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Editoriale
Se il lavoro non c'è ma aumenta l'occupazione
I recenti dati Istat sul lavoro non portano certo buone notizie. Va bene che erano riferiti ad agosto, mese notoriamente dedicato ai lavori saltuari giovanili, ma se guardiamo il dato anno su anno vediamo che la disoccupazione è passata dall'11,5% all'11,2%. Non certo un dato eclatante visto che nell'eurozona ad agosto il tasso di disoccupazione si è attestato al 9,1% - tralasciando i dati monstre di Germania (3,6%), UK 4,3% e Olanda (4,7%) - e in Francia al 9,8%. Se non ci fossero Grecia (21,2%) e Spagna (17,1) saremmo il fanalino di coda della UE19. C'è quindi poco da gioire. Se poi andiamo ad analizzare i nostri dati interni, si nota che la crescita è dovuta interamente alla componente femminile (+0,5%), mentre cala quella maschile (-0,1%). L'aumento è dovuto per lo più ai contratti a termine (+1,6%), a basso salario, mentre calano dello 0,1% gli indipendenti (partite IVA, piccole attività, professionisti ecc.). E proprio ad agosto il tasso di disoccupazione giovanile è rimasto sostanzialmente invariato al 35,1%. Altro che lavoretti estivi... Questi sono gli effetti della precarizzazione del Jobs act, che nello storytelling governativo avrebbe dovuto rilanciare il mercato del lavoro. I numeri, impietosi, indicano un'altra realtà.
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