Quando capita un imprevisto la domanda iniziale è sempre la stessa: "Cosa è successo? Qual è lo stato?"
Nel film Apollo 13, gli ingegneri della NASA faticano a mantenere la calma davanti al disastro che si consuma sulle loro console.
Ognuno monitora un diverso aspetto della missione - chi le operazioni di volo, chi lo stato della navicella spaziale Odyssey, i dati sugli astronauti, e altro - ma collettivamente non sono in grado di vedere e capire cosa sta succedendo.
Sono passati quasi 50 anni ma questo è proprio quello che ancora accade nel mondo dell'IT: gruppi di lavoro che operano in silos separati e spesso hanno poca visibilità su ciò che realmente sta accadendo quando avviene un'interruzione nella delivery di un servizio.
Faticano ancora oggi a valutare rapidamente la portata del malfunzionamento, analizzare i dati provenienti da varie componenti separate, unificare le conclusioni più disparate, e, infine, (forse) determinare la causa principale del problema.
Il fallimento è un'opzione possibile?
Nel film, quando si parla delle varie ipotesi per salvare i tre astronauti, il direttore di volo Gene Kranz dice al suo team: "Il fallimento non è un'opzione".
Possiamo sostenere la stessa cosa anche per le iniziative strategiche di digital business: fallire nella trasformazione digitale significa avviarsi verso l'estinzione.
La maggior parte dei professionisti IT ammette, però, che alcuni gradi di fallimento sono praticamente inevitabili se si considerano i sistemi che devono sostenere la delivery dei nuovi servizi digitali.
In effetti, dal punto di vista dell'esperienza dell'utente, il fallimento avviene perché i malfunzionamenti, come i tempi di risposta lenti e intermittenti, le immagini che non vengono caricate, le connessioni con terze parti fallite che portano a interrompere le transazioni e altri disagi, sono frequenti.
La vera domanda è se e come tali piccoli gradi di fallimento sono percepiti all'intero dell'organizzazione come veramente capaci di avere un impatto sul successo dell'iniziativa globale.
A mio avviso molto spesso la loro portata non viene colta, anche perché molte organizzazioni non ne hanno visibilità.
Se non si sta monitorando la delivery dei servizi rispetto alle interruzioni e ai degradi prestazionali - e quindi il relativo impatto sulle conversioni, registrazioni, iscrizioni, pagamenti, e altro - non si può nemmeno sapere che c'è un problema e non sarà possibile scoprirlo fino a quando non avverrà una catastrofe e si sarà costretti a lanciare il famoso segnale: "Houston abbiamo un problema!".
Visibilità in comune per una gestione migliore
Nel 1960 non era pensabile per la NASA incorporare una visibilità e gestibilità migliore nelle proprie operation.
Il computer nel modulo di comando dell'Apollo 13 aveva una memoria da 64Kbyte e funzionava a 0.043MHz, il mio iPhone 6 è 32.600 volte più potente di ciascuno dei mainframe IBM che si trovavano presso il Goddard Space Flight Center!
Tutto questo mi fa ripensare alla scena del film in cui i responsabili delle operazioni di volo si rendono conto di dover urgentemente ricalcolare la traiettoria di rientro della navicella spaziale.
All'unisono, tutti gli ingegneri raggiungono la propria tastiera e iniziano ad armeggiare con i regoli calcolatori.
Li fanno proprio scorrere a mano, perché ai tempi non era nemmeno immaginabile un'applicazione interattiva in grado di automatizzare i calcoli complessi.
Qui, quindi, l'analogia cade, perché oggi le organizzazioni IT possiedono una potenza di calcolo ai tempi inimmaginabile e con la moderna tecnologia di gestione delle applicazioni si può fare veramente molto per rispondere, e addirittura, impedire a priori che la delivery dei servizi vada incontro a fallimenti e degradi.
In conclusione, oggi il legame tra i risultati di business e le variabili che le operazioni IT implicano si può osservare e comprendere ed è anche possibile allineare gli obiettivi e le best practice.
Non si tratta di una scienza spaziale: per garantire il successo delle iniziative digitali basta semplicemente l'Application Performance Management (APM).
Susan Cole, Senior Product Marketing Manager presso Dynatrace
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