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02/12/2015

economia

La strada meno battuta. Come agire in vista del 2016

Iggo (AXA IM): tutto ruota intorno agli interventi della banca centrale americana, all'andamento dell'inflazione e alla conseguente reazione dell'economia e dei mercati

In linea generale, quest'anno i mercati azionari hanno fatto meglio di quelli obbligazionari. Per le obbligazioni si tratta della secondo o del terzo peggior anno in termini di performance nell'ultimo decennio. In parte questo risultato compensa un 2014 estremamente brillante, periodo in cui i tassi di rendimento e spread sono scesi a livelli molto bassi. In parte è anche il riflesso di una serie di avvenimenti che hanno creato volatilità nei mercati: le oscillazioni del franco svizzero, la Grecia, i prezzi del petrolio e la Cina.
La Banca Centrale Europea ha adottato il Quantitative Easing e i Bund sono stati venduti massicciamente, contrariamente al posizionamento del mercato. E poi ci sono stati i tentennamenti della Federal Reserve. Oggi sembra che ci stiamo avvicinando a un ciclo economico normale: gli Stati Uniti sono vicini alla piena capacità produttiva, la stretta monetaria inizierà presto, il credito dovrebbe sovraperformare i tassi e alla fine il ciclo toccherà i livelli massimi.
Temo che sarà difficile ottenere rendimenti brillanti dalle obbligazioni anche nel 2016. Anche se i rendimenti sono un po' più alti rispetto alla fine dello scorso anno, la componente di reddito legata ai flussi cedolari sarà molto probabilmente più che bilanciata dalla dinamica negativa dei prezzi, soprattutto nei mercati in cui i tassi di interesse saliranno (Stati Uniti e Regno Unito).

Per affrontare il rialzo dei tassi occorre puntare sulla duration breve. Nel segmento high yeld assisteremo probabilmente ad un aumento dei default dopo che i tassi saranno saliti. Quindi gli investitori dovrebbero essere ricompensati per il rischio di credito assunto. Ma tutto ruota intorno agli interventi della banca centrale americana, all'andamento dell'inflazione e alla conseguente reazione dell'economia e dei mercati. Diamo ora un'occhiata più nel dettaglio alla situazione.

Ritorno alla normalità

Nel 2015 i rendimenti degli indici obbligazionari sono stati modesti, nonostante le banche centrali siano intervenute con nuovi allentamenti (BCE, SNB, Riksbank, Reserve Bank of Australia tra le altre) oppure abbiano confermato l'approccio molto accomodante (Federal Reserve, BoE, BoJ e altri).
Questo andamento riflette un aspetto molto importante, ovvero che il contributo al total return della componente di income è stato limitato dai bassi yield. Se prendiamo in considerazione un indice rappresentativo del mercato obbligazionario globale, che include titoli di stato e obbligazioni societarie di alta qualità, il total return all'11 novembre era dello 0,65% soltanto, composto da un contributo a livello di prezzo pari a -1,6% e a livello di income del +2,2%.


A causa dei bassi rendimenti iniziali e della loro tendenza a salire nel corso dell'anno, con effetto molto negativo sui prezzi in molti casi il 2015 è al secondo posto fra i 10 anni peggiori per la maggior parte dei segmenti obbligazionari. Considerato che la Federal Reserve è sul punto di alzare i tassi di interesse, come sarà il 2016?

BCE e Fed

Tra i principali settori del mercato obbligazionario, il segmento high yield in Europa ha registrato una delle performance più brillanti, seguito dalle obbligazioni indicizzate all'inflazione europee e dai titoli di stato dei Paesi periferici in Europa. Al contrario, i segmenti high yield, investment grade e inflation-linked negli Stati Uniti hanno generato tutti un total return negativo da inizio anno. È un fatto che dice molto sulla politica monetaria.
La BCE ha avviato un piano di acquisto di titoli su vasta scala all'inizio del 2015, favorendo i settori con i più alti rendimenti al momento e gli strumenti indicizzati all'inflazione (considerato che lo scopo del QE è proprio di far salire l'inflazione). I tassi di breakeven in Europa oggi sono più alti rispetto all'inizio dell'anno, con una sovraperformance rispetto ai titoli di stato nominali.



