I pessimi dati economici cinesi anticipano quelli italiani?
Da Pechino segnalano a febbraio -13,5% della produzione industriale e -20,5% del commercio al dettaglio. I nostri come potranno esser migliori?
I dati che escono dalle varie istituzioni sui numeri fondamentali per l'economia sono paragonabili allo specchio retrovisore.
Ad oggi, quelli pubblicati riguardano al massimo il periodo di gennaio e solo per l'inflazione c'è il dato di febbraio.
I problemi arriveranno dai prossimi e in Europa l'Italia sarà il primo Paese a vederli.
Non va dimenticato che il primo paziente si è scoperto il 21 febbraio, anche se alcuni comparti, turismo in testa, avevano già evidenziato forti cali, specialmente di arrivi dalla Cina.
E proprio alla Cina dobbiamo guardare per capire cosa ci potrebbe aspettare, anche perché in quel Paese il virus ha colpito almeno un mese prima che arrivasse qui.

I dati indicano che a gennaio e febbraio la produzione industriale ha visto un calo, rispettivamente, dell'13,5% e 13,5%.
Anche le vendite al dettaglio hanno fatto registrare un dato gemello: -20,5%.
Dati terrificanti.
Lasciamo perdere per un attimo il dettaglio che si siano riscontrati in entrambi a casi dati analoghi (improbabile), ma concentriamoci su un altro aspetto.
In Cina l'epidemia di COVID-19 ha di fatto riguardato una sola regione (Hubei), per quanto importante.
E lì è stata imposta una ferrea quarantena che ancora non è finita.
Anche se sono stati chiusi gli esercizi delle vendite al dettaglio in oltre metà del Paese, nelle altre regioni lo stop nelle aziende è stato molto più limitato nel tempo.
E la ripresa oggi è molto lenta.
L'impatto sul Pil del 2020 sarà molto forte, considerando che il virus negli USA e in Europa (Italia esclusa) sta esplodendo adesso.

Che impatto potremo vedere nei dati italiani di marzo e aprile?
Consideriamo alcuni fattori.
Il virus ha di fatto bloccato l'intero comparto del turismo mondiale, che per il nostro Paese vale il 20% del Pil.
Il che significa che il settore è a dir poco in emergenza, visto che la stagione estiva è alle porte e dubitiamo che possa non risentire della situazione.
E se crollano le prenotazioni, aumentano di pari passo le disdette, i licenziamenti, e anche le chiusure di strutture di ricettività e servizi.