La classe manageriale deve aiutare il Paese ad abbattere il clima di sfiducia. E mettere le proprie competenze al servizio delle istituzioni
Internazionalizzazione, soddisfazione di consumatori sempre più informati e consapevoli, aggiornamento continuo e miglioramento di un contesto italiano sfavorevole. Sono queste le sfide per il 2014 che il manager dovrà affrontare. Ne parliamo con Guido Carella, Presidente di Manageritalia.
Manager 2014: Come deve cambiare il suo ruolo in una contingenza di crisi come questa?
Io sono certo che il manager, più di ogni altro cittadino, debba aiutare il Paese in quel senso di sfiducia che ha caratterizzato gli italiani in questi ultimi anni di crisi. Un senso di sfiducia che non crea i prerequisiti per poter avviare davvero delle azioni che possano portare il Paese nella condizione di riprendere le proprie attività e l’incremento dei livelli occupazionali.
Inoltre, uno dei ruoli che deve recuperare la classe manageriale italiana, è lavorare per essere riconosciuta come un soggetto sociale di riferimento. Questo perché noi riteniamo che sia il giusto completamento per mettere insieme la visione dell’impresa con quella del Paese che dovrebbe costruire una politica “buona”, per tradurla poi con concretezza in progetti e azioni per attuare queste politiche, o per tradurre la visione dell’imprenditore in un progetto di sviluppo e di innovazione dell’azienda.

Come affrontare il cambio da un atteggiamento per lo più difensivo verso il mercato ad uno offensivo?
Uscendo da una logica di breve periodo. Questa, negli ultimi 10 anni, ha portato le aziende a lavorare sul contingente, sul day-by-day. Una logica di breve periodo non incentiva gli investimenti, soprattutto in innovazione e ricerca per poter evolvere le proprie attività e i propri business. Per aumentare gli investimenti c’è bisogno di avere una visione e un progetto di medio-lungo termine, poiché solo questo progetto potrebbe garantire la necessità di ammortizzare gli investimenti, e porterebbe nel tempo a rendere il business sostenibile, cioè recuperando produttività e livelli occupazionali. Anche gli investimenti, soprattutto in innovazione e in ricerca, possono far recuperare produttività alle aziende nel breve periodo, ma non portano miglioramenti a livello occupazionale. Questi possono essere incrementati solamente da una attività sostenibile nel lungo periodo.
Per molti la mission del manager è ormai ridotta all’ottimizzazione, tagli e mantenimento dello status quo...
Gran parte dei manager negli ultimi 10 anni, in virtù della logica del breve periodo, sono stati costretti a lavorare in via prioritaria sull’ottimizzazione e sul taglio dei costi. L’hanno fatto prima e per gli altri e, successivamente, gli stessi manager hanno dovuto scontare questa impostazione organizzativa. Non dimentichiamo che molti manager hanno dovuto poi tagliare sé stessi.
Quali sono i punti di forza e quelli di debolezza della categoria?
I punti di forza dei nostri manager sono sicuramente rappresentati dalla capacità creativa e dalla capacità di saper leggere il contesto locale. Quelli di debolezza sono nei riguardi dell’internazionalizzazione, perché la visione locale penalizza notevolmente una visione più allargata. Il mercato è diventato più globalizzato e ha visto raddoppiare in modo significativo il numero degli utenti. C’è quindi bisogno di recuperare da quel senso di localismo e provincialismo, per poter allargare gli orizzonti e creare nuove opportunità che possano riferirsi a un contesto notevolmente più ampio.
Un confronto tra management italiano e straniero. Alcune aziende adesso li importano. Eppure non sono così scarsi...
E’ vero, qualcuno lo sta facendo. Ma la maggiore differenza sta nella diversità dei contesti. Quello italiano è un contesto che frena notevolmente la capacità di fare impresa e quindi di svolgere al meglio il proprio lavoro da manager. Non dimentichiamo che questo Paese ha una burocrazia elevatissima, che pone freni incredibili alla possibilità di fare impresa, ha livelli fiscali sulle attività produttive che sono insostenibili, ha una imposizione sul lavoro (il cuneo fiscale) tra le più alte d’Europa. Questa visione di contesto penalizza e differenzia molto l’attività del manager in Italia rispetto a quella di un manager all’estero. E’ tanto vero questo, che i nostri manager fuori dal contesto nazionale ottengono successi e sono notevolmente apprezzati, per le loro capacità di relazionarsi, empatiche e di saper fare squadra, oltre che per la capacità di adattarsi in modo più veloce a modelli regolamentati in modo più rigoroso.
BusinessCommunity.it - Supplemento a G.C. e t. - Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Dir. Responsabile Gigi Beltrame - Dir. Editoriale Claudio Gandolfo