Le ricadute della pericolosa politica fiscale tedesca sull'eurozona
McCann (Standard Life Inv.): bassi tassi di investimento e conservatorismo di bilancio hanno portato all'incauta politica di austerità degli ultimi anni, con effetti dannosi
Tutti sembrano avere un'opinione sulla politica fiscale tedesca.
Nel suo intervento a Jackson Hole, Mario Draghi aveva esortato gli stati membri dell'Eurozona a sfruttare qualsiasi margine fiscale per favorire la domanda aggregata, con un riferimento appena velato alla Germania.
Un'intera schiera di economisti ha spinto in maniera analoga verso una politica fiscale più accomodante, incluso l'ex presidente Bernanke, che ha recentemente sostenuto che le politiche attuali stanno contribuendo ai pericolosi squilibri di bilancio della Germania.

Anche l'FMI ha ripetutamente raccomandato una politica fiscale più espansiva.
Infatti, un documento di lavoro pubblicato alla fine dello scorso anno sosteneva che un investimento pubblico più elevato stimolerebbe la crescita interna nel breve e nel lungo periodo e, contemporaneamente, genererebbe ricadute positive su tutta l'unione monetaria.
Intanto in Germania le critiche sono più moderate.
Il ministro delle finanze Schäuble è stato risoluto nella difesa di una politica di bilancio austera, considerato che la Germania ha registrato un saldo strutturale di bilancio leggermente positivo negli ultimi due anni, nonostante un contesto economico debole.
Questo trova terreno fertile in una Germania avversa al debito e con bassi tassi di proprietà immobiliare.
Molte delle decisioni tedesche sul bilancio tuttavia non sono discrezionali.

Nel 2009 il parlamento ha istituito un "freno al debito pubblico" nella Costituzione federale, che può essere modificata solo con una maggioranza di due terzi.
Questa norma sul debito include vincoli sul livello del disavanzo corretto per il ciclo sia a livello di governo federale (il deficit non deve superare lo 0,35% del PIL, a partire dal 2016), che a livello statale (il deficit deve essere pari a zero o in attivo a partire dal 2020).
Uno degli aspetti più controversi della norma è che non permette ai governi di finanziare la spesa per investimenti attraverso il prestito.