. C'è quindi ancora una classe imprenditoriale abbastanza "esperta". Bisogna quindi avere il coraggio di educare i giovani in famiglia e incentivarli a prendere in mano le redini dell'azienda. Questo non è automatico ed è importante il loro coinvolgimento nei processi di gestione aziendale. Occorre poi tener presente che normalmente vi sono poi molti esponenti della famiglia, quindi non è semplice identificarne uno che diventi leader. In sintesi, occorre quindi identificare il soggetto, educarlo e magari affiancarlo a manager esterni, o comunque qualcuno che possa fare da coach, il tutto per farlo crescere e prendere in mano l'azienda. Io ricordo sempre una frase che mi ha detto Aldo Zegna: "l'azienda non deve esser regalata ma comperata dalla generazione successiva".

E lui e il fratello l'hanno fatto, non in senso letterale, ma attraverso l'aver fatto proprio il concetto di esser parte dell'azienda, sentirsi investiti della responsabilità della continuità di un brand importante. L'esempio di Zegna è molto importante poiché si è quotata quest'anno a New York: da azienda familiare che attraverso passaggi generazionali è cresciuta fino alla quotazione, con i successori che hanno saldamente l'azienda in mano. Passaggi non semplici per tutti.ù



C'è tanta liquidità e in più c'è il PNRR. E' il momento giusto per programmare una crescita dimensionale? Come potrebbe evolversi il tessuto imprenditoriale italiano?


Il contesto del nostro Paese è fatto di imprese di piccole e medie dimensioni. Realtà ancora molto piccole per competere a livello internazionale. Questo porta a vantaggi poiché l'esser piccoli porta ad esser agili, a trovare una risposta efficace nel risolvere problemi ecc. D'altra parte però comporta una sottocapitalizzazione, che significa fatica nell'investire, difficoltà ad attrarre talenti e di creare sistemi premianti veri, non solamente in una logica famigliare.

Questo è un fattore che abbiamo e fa parte della nostra struttura imprenditoriale.
Sicuramente il PNRR mette a disposizione dei fondi importanti, poiché permette di tradurre idee in progetti per far crescere l'azienda. Ma non tutte le imprese sono pronte. Sembrerebbe che solo una su tre possa arrivare alla concretezza. Questo deriva anche dalla "sottomanagerializzazione" nel largo contesto italiano.
Ovviamente abbiamo anche aziende bravissime, campioni del Made in Italy, ma se guardiamo al contesto generale questa organizzazione purtroppo non c'è. L'opportunità è quindi importante poiché è possibile investire con capitale pubblico o privato, allocando risorse in capitale umano, facendo crescere anche le competenze delle persone.
Il PNRR è quindi importante per le aziende poiché significa una crescita in termini di Pil nel breve periodo, ma soprattutto un effetto nel lungo periodo di 10 punti in 10 anni, rispetto a quella senza il PNRR.
Anche la liquidità presente sul mercato è un fattore importante. Ci sono tantissimi fondi e Family Officer disponibili, bisogna trovare le giuste opportunità.


Questo permetterebbe in qualche modo di capitalizzare l'impresa e permettere una crescita ulteriore.

Perchè in Italia le imprese fanno fatica crescere di dimensioni?


La questione si lega sempre al nostro vissuto. Molte imprese sono nate da idee di imprenditori. La vocazione imprenditoriale c'è sempre stata: torniamo al periodo del rinascimento o anche prima, quando le botteghe artigiane si sono evolute. Siamo stati tra i migliori mercanti al mondo, poi siamo diventati banchieri. L'attitudine è sempre stata molto elevata. Bisogna capire se quella vocazione è un qualcosa dell'individuo oppure se può essere estesa ad atre componenti.
L'italiano è sempre stato un po' un individualista e il fatto di unirsi con qualcuno non è sempre così facile. Questo è secondo me un altro punto che deve essere affrontato in Italia: trovare il giusto partner per affrontare il viaggio e crescere insieme.
Questo significa fiducia l'uno nell'altro. Bisogna superare l'attuale mentalità per poter osare: forse è meglio avere il 20% di un qualcosa che diventa pari a mille, rispetto al 100% di un qualcosa che rimarrà pari a 50.


Ovviamente si aprono poi tutti i temi di governance, e di gestione dei rapporti familiari, visto che caratterizzano la gran parte delle nostre aziende.
Un altro fattore importante è la capitalizzazione. Un individuo o una famiglia ha solo determinati mezzi; ma se mi unisco ad altri posso migliorare, avere i mezzi per la crescita, per investire, per esplorare nuovi mercati, per attrarre nuovi talenti ecc.

Se guardiamo all'estero queste situazioni sono state affrontate diversamente.


Diciamo che vi sono state politiche industriali diverse. Per esempio, in Francia c'è sempre stato il concetto del grande interventismo da parte dello stato, con tante aziende create dalla struttura nazionale e quindi molto più grandi. Il Paese più paragonabile all'Italia è la Germania, con grandi e piccole imprese. Strutturalmente è più similare a noi. La sua forza è stata quella di mantenere al suo interno la proprietà intellettuale. Gli imprenditori sono stati bravi, come abbiamo fatto anche noi, a delocalizzare, ma di fatto la "testa" l'han sempre tenuta in Germania.


