C'è la conferma e forte accentuazione dei trend già in atto: lavoro agile, organizzazione liquida, smartworking. E le aziende corrono verso la digital transformation
Mai come nel 2020 le politiche di HR sono state fondamentali per affrontare la pandemia. E come ogni anno, Top Employers Institute ha presentato l'elenco delle aziende certificate Top Employers 2021: poco meno di 1.700 (per l'esattezza 1.691) in 120 Paesi del mondo, tra cui 112 in Italia e tra di loro, 42 hanno ottenuto anche la certificazione Top Employers Europe, riconosciuta alle aziende certificate in almeno altri 4 Paesi oltre l'Italia. Abbiamo intervistato Massimo Begelle, Regional Manager di Top Employers Institute, l'ente certificatore globale delle eccellenze HR.
Il 2020 è stato un anno difficile per le aziende, soprattutto per le divisioni HR. Quali sono stati i maggiori ostacoli affrontati, a livello globale e italiano?
Inutile negare che il 2020 è stato un anno difficile in cui le aziende si sono trovate ad affrontare sfide su più piani: produttivi, organizzativi, relazionali.

La prima è stata attrezzarsi per gestire l'emergenza. A fronte di una struttura lavorativa completamente cambiata, con le persone che lavoravano da casa, gli uffici deserti, call e riunioni virtuali, il grande sforzo degli HR è stato, in primis, quello di motivare e mantenere collegate tra di loro le persone, cercando di ricreare il "clima dell'ufficio" e far sì che si potesse continuare senza troppi traumi.
Subito dopo, "messa in sicurezza" l'operatività, si è dovuto pensare a come gestirla, con nuovi modelli organizzativi e nuovi spunti per l'engagement. Terzo step, si sono dovuti rivedere modelli e stili di leadership in una realtà dove il manager non può più incontrare e motivare i suoi collaboratori, in presenza o in ufficio, ma deve essere capace di tenerli uniti e ingaggiarli "a distanza".
Quali sono state le politiche e strategie che si sono dimostrate vincenti?
Direi quelle fluide, mobili, elastiche. Atteggiamenti e strategie che hanno saputo abbandonare schemi e sicurezze sedimentate e hanno affrontato il cambiamento, pur sapendo che era un percorso in parte sconosciuto e tutto da inventare. Di fronte alla grande incertezza, le aziende hanno reagito e si sono mosse in autonomia.

Hanno investito sulla digitalizzazione, si sono attrezzate per organizzare lo smartworking, hanno modificato gli investimenti in formazione e sviluppo, dirottandoli verso programmi di coaching e percorsi motivazionali, hanno rapidamente rivisto e adeguato lo stile di leadership, hanno inventato modalità per mantenere in contatto i dipendenti, senza "abbandonarli" da soli davanti al computer in casa, ma cercando di ricreare spazi di socialità e momenti condivisi.
Inoltre, abbiamo riscontrato anche un'importantissima e generosa apertura verso il territorio, una valorizzazione di spirito di appartenenza che esce dai perimetri dell'azienda e coinvolge non solo le famiglie e i conviventi, ma anche il tessuto sociale.
Penso a Ferrari, che ha messo a disposizione padiglioni medici e possibilità di eseguire tamponi ed esami a tutta la comunità che gravita attorno a Maranello, Fiorano, Formigine.
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