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Editoriale
Cambiare strada per far crescere il Pil

Quando ci sono di mezzo i grandi temi finanziari, quelli che in qualche modo influiscono pesantemente sulle sorti del Paese, c'è sempre qualche vincolo esterno di mezzo. Chiamiamolo pure fattore esogeno. Non possiamo crescere perché per l'UE non possiamo investire, e veniamo bacchettati perché non cresciamo e non tagliamo abbastanza spesa pubblica. Ma l'austerity è la malattia non la cura, come adesso sperimentano anche i tedeschi. Siamo su una deriva di lento ma inesorabile declino e sembra non ci sia modo di invertire la tendenza. Eppure l'Italia è in una situazione kafkiana in cui siamo contributori netti della UE, abbiamo un surplus commerciale e facciamo avanzo primario di bilancio da oltre 25 anni. Diamo soldi ad altri Paesi che così crescono, ma da noi lo stato continua a tagliare. Eppure il debito pubblico cresce! Un circolo vizioso che si può interrompere solamente scegliendo una strada diversa. Specialmente in vista della crisi globale all'orizzonte.
Negli ultimi anni abbiamo visto che contro lo spread (il fattore-ricatto) l'unica arma efficace l'aveva in mano la BCE, e il debito pubblico - nonostante l'arrivo del governo Monti e manovre lacrime e sangue - è continuato a salire anche con i governi successivi. Perché non seguiamo l'esempio della Francia, unico grande Paese dell'eurozona che non è ancora non guarda da vicino la recessione, e non sforiamo allegramente i parametri di Maastricht? Se loro possono andar ben oltre il 3% ormai da anni (punte del 7% con Moscovici alle Finanze), dovrebbe esser concesso anche a noi, se no non si parla di Unione Europea, ma di impero di Aquisgrana. La spesa pubblica ben indirizzata è un enorme volano per il Pil. Solo attraverso una robusta crescita avremo una chance di uscire dalle sabbie mobili. Almeno finchè non sarà entrato in vigore il MES.   

 



Claudio Gandolfo

In questo numero


 

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