Editoriale
Riforme Hartz in Italia? No, grazie
E alla fine c' arrivato anche TheEconomist: il declino dell'Italia coinciso con l'ingresso nella moneta unica.
Per esser pi chiari, il settimanale britannico scrive testuale ( http://ow.ly/XPYjZ ) che ''l'esperienza dell'Italia nell'Eurozona stata miserabile'', sostenendo con dati e grafici che le prestazioni del nostro Paese sono state di gran lunga inferiori alla media dei partner in tutti i settori: dal PIL procapite ai minimi dal 1999, al debito pubblico oltre il 130%, fino alla produttivit. Senza contare l'essere in recessione per cinque anni negli ultimi otto. Abbiamo problemi di competitivit, di tassazione a livelli insostenibili, di povert in aumento.
Nulla di nuovo per noi. Se non per un passaggio dell'articolo: ''Renzi arrivato al momento delle riforme Hartz''. E qui, dopo l'introduzione del Jobs Act, si accendono i campanelli di allarme: quelle riforme significano deflazione salariale, cio taglio degli stipendi per recuperare produttivit.
In Germania le riforme furono accompagnate e finanziate da montagne di soldi statali a supporto dei lavoratori. In Italia quei fondi non ci sono. Siamo in recessione, con i consumi che non ripartono, alta disoccupazione e l'inflazione vicino allo zero. Sarebbe il colpo finale.
E infatti The Economist conclude che ''qualsiasi schema di crescita che si basi sul taglio dei salari improbabile che renda amabile Renzi agli italiani''. Non basterebbe un tweet a giustificarlo.
Claudio Gandolfo
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