Negli Stati Uniti, le previsioni sulla data in cui la banca centrale americana avrebbe finalmente innalzato i tassi hanno condizionato i mercati. Inoltre, il segmento high yield ha riportato performance inferiori a causa dell'andamento del settore dell'energia, mentre il segmento investment grade ha registrato un ampiamentio degli spread durante tutto l'anno a causa della chiara tendenza delle imprese americane a ricorrere nuovamente all'indebitamento.

Credito vs tassi

Le notizie negative sul mercato del credito sono arrivate verso la fine dell'estate, a seguito della decisione della banca centrale cinese di modificare il meccanismo di determinazione del tasso di cambio, che in molti hanno interpretato come volontà di indebolire il renminbi. Questa decisione è arrivata dopo un anno di diminuzione dei prezzi delle materie prime e con molti segnali che indicavano come il nuovo tipo di sviluppo in Cina fosse collegato ad un rallentando del tasso di crescita complessivo.
Tuttavia, il credito è salito molto nel IV trimestre, una volta compreso che non ci troviamo sull'orlo di una recessione globale.


Effettivamente, persino in Cina, la crescita relativa della domanda locale (vendite al dettaglio, settore immobiliare) non ci fa vedere tutto in negativo.
Altro fattore importante, se non più importante, è la solidità dell'economia americana. Il rapporto sull'occupazione per il mese di ottobre pubblicato recentemente segnala la creazione di altri 217.000 posti di lavoro e un ulteriore calo del tasso di disoccupazione al 5,0%. Inoltre, vi sono i segnali che la contrazione del mercato del lavoro sta facendo salire i salari, con un reddito orario medio in crescita del 2,5% rispetto all'anno precedente.
La crescita dell'occupazione resta intorno al 2,0% rispetto all'anno precedente, la crescita del PIL si attesterà intorno al 2% per l'anno, e con l'arrivo dell'anno nuovo, l'inflazione inizierà a salire. Pertanto non ha molto senso mantenere il tasso sui Fed Funds allo 0,00%-0,25%. A differenza della situazione nel mese di Settembre, il sentiment sull'economia globale è migliorato e una maggiore stabilità dei mercati dovrebbe consentire alla Fed di iniziare a far salire i tassi il prossimo mese.




Risultati di nuovo positivi per l'high yield

Ci piace pensare che i tassi di interesse e gli spread del credito si comportino in modo diverso l'uno dall'altro, a seconda del ciclo economico in cui ci troviamo. Mentre la crescita negli USA si avvia a grandi passi a diventare un'espansione di fine ciclo, dovremmo assistere a un aumento dell'inflazione e dei tassi.
I tassi saliranno ma gli spread del credito potrebbero non fare altrettanto, considerato lo scenario macroeconomico, almeno nella prima fase del ciclo di stretta monetaria.
Questo implica un sovrarendimento positivo per il credito (total return vs governativi), e il segmento in cui si manifesterà maggiormente è certamente l'high yield. Con l'aumento dei rendimenti dei titoli del Tesoro in risposta all'avvio della stratta da parte della FED, gli spread high yield dovrebbero restringersi dagli attuali 600 punti base.
È un processo già iniziato, nel trimestre il segmento high yield negli Stati Uniti ha prodotto un excess return positivo del 2,8%.

Ci sarà una stretta di 300 punti base?

Il rischio maggiore per il reddito fisso negli Stati Uniti e su scala globale è che quando la banca centrale americana aumenterà i tassi, saliranno sia i rendimenti sottostanti sia gli spread, nella convinzione che (prima o poi) gli USA si stiano avvicinando rapidamente al picco del ciclo economico.



Questo non sarà lo scenario più probabile nella prima parte del 2016, e forse neppure più avanti, ma le cose cambieranno se la Fed dovesse alzare i tassi più rapidamente di quanto.
Personalmente prevedo che i Fed Funds saranno tra il 2% e il 3% nel corso del 2017, e forse anche più alti. Dai primi anni '80, mediamente l'oscillazione dei tassi tra il punto minimo e il punto massimo è stata di 325 punti base e i cicli di rialzo dei tassi sono durati tra 1 e 3 anni.
Se crediamo che il prossimo ciclo sarà di più breve durata, con una correzione dei tassi di minore portata, ci deve essere un motivo che spinge la Federal Reserve a limitare la portata del suo intervento. Potrebbe essere una maggiore probabilità di recessione collegata calo della domanda aggregata. Da dove potrebbe derivare tutto ciò'?
Il debito delle famiglie è inferiore rispetto a prima del 2008 e il tasso di risparmio personale è vicino al 5%, pertanto la risposta dei consumatori a un rialzo dei tassi modesto potrebbe essere limitata.
Un aumento rapido dell'inflazione con un conseguente calo del reddito reale potrebbe produrre una flessione dei consumi locali, ma a fronte del miglioramento del mercato del lavoro la risposta iniziale potrebbe essere una crescita dei salari, in tal caso la banca centrale americana dovrà probabilmente essere più aggressiva di quanto scontato attualmente dal mercato.


