Il fallimento del Bluetooth e le app di exposure notification - Punto e a capo
Anche se si cambia il nome all'app (contact tracing), la tecnologia ha fallito miseramente
In una fase storica per cui la tecnologia sta diventando centrale nella vita delle persone, le app nate per contrastare il sorgere di focolai di coronavirus affondano.
Il problema non è una questione di privacy, che per altro in parte c'è, ma proprio di tecnologia adottata.
Non solo Immuni non decolla nonostante una campagna di sensibilizzazione importante, ma accade anche in tante nazioni dove si è tentato di sfruttare un sistema simile, come nel Regno Unito.

Google ed Apple si sono impegnate per trovare una soluzione che sfruttasse il bluetooth e la soluzione sembrava funzionare, almeno sulla carta.
Il problema è che il nome della funzione, "contact tracing," porta con se quella radice fastidiosa di tracciamento che non piace a nessuno ed è stato repentinamente sostituito da "exposure notification".
Le app e le tecnologie di Google ed Apple non hanno fallito la missione solo per una questione di privacy, nemmeno per una questione di numero di persone che la installano e in fondo nemmeno per la geolocalizzazione.
Pensiamoci. Chi di noi, venuto a contatto con una persona, un amico, un parente, un collega o un conoscente che si è scoperto malato da coronavirus non pretende di venire contattato immediatamente? Non è una questione di privacy, ma di salute personale e dei propri cari, quindi almeno per spirito di conservazione non si può rispondere no.