Questo secondo me permette anche una crescita, perché di fatto cresci anche dimensionalmente, però il controllo l'hai sempre tu, e sei in grado di scegliere e non sei soggetto alle dinamiche dei Paesi in cui ha investito. Per esempio, la Cina per un imprenditore straniero ha sempre dei rischi derivanti da quello che potrà accadere in quel Paese, quali sono le normative, il fatto di poter avere un certo tipo di interesse e non altro, di avere il socio locale (e quindi essere alla sua mercè) ecc.
A parer mio all'etero la grande forza è stata quella di affidarsi a condividere la propria iniziativa con altri partner.ù



Qual è grado di interesse dei fondi di Private Equity verso le nostre PMI?


Estremamente elevato, soprattutto per quelle imprese che hanno un prodotto che possa esser posto sui mercati internazionali. In questo momento mi sembra che la tendenza sia proprio quello del "buy and build", creare una piattaforma e da lì crescere. Questo dovrebbe permettere di far crescere la dimensione delle imprese. In modo forse più asettico un Private Equitor può farlo rispetto ad un imprenditore di famiglia.



Occorre vedere il doppio passaggio: l'impresa famigliare che accetta in primis il Private Equitor e a quel punto si opera insieme. Qui si aprono molte strade, vi sono momenti in cui la famiglia è ancora all'interno, altri in cui l'imprenditore lascia del tutto. Ma comunque da quel momento il fondo managerializzando l'azienda e portando anche capitali, inizia un percorso di crescita. Questo permette di raggiungere dimensioni maggiori e di entrare una ulteriore logica e quindi di avere un ulteriore giro di Private Equity. Ovviamente bisogna preparare le imprese per esser più attraenti ai PE più grandi, finchè poi possano arrivare ad aziende strategiche, oppure esser loro stesse aziende di grandi dimensioni che possono operare sul mercato internazionale.
Quindi, secondo me, il Private Equity è decisamente interessato e altrettanto decisamente interessante, soprattutto per quelle imprese che hanno la tematica del passaggio generazionale e per quelle che da sole non hanno la forza di crescere. Questo magari perché sono sottocapitalizzate, hanno un debito alto e tanta leva, e quindi fanno fatica a portare avanti ulteriori investimenti.


Il Private Equitor sostituisce parte del debito con equity e permette all'impresa di fare il salto di qualità e quantità, attraverso sistemi di gestione inversi, manageralizzazione, attrazione delle competenze, sistemi di incentivazione premiante all'interno dell'impresa ecc.

Quale impatto ha avuto la pandemia sul settore M&A?


Nel 2020 c'è stato un attimo di sbandamento poiché non si capiva cosa stesse accadendo. Molte operazioni sono state poste in "hold". Il 2021 è stato un anno record per quanto riguarda le operazioni, con i multipli che sono saliti.
La domanda che ci dobbiamo fare però è se il 2021 sia stato un anno particolare, con un rimbalzo importante data la situazione precedente, grazie anche alla liquidità presente. In questo momento non è facile prezzare le operazioni, perché c'è tanta incertezza, siamo ancora in presenza di una pandemia e c'è l'effetto della guerra.
Sicuramente siamo in presenza di fattori che rendono difficile pianificare e capire i rischi che effettivamente ci sono sul mercato.
Quello che sta avvenendo è che l'M&A dovrebbe vedere sempre più operazioni che possono intervenire su un consolidamento, quindi sulle dimensioni delle imprese, creare economia reale, efficientamento.


Tipologie di operazioni che permettano crescita da una parte ma anche una differenziazione sui mercati e sui prodotti. Un altro effetto che va considerato è anche il costo del funding. La scorsa settimana la BCE, dopo la FED e la BOE, ha annunciato un incremento dei tassi di interesse. E' quindi finita un'epoca di denaro a basso costo che forse ci aveva abituato un po' bene, ma sicuramente tutti pensavano ad una normalizzazione, poiché era una situazione che non poteva durare.
Un altro effetto che potrà avere sul mercato del PE nell'M&A è andare incontro a periodi di tenuta dell'investimento che va al di là dei classici 3-5 anni, ma che pian piano si possa allungare, proprio fare in modo che tutte quelle operazioni di efficientamento operativo e di crescita possano avvenire nei temi giusti. Magari i fattori di incertezza possono in qualche modo posticipare l'implementazione.
E poi non va dimenticato che sul mercato vi sono altri operatori, come i Club Deal, Family Officers, Search Funds, che porta a vedere un M&A di minoranza.
Un altro punto importante è che saremo in presenza di Distressed M&A.


Secondo me vedremo tante operazioni di ristrutturazione, a partire dalla seconda parte del 2022 fino al 2023. Si tratterà di intervenire su imprese che al momento sono in crisi e quindi cercare di sanarle.


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