La situazione appare in corso di stabilizzazione, ma non ancora in miglioramento La difficoltà delle filiere produttive, unita alle tensioni sull'energia, pesano di più in Europa e negli USA
La pandemia ha avuto ripercussioni importanti sul sistema produttivo mondiale e sulla domanda aggregata.
Anche se non si è verificata la temuta distruzione di capacità produttiva, nel 2021 sono emersi ugualmente forti segnali di stress nelle supply chain internazionali, che hanno costituito un ostacolo crescente alla ripresa postpandemia.
Il problema ha una dimensione nazionale e una internazionale, legata prevalentemente a "strozzature" nel sistema dei trasporti.

Ne abbiamo parlato con Luca Mezzomo, capo ricerca Macroeconomia della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.
A che punto siamo con il problema della supply chain globale?
Tutti gli indicatori segnalano ancora un elevato livello di stress.
Le indagini presso le imprese continuano a mostrare problemi con i tempi e l'affidabilità delle consegne, i costi dei trasporti marittimi restano eccezionalmente elevati e persistono tensioni su alcune materie prime e anche sulla disponibilità di componenti microelettroniche.
La situazione appare in corso di stabilizzazione, ma non ancora in miglioramento.
C'è qualche segnale positivo, come l'aumento delle scorte di beni intermedi, ma si tratta di indizi ancora molto preliminari.
Indubbiamente, le difficoltà non riguardano tutti i settori nello stesso modo, e sono più marcati in Europa e Stati Uniti che in Asia.
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