Ripartire dalle imprese per far crescere il PIL
La priorità è far crescere l’economia reale, ma lo stato deve finanziarsi a caro prezzo sul mercato per adempiere ai vari fondi e meccanismi europei
Il neonato governo italiano si trova alle prese con una serie di problemi di non facile soluzione.
Un livello di tassazione record che mette in ginocchio le famiglie e le imprese, che si dibattono tra scarsità di commesse, mancati pagamenti ed esiguità di credito.
Questo si traduce in minori consumi, minori introiti fiscali e maggior spesa per ammortizzatori sociali per lo stato.
Alla scarsità di liquidità ha ben contribuito proprio lo stato, che non saldando i propri debiti per un centinaio di miliardi (su cui ha però incassato l’IVA), ha di fatto sequestrato una cifra imponente di circolante all’interno del’economia reale.

Con le conseguenze sotto gli occhi di tutti.
A fronte di tutto ciò, il debito pubblico cresce, anche perchè dobbiamo finanziare i vari organismi europei, decisamente onerosi, di cui però pochi ne rilevano l’incidenza.
E’ passato quasi sotto silenzio il recente versamento di 2,8 miliardi di euro al MES (o Fondo Salvastati), il Meccanismo di Stabilità Europeo al quale l’Italia dovrà contribuire con circa 125 miliardi in cinque anni.
Abbiamo già versato circa 40 miliardi nell’ultimo biennio.
Giusto per dare le dimensioni: l’IMU sulla prima casa vale circa 4 miliardi, appena lo 0.5% della spesa pubblica.
Il rifinanziamento della cassa integrazione costerebbe “solo” 1,5 miliardi.
Ma non è finita qui.
Tra il 2011 e il 2012 abbiamo versato, sempre pro quota, altri 32 miliardi di euro all’ESFS.
Soldi per salvare qualcun altro (i soliti noti) che abbiamo dovuto prendere a prestito sul mercato pagandoli a un tasso superiore a quelli di altri Paesi.
Già perchè questo approvvigionamento ci costa parecchio.
Prendiamo ad esempio i dati di sintesi del conto del settore statale del mese di febbraio 2013: entrate 31.896 milioni, spese 44.418 milioni, spese per interessi 9.922 milioni.
Al netto degli interessi, il disavanzo sarebbe ben poca cosa, considerando la congiuntura.
Ecco quindi che l’incidenza degli interessi conta, e parecchio.