Durante il processo della formazione dei prezzi c'è quello che io chiamo il momento "Dr.
Jackill e Mr.
Hide": cambiamo e pensiamo a noi stessi, a quali sono i nostri bisogni, a quali sono i nostri costi, a quali rischi possiamo permetterci.
Da lì si stabiliscono i prezzi.
Questo è un errore.
Quando non si allinea la parte della creazione e della cattura del valore, si perdono due tipi di opportunità : il mercato è più piccolo di quello che potrebbe essere, e la fetta di mercato che si prende è sempre minore.
La determinazione del prezzo come strategia vale solo per le grandi aziende o può esser significativo anche per le PMI?
E' significativo per tutti.
Anzi, a volte potrei dire che conta di più per le aziende piccole, che hanno bisogno di tutte le risorse possibili.
E anche per gli imprenditori.
Spesso ti trovi di fronte ad un imprenditore che ha avuto un'idea brillante di come risolvere un problema della gente, che lo sviluppa.
E come lui tanti altri dicono "più avanti penserò a far soldi".
Quando arriva però quel momento non hanno revenue sufficienti per continuare.
Quindi il prezzo è importante per tutti, grandi e piccole aziende.
Ma a volte soprattutto per quelle più piccole.
L'idea di proporre solo prodotti premium non sempre paga.
Dipende dal valore che gli si dà .
Se il tuo prodotto non è premium non puoi farlo diventare tale.
La questione è sempre capire ciò che vuole il cliente e poi come convertirlo e quantificarlo in un prezzo.
Non è facile.
No.
E' un po' un mix tra la parte quantitativa analitica, che ormai è entrata nei prezzi in una forma importante, e la parte più qualitativa, come unire il tutto alla gestione della marca.
La persona che gestisce i prezzi nelle aziende ha ormai due profili: la parte quantitativa e la parte più da general management.
In questo la tecnologia quanto conta?
Moltissimo. La tecnologia ormai ha una parte importantissima nella gestione dei prezzi, cioè assicura la trasparenza nello scambio tra l'azienda ed il cliente.
E da lì partono altre ramificazioni.
La prima è l'accountability, cioè il mantenimento della promessa al cliente, e adesso con la tecnologia possiamo vederlo e analizzarlo.
Questo sta forzando molte industrie a cambiare il modello di negozio, orientandosi verso un tipo di pagamento per il risultato ottenuto (Pay per Outcome).
In secondo luogo, la tecnologia offre maggiore visibilità della concorrenza, ovviamente anche vale anche il contrario, e quindi si può agire molto più rapidamente.
Il terzo punto riguarda il fatto che offre molta trasparenza nelle informazioni e quindi permette di operare in forma più razionale, usando algoritmi invece della tua mente per prendere le decisioni.
E quindi il marketing diventa sempre di più data driven?
E' inevitabile da entrambe le parti.
Sia per quella della creazione del valore, perché aiuta a capire i clienti, ma soprattutto nella cattura del valore.
Quanto conta la componente consulenza?
Ovviamente dipende dalle dimensioni dell'azienda.
Ma mi immagino che non si possa essere eccellenti in tutto, soprattutto nella parte più analitica.
Infatti, le consulenze per analytics stanno ormai crescendo molto.
Negli algoritmi, tornando alla questione dei prezzi, è importante capire le variabili che hanno una correlazione con il valore del cliente.
Questo a volte è difficile farlo in house.
Per esempio, è anche difficile capire che dati si hanno, pulirli, strutturarli, ecc.
Per tutto questo molte volte c'è bisogno di un aiuto esterno.
Ci sono anche componenti social?
Certamente.
Il commercio stesso è una cosa sociale: è una relazione tra aziende e clienti.
E il prezzo è uno di quei segnali molto forti nella relazione.
Le aziende che pensano al prezzo solamente come un'arma economica non capiscono l'importanza che ha questo dialogo tra le due parti, e quindi è sempre importante comprendere la parte analitica, ma anche quella sociologica e psicologica.
Il prezzo è una forma di comunicazione.
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