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06/04/2016

economia

La volatilita' non è un indicatore di recessione negli Stati Uniti

Bowers (Franklin Equity Group): la politica e le elezioni non sono una componente rilevante della nostra analisi dei fondamentali. Tuttavia, ogni volta che si cambia lo status quo si crea incertezza e i mercati non gradiscono l'incertezza

Le preoccupazioni per la crescita nei mercati emergenti e il crollo dei economici generalmente positivi negli Stati Uniti, potremmo non essere in grado di evitare una caduta in recessione. Ciò ha portato il pessimismo di mercato a livelli estremamente elevati nelle prime settimane del 2016.
Nonostante questi timori, continuiamo a ritenere che l'economia statunitense stia avendo un buon andamento e che il 2016 dovrebbe sorprendere molti con un modesto incremento degli utili societari, una forte spesa al consumo e una crescita del prodotto interno lordo (PIL) nell'ordine del 2%-3%. Di norma, questi tipi di corse alle vendite su ampia scala creano - per gli investitori a lungo termine - opportunità di acquisto di società di alta qualità a prezzi interessanti e nelle ultime settimane siamo andati attivamente alla ricerca di occasioni per i nostri portafogli.
La politica e le elezioni non sono una componente rilevante della nostra analisi dei fondamentali; tendiamo a concentrarci su fattori tangibili come utili, cash flow libero e identificazione di opportunità di crescita ad alto potenziale.

Tuttavia, ogni volta che si cambia lo status quo ante si crea incertezza e i mercati non gradiscono l'incertezza.
Penso che l'incertezza politica riguardo alle elezioni presidenziali statunitensi del 2016 abbia contribuito in parte alla volatilità osservata dall'inizio dell'anno. Sono propenso a prevedere che i mercati resteranno volatili fino alla conclusione delle primarie presidenziali, quando avremo un quadro più chiaro di chi saranno i candidati dei principali partiti e in cosa consisteranno le loro proposte politiche.
Al momento abbiamo prospettive positive per il mercato azionario statunitense. Nonostante un inizio dell'anno difficile, non intravediamo una recessione all'orizzonte e riteniamo che l'economia statunitense sia più forte di quanto molti credano. Ritengo che quando verso la fine dell'anno rivaluteremo la situazione retrospettivamente, considereremo questo periodo come una pausa della crescita nell'arco di un ciclo espansionistico più lungo.
La forza del consumo statunitense è una delle ragioni per cui manteniamo un atteggiamento positivo nei confronti delle azioni statunitensi.

La spesa al consumo rappresenta circa due terzi del PIL statunitense e la salute del consumo è pertanto essenziale per qualunque prospettiva d'investimento negli Stati Uniti. Crescita di posti di lavoro e occupazione continuano a essere robusti e le tensioni sui mercati del lavoro cominciano a ripercuotersi sul fronte salariale. A nostro giudizio, ciò dovrebbe avere un effetto positivo sulla fiducia dei consumatori quest'anno.
Inoltre, inflazione e tassi d'interesse rimangono a bassi livelli. I tassi d'interesse relativamente bassi dovrebbero continuare a sostenere la ripresa del mercato immobiliare in atto in molte aree, in quanto i costi di finanziamento rimangono modesti. Riteniamo inoltre che la domanda immobiliare sul mercato sia ancora contenuta e anche questo dovrebbe essere positivo.
La stagione degli utili negli Stati Uniti è ormai alla conclusione e abbiamo un buon quadro dei risultati finali del quarto trimestre del 2015 e delle previsioni societarie per il 2016. È vero che utili e ricavi sono mediamente scesi nel quarto trimestre per le società incluse nell'Indice S&P 500 e che alcuni potrebbero definire tale flessione come una recessione degli utili.


Ritengo però che gli investitori dovrebbero analizzare i dati più a fondo per capire quali siano stati i propulsori chiave della flessione.
A nostro giudizio, dalla stagione degli utili sono emersi due temi fondamentali.
Primo: il rafforzamento del dollaro statunitense è stato negativo per molte società multinazionali e l'impatto valutario unito al rallentamento della crescita globale ha fatto registrare alle società con una forte esposizione internazionale una crescita più lenta rispetto a quelle orientate verso l'economia interna o statunitense.
Secondo: il calo dei prezzi del petrolio e del gas ha avuto un impatto negativo, dal momento che gli utili su base annua del settore energetico sono diminuiti di oltre il 70%, trascinando al ribasso il tasso di crescita medio.

Grant Bowers, Portfolio Manager di Franklin Equity Group


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