Il debito delle famiglie non è salito molto durante questa fase di espansione economica negli Stati Uniti, mentre il debito pubblico e delle società non finanziarie è salito rapidamente in termini nominali.
L'indebitamento delle imprese in percentuale del PIL è solo leggermente al di sotto dei livelli massimi di inizio 2009. Se uno shock della domanda provocato dai tassi e dal debito dovesse scatenare la prossima recessione negli Stati Uniti, potrebbe partire dal settore delle imprese, oppure potrebbe voler dire che i tassi dovranno salire molto di più di quanto normalmente si pensa.

I tassi resteranno bassi nell'Eurozona

Se l'inflazione resta bassa, la Fed potrà agire con la moderazione attualmente prevista dai mercati a termine, e muoversi con gradualità verso la "nuova normalità". L'economia non registrerà grandi sconvolgimenti e gli investitori obbligazionari probabilmente saranno ricompensati dall'investimento nel credito.
Tuttavia, dobbiamo essere pronti ad affrontare uno scenario meno favorevole di rialzo dei tassi e ampliamento degli degli spread del credito negli Stati Uniti.


Ma è difficile essere pessimisti sull'Europa, a meno che non si considerino le ripercussioni di un eventuale rallentamento del mercato USA. La BCE continua a far intuire che il QE proseguirà anche dopo il settembre 2016.
L'economia nell'Eurozona è molto lontana dalla piena occupazione a causa dei continui ostacoli strutturali alla crescita derivanti dal settore finanziario e dalla politica fiscale. Fino a poco tempo fa, la tendenza era verso la riduzione dell'indebitamento. Un segnale di questi sviluppi è che il valore nominale del mercato delle obbligazioni societarie europee era al ribasso nel periodo 2010-2013.
Dall'inizio del 2014 abbiamo assistito ad un aumento delle emissioni societarie denominate in euro, ma è dipeso in gran parte da emittenti non europei che hanno sfruttato il basso costo del denaro. Il processo di releveraging, da parte delle società europee, è molto indietro rispetto agli Stati Uniti.

Credito short duration

Quindi come agire nei mercati in vista del 2016? A nostro giudizio, ci troviamo ancora in una fase che favorisce il credito, ed in alcune aree registreremo una correlazione negativa dei rendimenti derivanti da un'esposizione pura al credito rispetto ai tassi.


Serve quindi un approccio a breve duration nei portafogli obbligazionari, concentrandosi sugli spread del credito ma con un'esposizione limitata alla duration.
Effettivamente, anche se spread e rendimenti sottostanti salgono entrambi, un portafoglio di obbligazioni a breve scadenza farà meglio di un'esposizione full market. Per gli Stati Uniti rispetto all'Europa, la divergenza della politica monetaria continuerà ad essere centrale, e dovremmo vedere un costante ampliamento dei breakeven in Europa e excess return del segmento high yield.
Per il debito dei mercati emergenti, quest'anno abbiamo registrato rendimenti discreti per il debito in valuta forte, nonostante i ben noti problemi politici e relativi alla crescita dei mercati emergenti. Questi fattori negativi non scompariranno, pertanto occorre prudenza a fronte del rialzo dei tassi negli Stati Uniti.
Comunque la storia ci insegna che la debolezza associata a una stretta monetaria da parte della Federal Reserve è limitata e che gli spread nei mercati emergenti tenderanno a restringersi.
La flessibilità politica delle autorità cinesi dovrebbe stimolare la fiducia che la crescita in Cina non rallenterà ancora molto e, d'altra parte, dovrebbe contenere nuovi ribassi nelle materie prime e in altre economie emergenti.




Chris Iggo, Chief Investment Officer, Fixed Income AXA IM

 


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