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_Febbraio2013

editoriale

Arrivano le elezioni e lo spread risale

E’ cominciata la guerra delle valute e l’Italia pare destinata a subire senza poter avere voce in capitolo. Addio export?

E’ di questi giorni la polemica a distanza tra esponenti giapponesi e tedeschi sul tema della svalutazione monetaria competitiva. E questo potrebbe essere un bene, dal momento in cui tutte le principali valute internazionali si stanno ampiamente svalutando sull’euro. In pratica, questo significa minor possibilità di esportazione per i Paesi dell’area euro. Almeno se ne parla, verrebbe da dire. Proprio in un momento in cui i consumi interni diminuiscono e l’export sarebbe il fattore che contribuirebbe maggiormente a far crescere, o almeno tenere, il PIL.
USA, UK e Giappone stanno svalutando la propria moneta nell’ottica di essere più aggressivi e competitivi sui mercati internazionali, e questo – almeno a breve termine – divrebbe pagare. L’Italia ha prosperato con questa strategia per decenni, grazie alla sovranità monetaria. Poi, con l’avvento dell’euro, si è osservato un costante declino della curva dell’export che, pur rimanendo su valori importanti, guarda verso il basso da almeno un decennio. Chissà perchè...
Svalutare l’euro, quindi, per rimanere competitivi? Nein, la solita risposta tedesca, perchè genererebbe - in teoria – inflazione, la loro fobìa.

E nessuno in questo momento sembra in grado di contestare la decisione unilaterale, men che meno il nostro governo e tutti quelli filo-Bundesbank.
Ma può una sola nazione condannare al declino un intero continente? Questa domanda se la pongono in molti, e vedremo se nel corso del 2013 l’export della Germania manterrà lo stesso trend di crescita degli ultimi anni. Il problema è ovviamente politico, ma le elezioni tedesche si terranno solo in autunno, e nessuno – men che meno frau Merkel – vuol nominare fino ad allora il tema svalutazione-inflazione.
Come arriveranno l’euro e i Paesi che lo adottano ad allora? Temiano maluccio, tra strette fiscali e crescita inesistente.
In questo quadro l’Italia rischia di entrare ancora di più in recessione. Aumento della disoccupazione, PIL in picchiata, consumi in calo, e contrazione dell’export, uniti a una pressione fiscale record, potrebbero portare a un punto di difficile ritorno. Indipendentemente da chi ci governerà, che sarà alle prese comunque col Fiscal Compact.
Però su questo aspetto c’è da fare una considerazione.


Nonostante che la gran parte degli outlook internazionali non attribuisca all’Italia alcun rischio-Paese specifico per il 2013, in molti osservatori c’è il timore che con l’approssimarsi delle elezioni lo spread torni a salire. Qualora avvenisse, e i segni prodromici già ci sono, si attribuirebbe la colpa all’incertezza politica. Specialmente se dalle urne uscissero maggioranze diverse tra Camera e Senato. Sappiamo che la finanza internazionale ha già fatto il suo endorsement, sperando di ripetere lo shopping fatto a più riprese dal 1992 in poi. Sono già stati indicati i loro uomini fidati per le posizioni chiave.
Gioielli di famiglia ne abbiamo ancora pochi, specialmente di Stato, ma sono particolarmente appetibili. E una forte discesa della borsa, già ampiamente sottoquotata, potrebbe vedere le ultime imprese sopravissute pagare le tasse all’estero causa acquisizione a pochi spiccioli, perdendo così know how e brevetti. Stesso discorso per le banche, che però ci stanno mettendo anche del loro: pochi colpi ben assestati di rating e potrebbero esser di colpo in seria difficoltà.



Ecco perchè il 2013 sarà l’anno cruciale per la nostra sopravvivenza.  

Claudio Gandolfo


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