Smartworking: attenzione alla sicurezza dei dati. Servono corretta progettazione e cultura in azienda
Bosello (Securbee): gli strumenti tecnologici per garantire il lavoro agile in sicurezza sono alla portata anche delle PMI.
La formazione dei dipendenti è il primo passo per evitare i rischi
In Italia il 56% delle grandi aziende e l'8% delle PMI prevede nella propria organizzazione forme strutturate di flessibilità di orario e luogo di lavoro per i dipendenti. Lo rivela l'Osservatorio Smartworking del Politecnico di Milano, che fotografa ormai da tempo una crescita inarrestabile del lavoro agile nel nostro Paese.
A consentire questa rivoluzione sono le tecnologie che permettono di gestire il lavoro anche da remoto; ma quando si attua un progetto di smartworking c'è un'area che spesso viene trascurata, pur essendo strategica: quella della protezione dei dati.

Che va affrontata con una corretta progettazione dei sistemi e degli strumenti di lavoro e coinvolgendo e responsabilizzando anche i dipendenti, prima (e spesso inconsapevole) porta di accesso per i rischi informatici.
A richiamare l'attenzione su questo aspetto è Manuel Cacitti, CEO di Securbee, società che si occupa di servizi di sicurezza informatica.
"Il diffondersi delle modalità di lavoro in mobilità pone le imprese di fronte al problema di tutelare beni e informazioni che escono dal perimetro fisico dell'azienda.
Una corretta progettazione in partenza è indispensabile per ridurre i rischi".
Questo significa che il referente aziendale per l'IT deve identificare per prima cosa quali mansioni hanno bisogno di lavorare in mobilità, con quali strumenti e che tipo di dinamiche affrontano, e di conseguenza adattare l'infrastruttura.
"I cosiddetti "road warriors', cioè i dipendenti che si muovono sul territorio come commerciali o addetti ai cantieri, così come i dipendenti che fruiscono dello smartworking, dovranno potersi connettere da qualunque luogo.