Meno burocrazia, piu' crescita: l'impatto economico sulle PMI della semplificazione
Secondo uno studio di CER e R.E.TE. Imprese Italia in soli quattro anni sarebbe possibile conseguire un aumento del rapporto fra investimenti e Pil pari a 0,4 punti percentuali, a cui si assocerebbe un calo di mezzo punto del tasso di disoccupazione
Quali effetti economici si otterrebbero se si riducessero di quasi 10 miliardi gli oneri burocratici impropri segnalati dal Dipartimento Funzione Pubblica?
A questa e molte altre domande su PMI e burocrazia ha dato risposta lo studio "Scenari di crescita in presenza di una semplificazione amministrativa", realizzato dal CER (Centro Europa Ricerche) e da R.E.TE. Imprese Italia. Vediamone i punti salienti.
Superano i 30 miliardi i costi che le PMI italiane sopportano ogni anno a causa dell'eccesso di adempimenti burocratici. Un peso equivalente al 2% del Pil, che costituisce un evidente freno al processo di sviluppo. Oltre il 25% di questi costi potrebbe essere eliminato attraverso procedure più semplici, che in quasi due casi su tre dovrebbero riguardare le materie del lavoro e del fisco.
Questo insieme di dati, ufficialmente quantificato dal governo, costituisce la base per un vasto piano di sburocratizzazione che, a regime, dovrebbe riportare nelle disponibilità delle PMI quasi 10 miliardi. Con risultati che, fino a oggi, non sempre appaiono soddisfacenti: non tanto per le lentezze di attuazione, che ci sono ma che possono in parte essere considerate fisiologiche a qualsiasi processo di riforma, quanto per direzioni di intervento non sempre coerenti con l'obiettivo della semplificazione.
Tanto che resta forte, fra le imprese, la percezione di aver subito un sensibile aumento degli oneri amministrativi proprio nel corso della grande recessione dell'economia italiana. Quasi il 60% delle PMI condivide questa percezione, che viene quantificata in un aumento delle giornate uomo dedicate ad adempimenti burocratici arrivato a toccare il 35% e in un incremento dei costi per le connesse consulenze esterne di quasi il 15%. Ed è ben chiaro, nella valutazione delle imprese, come la flessione dei fatturati abbia certo contribuito ad acuire il problema degli oneri amministrativi, ma come questi ultimi siano effettivamente aumentati a causa del varo di norme più complicate e sempre troppo numerose.
PMI in difficoltà con le normative
Il tema della semplificazione ha oggi recuperato un posto di rilievo nell'agenda di politica economica, senza, tuttavia, che le imprese ne percepiscano ancora un effettivo beneficio. Anche perché vi sono campi dove il processo di riforma non sembra essere arrivato, con dichiarazioni fiscali che continuano a contare un numero eccessivo di pagine; moduli per i pagamenti IRPEF che richiedono informative senza poi mettere a disposizione lo spazio per fornirle; software di compilazione già complessi in origine e che ogni anno stratificano nuove procedure che inseguono un'incessante innovazione normativa; regole per la sicurezza del lavoro e l'infortunistica che accolgono indubbie necessità di tutela sociale ma, all'atto pratico, si rivelano di impervia applicazione; provvedimenti, infine, che si prefiggono di ridurre gli adempimenti amministrativi, bilanciandone però l'effetto con un aggravio dei costi monetari.
Esce, da tutto ciò, l'immagine di un apparato pubblico che, in anni particolarmente critici per le PMI, avrebbe trovato molte difficoltà a dare seguito alle promesse di alleggerimento degli oneri burocratici e amministrativi.
Quali vantaggi deriverebbero allora al sistema economico se i programmi di semplificazione trovassero una più concreta attuazione?
Le simulazioni condotte con il modello econometrico del CER forniscono importanti indicazioni al riguardo, identificando quali canali di trasmissione le misure di riforma dovrebbero proporsi di attivare. Le quantificazioni offerte nel Rapporto mostrano come, nell'arco di soli quattro anni dall'attuazione del processo di semplificazione amministrativa, sarebbe possibile conseguire un aumento del rapporto fra investimenti e Pil pari a 0,4 punti percentuali, a cui si assocerebbe un calo di mezzo punto del tasso di disoccupazione. In termini di crescita economica, nel periodo si registrerebbe un incremento aggiuntivo di Pil pari a un intero punto percentuale. Tali effetti sono, per circa la metà, di natura permanente, traducendosi in uno strutturale innalzamento della produttività di sistema dell'economia italiana.
È proprio quest'ultimo il punto di maggior rilievo evidenziato dall'esercizio di simulazione. Oltre a determinare un forte impulso congiunturale, un intervento mirato a ridurre i troppi oneri burocratici delle imprese favorirebbe, infatti, un permanente aumento della competitività del nostro Paese, consentendoci di risalire posizioni in classifiche internazionali che da troppo tempo ci vedono sfavoriti.
Parola d'ordine: snellire l'apparato burocratico
Secondo Carlo Sangalli, presidente Confcommercio e di R.E TE. Imprese Italia, "se il Governo vuole davvero valorizzare il ruolo delle imprese come motore di innovazione e crescita, come peraltro ha iniziato a fare, allora dovrà anche favorirle attraverso una nuova e più moderna burocrazia. Nel rapporto realizzato insieme al Cer emergono alcuni dati che ci hanno colpito. Secondo valutazioni dello stesso Governo, le imprese sopportano ogni anno 30 miliardi di euro di costi burocratici.
Un vero e proprio fardello che potrebbe essere ridotto di almeno un quarto semplificando alcune procedure.
Un altro dato è che, nel confronto internazionale, il numero di ore necessarie per assolvere gli adempimenti fiscali per le nostre imprese è di gran lunga superiore a quello degli altri Paesi.