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03/04/2019

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Rovere (Duff & Phelps): la valutazione aziendale richiede affidabilità e indipendenza

Gli esperti sono professionisti in grado di utilizzare gli strumenti tecnici in modo appropriato e nello stesso tempo saper cogliere gli aspetti qualitativi che rendono ogni impresa unica

La formazione del valore di un?azienda (valuation advisory) è un fattore critico, che deve tener conto di moltissimi aspetti. Ma dovrebbe esser fatta da soggetti specializzati e che, soprattutto, non abbiano conflitti di interesse. Ne  abbiamo parlato con Enrico Rovere, Managing Director Duff & Phelps.

Cosa vi distingue dai competitor?

In primo luogo, siamo la più grossa società di valutazione corporate finance al mondo completamente indipendente. E poi la forte focalizzazione nella valutazione aziendale e nella governance aziendale. Duff & Phelps nasce a Chicago nel 1932, e nel corso di quasi un secolo è sempre crescita e, soprattutto, nel 2005 ha avuto un ulteriore crescita acquisendo il gruppo di valutazione di Pricewaterhouse Cooper in America. Un gruppo fortemente focalizzato, con il Dna di una "Big Four", che ci ha portato competenze ed esperienze estremamente elevate in tutti i settori e dotato di una presenza anche al di fuori degli USA.
Le Big Four sono i quattro colossi dell'accounting mondiali (Ndr: KPMG, PwC, Deloitte e EY), che forniscono servizi di consulenza diversificati: il principale è quello dell'audit, della revisione dei bilanci, oltre che altri servizi correlati che vanno da Tax advisory al Legal advisory, alla valutazione corporate finance ecc.

In molti casi devono affrontare il problema del conflitto di interesse, cosa che Duff & Phelps ha deciso di non dover assolutamente affrontare. Questo è stato un plus per noi e per i nostri clienti e che ci ha permesso di crescere, poiché è stato visto come un fattore importante e distintivo rispetto ai competitor.

Chi è il vostro cliente?

A livello mondiale, il tipico cliente di una società come Duff & Phelps è un'azienda complessa. Sostanzialmente, una multinazionale che opera in vari mercati e in vari settori, che quindi deve affrontare che ogni giorno affronta tematiche complesse, come nuovi prodotti, nuovi mercati, ristrutturazioni interne (come spostamento di entity da una parte ad un'altra), riorganizzazioni anche interne. Una società che ha bisogno di un partner affidabile e che comunque abbia una buona conoscenza di settore, abbiamo un buon networking a livello internazionale e quindi la capacità di seguirlo in ogni Paese.
Noi operiamo come una "one firm" e quindi i nostri progetti generalmente sono staffati da persone in Italia, USA o India, dipende dalle esigenze del cliente.

Anche perché alcuni casi hanno a che vedere non solo con i principi contabili internazionali o locali, ma anche dalle legislazioni fiscali dei vari Paesi. E anche di quelle che sono le regole del gioco in certe realtà: come una certa amministrazione finanziaria affronta una data tematica, e come giudica una valutazione ai fini fiscali. Questo significa essere vicino ai clienti.
Ovviamente il tessuto industriale italiano è fatto anche di PMI, e noi vogliamo esser vicino a questo tipo di clienti. L'Italia ha una struttura imprenditoriale di tutto livello, e pur non essendo un'economia costituita da aziende grandi, vede imprese molto attive, molto flessibili, ben managerializzate e hanno necessità dell'affiancamento di professionisti di questa natura.

Cosa significa valutazione nel contesto attuale?

Recentemente abbiamo tenuto a Milano un workshop sulla valutazione aziendale e cosa significa nel contesto attuale. Abbiamo voluto riunire intorno ad un tavolo i maggiori esperti, come i professori Aswath Damodaran della New York University, Pablo Fernandez della Business School University of Navarra, Mauro Bini dell'Università Bocconi, l'economista italiano Gregorio De Felice (Responsabile Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo), e Roger Grabowski, Managing Director di Duff & Phelps, che si occupa di valutazione da oltre 40 anni ed è uno dei massimi esperti in materia.



In questa sede abbiamo voluto offrire alle aziende un dibattito su alcuni strumenti, per aiutare imprese e professionisti nell'affrontare la tematica valutativa, soprattutto in un momento come quello attuale che è particolarmente caratterizzato da altissima volatilità. Questa è dovuta a tutta una serie di fattori che vanno dalla situazione geopolitica a quella macroeconomica. Pensiamo alle tensioni tra Cina e USA per quanto riguarda i dazi; oppure a ciò che è accaduto in Italia con la visita del presidente cinese Xi Jinping con gli accordi sulla Via della Seta, e come saranno visti questi accordi con i nostri partner europei. Inoltre, ci troviamo in una situazione preelettorale: quest'anno secondo me saranno elezioni europee con una valenza particolare. Forse mai come ora avranno una valenza decisamente politica, poiché non si tratta solo del rinnovo del Parlamento europeo, ma significa affrontare tematiche quali la Brexit, poiché in qualche modo inciderà. Nei vari governi, compreso quello italiano, avrà sicuramente un impatto molto importante, poiché si dovrà realmente capire cosa accadrà nei prossimi anni.


