Reddito fisso al bivio tra nuovi stimoli e inflazione
James Athey (Aberdeen Standard Inv.): in un mondo sovraindebitato, i crescenti costi di finanziamento potrebbero indurre gli investitori azionari a una seria riflessione
I mercati finanziari sono diventati sempre più simili a un gioco d'azzardo in cui il casinò mette a disposizione un margine di copertura.
Solo che sui mercati non è la casa da gioco a offrirlo, bensì le banche centrali.
Ormai da decenni, gli istituti centrali di tutto il mondo, in particolare la Federal Reserve USA, in occasione di shock imprevisti o recessioni economiche, intervengono con misure di incentivazione monetaria che supportano gli asset rischiosi.
Pur risultando giustificate al momento, col tempo tali misure inducono gli investitori e gli operatori a pensare che i mercati godano di ottima salute.

Questa idea ha l'effetto di mutare il comportamento degli investitori, aumentandone la propensione al rischio e spingendoli sempre più a ignorare scomode realtà.
I mercati sembrano solidi all'apparenza, ma periodicamente dimostrano la loro debolezza e fragilità.
E le banche centrali intervengono continuamente, incoraggiando tuttavia quegli stessi comportamenti che l'hanno determinata.
Il 2020 rappresenta un caso esemplare in tal senso.
Dopo quello che è stato il più grave shock economico negativo a livello globale dalla seconda guerra mondiale a oggi, le azioni si attestano in prossimità o addirittura al di sopra i propri massimi storici e le prospettive rialziste tra gli investitori si collocano all'estremità superiore della forbice dell'ultimo decennio.
Indice di incongruenza? L'idea che va per la maggiore è che il 2021 sarà un anno migliore per la crescita, ma se così non fosse, ci penseranno le banche centrali a introdurre nuove misure di incentivazione mediante iniezioni di liquidità e acquisti di asset.