I tre scenari in gioco nell'anno che verrà
Ithurbide (Amundi): la crescita globale resta vicina al 3% e la Cina sarà determinante, oppure Pechino vedrà un hard landing o, molto improbabile, la crescita mondiale accelererà il prossimo anno e nel 2017
Nel nostro scenario centrale (probabilità 70%), troviamo la crescita continua nei Paesi sviluppati nel 2016. Prosegue il calo della crescita potenziale in Cina, ma i timori di "hard landing" nel 2016 e 2017 sono contenuti (crescita del PIL dell'ordine del 3-4%).
Lo stimolo alla crescita attraverso una combinazione di politica dei tassi di interesse, politica delle riserve bancarie, politica di bilancio, politica fiscale e politica dei redditi - e non attraverso una politica valutaria aggressiva risultante in un'improvvisa svalutazione dello Yuan (del 10% o più) - è rassicurante e l'impatto del rallentamento del 2015 resta confinato in gran parte alle economie emergenti. Nel complesso, la crescita globale resta vicina al 3% (uno scenario molto più pessimista rispetto all'attuale consensus).
Questa tendenza globale (minore crescita dei Paesi emergenti, perdita di competitività nei Paesi "avanzati" a causa dei tassi di cambio, ecc) porterà tuttavia ad un indebolimento della crescita mondiale nel 2017.
La Fed mantiene una politica più prudente rispetto a quanto indicato dalle sue proiezioni. La stretta della politica monetaria procederà con estrema cautela e lentamente (50bp nel 2016).
La BCE persegue una politica monetaria accomodante: i tassi a breve termine rimarranno invariati per altri tre-cinque anni, è possibile un QE2 così come un altro abbassamento dei tassi sui depositi. Quest'ultima strategia è uno strumento utile per limitare i depositi bancari presso la BCE, ma un ulteriore allentamento non garantisce che i benefici siano trasferiti all'economia reale. Al contrario, la prospettiva di veder realizzato questo taglio dei tassi e l'estensione del programma di QE assicureranno un ulteriore - benvenuto - deprezzamento dell'euro. In ultima analisi, la BCE, la BoJ e la PBoC rimarranno accomodanti per i prossimi anni.
I rendimenti di lungo termine restano bassi, in particolare in Europa. L'euro si stabilizza nei confronti del dollaro e lo yen riacquista un certo vigore. La crescita è abbastanza solida per incoraggiare la ricerca di rendimenti e spread. Tassi, EPS e stress ridotto favoriscono i mercati azionari, in particolare quelli europei, dove il "dividend yield" (il rapporto tra il dividendo ed il prezzo) è di quattro volte superiore ai tassi a lungo termine. Attenzione, però; il contesto generale creerà molto più volatilità rispetto agli ultimi anni.
E se la Cina rallentasse troppo?
Il primo scenario alternativo, con una probabilità più elevata (20%), è il più pessimista: in questo caso, la Cina rallenta in modo significativo ("hard landing" sembra inevitabile), e l'impatto sulle economie emergenti è amplificato.
La crescita globale scende al 2% o addirittura più in basso. La crescita mondiale rallenta, e a causa dell'impatto sui Paesi sviluppati (mercati azionari in calo, elevata volatilità, ulteriore deterioramento della situazione finanziaria dei paesi già pesantemente indebitati, ecc.) le politiche monetarie, tra cui quella della Fed, tornano ad essere accomodanti.
Il calo del commercio globale, dei prezzi delle materie prime e dei beni industriali si intensifica, facendo sì che le pressioni deflazionistiche globali si deteriorino ancora di più. Le politiche monetarie diventano (o rimangono) accomodanti quasi ovunque. È la fine dello pseudo-ciclo di stretta monetaria della Fed, mentre la BCE e la BoJ incrementano il ritmo del loro QE e adottano un QE2. I tassi a lungo termine dei titoli sovrani (USA, zona Euro core) calano ulteriormente.
Il contesto di bassi tassi è generalizzato (scadenze, paesi), ma i Paesi periferici della zona Euro tornano nelle mirino: livelli di debito e deficit, la perdita di competitività...
Le valute dei paesi emergenti e delle commodity sono nuovamente a rischio, mentre la solvibilità delle imprese torna al centro della scena, soprattutto per quei paesi e settori che si sono re-indebitati. I mercati azionari soffrono ancora (impatto sui profitti, ricavi e in termini di solvibilità).
L'allineamento improbabile dei pianieti
Il secondo scenario alternativo è più ottimista (probabilità 10%). La crescita mondiale accelera nel 2016 e 2017 (e non solo), va al 4%. Tre sono i possibili fattori scatenanti: la ripresa degli investimenti (in Europa, Cina, ma anche negli Stati Uniti), un aumento più marcato dei salari (in USA e Europa in particolare), e una nuova accelerazione della crescita in Cina. Tali fattori riescono a rilanciare l'economia con nuove misure di stimolo, senza optare per una forte svalutazione dello yuan.
Un buon risultato per l'euro, che ha perso terreno nei confronti delle valute che determinano il suo tasso di cambio effettivo, dando un ulteriore impulso alla crescita già piuttosto solida. Il declino delle economie "emergenti" è generalmente contenuto e questi paesi beneficiano della precedente debolezza delle loro valute, che ora si apprezzano. Il ciclo di stretta monetaria degli Stati Uniti guadagna credibilità ed è lontano da errori di comunicazione. Un QE2 da parte della BCE non è più oggetto di dibattito, probabilmente ritenuto superfluo. La BCE inizia ad alzare tassi di interesse in un orizzonte da due a tre anni, al più presto. Potremmo registrare un appiattimento delle curve dei rendimenti su tutta la linea. Le valute dei paesi produttori di materie prime tornano a salire, in linea con i prezzi delle materie prime. Gli spread creditizi (sovrani e corporate) rimangono stretti e potremmo assistere a una nuova crescita dei mercati azionari, con l'Europa in testa e i mercati emergenti potrebbero attrarre nuovamente i flussi di capitali internazionali.
Philippe Ithurbide, Global Head of Research, Strategy and Analysis Paris, Amundi