E poi il Venezuela, c'è sempre la questione Russia. Tutte situazioni che rendono la volatilità estremamente elevata. Questo l'ha dimostrato la seconda parte del 2018, in cui il mercato ne ha pagato le conseguenze, con un abbassamento notevole dei prezzi. Pertanto, fare valutazioni in questo contesto è estremamente complicato.
Occorre stare molto attenti alle metodologie, alle variabili che si usano e, soprattutto - un punto estremamente importante emerso anche durante il workshop - la capacità di costruire dei piani credibili. Questo è il vero punto fondamentale, poiché il valore di un'azienda è in funzione della sua capacità di generare flussi di cassa nel futuro, e pertanto dipende dal piano che essa avrà, e dipende anche dal contesto in cui opera, sia macroeconomico sia di settore e dalle strategie che intraprenderà. Quindi risulta importante costruire delle storie credibili, costruire dei piani che siano collegati a quello che succede realmente nell'economia, nazionale ed internazionale, ma anche in quelle dei Paesi in cui l'azienda opera.
E poi guardare alle sue strategie: ai prodotti che ha nella sua pipeline, come li venderà quale sarà la sua strategia commerciale, quali saranno gli investimenti necessari per portare avanti la strategia.


E poi quale sarà la finanza necessaria, quale il capitale circolante che occorre, quali banche possono aiutare, a quali condizioni si acquisisce questo denaro. Un altro punto importante riguarda un eventuale aiuto: lo sviluppo lo faccio da solo o con qualcuno? Ho bisogno di ulteriore capitale?
Ci sono, quindi, tutta una serie di domande che un management aziendale deve porsi e deve cercare di declinare poi in un business plan che sia credibile e sostenibile. Ovviamente nessuno ha la sfera di cristallo, ma fare buone previsioni, ragionare a livello di scenario, sicuramente permette di rendere una valutazione più di sostanza, e questo consente di prendere delle decisioni con degli strumenti che effettivamente le possono supportare. E questo rende tutto più trasparente.

Avete pubblicato il sesto studio europeo sull'impairment dell'avviamento in Europa. Cosa è emerso?

Recentemente abbiamo presentato l'ultima edizione dello studio sull'Impairment test a livello europeo. Per la prima volta abbiamo anche un focus sull'Italia. Lo studio dimostra che nel 2017 vi è stato un notevole decremento di quelli che sono stati gli Impairment dei Goodwill, quindi le svalutazioni bilancistiche degli avviamenti di società quotate.


La studio di basa sull'analisi dello STOXX 600 a livello europeo: sono state selezionate una serie di società e si è visto che l'ammontare di Goodwill è sceso del 35%.
Guardando all'Italia, vediamo che dopo aver avuto una forte svalutazione nel 2013, post crisi debiti sovrani molto elevata, negli anni successivi ha mantenuto una svalutazione di avviamenti intorno al miliardo di euro, e lo scorso anno siano stati sostanzialmente allo stesso livello. L'Italia si colloca rispetto agli altri quattro maggiori Paesi (UK, Germania, Francia e Spagna) nella parte bassa. C'è da tener presente però che abbiamo un numero di aziende quotate minore rispetto almeno alle tre grosse economie europee.

Mercato M&A in Italia: qual è lo scenario e cosa dobbiamo aspettarci per il 2019?

La mia visione è sostanzialmente positiva. Questo perché ritengo che i fondamentali del nostro Paese e delle nostre aziende siano comunque solidi. Consideriamo che l'Italia, questo è emerso anche durante il convegno, esporta nel mondo il doppio dei prodotti esportati dagli Stati Uniti e dalla Germania.


Ciò vuol dire che ci vogliono almeno questi due Paesi per fare il numero di prodotti che noi mandiamo in giro per il mondo, quindi significa avere delle eccellenze. Per questo motivo l'Italia è sempre sotto la lente d'ingrandimento, non solo nel senso negativo dei legislatori a Bruxelles o delle istituzioni finanziarie, soprattutto dei fondi e di altre società. Questo per le positività e dai vantaggi che ha. Con le nostre aziende considerate eccellenze, vi è parecchio interesse da parte di investitori stranieri e questo è confermato.
Una nota positiva nel mercato M&A è che finalmente riusciamo a fare qualcosa anche noi all'estero. Abbiamo avuto recentemente dei casi, uno lo scorso anno con Prismian che ha portato avanti una delle azioni più belle di M&A, confermando la leadership in un settore a livello mondiale, con un'acquisizione da grande azienda, da multinazionale. Questo da italiano mi fa molto piacere. Vediamo anche Ferrero come si sta muovendo a livello internazionale, soprattutto negli USA. Devo dire che vi è fermento da parte delle nostre imprese, specialmente tra quelle più attive, quelle votate all'export, con la volontà di installarsi anche in altri Paesi, cioè iniziare a fare qualcosa direttamente.


Speriamo che questo accada, non è facile fare acquisizioni all'etero per le nostre aziende, però qualcosa sta succedendo. Per quanto riguarda invece l'M&A in Italia penso che vi sia un grande interesse, le nostre aziende siano dei target veramente importanti, e questo per me può essere un fattore positivo anche a farle crescere anche dimensionalmente, non solo managerializzarle, anche perché poi un'acquisizione può portare ad altre acquisizioni. Pensiamo al lavoro dei fondi: permette aggregazioni e di diventare competitivi, di manageriarizzarle ulteriormente e poi di diventare competitor a livello globale.


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