Una rete e un capitano per pescare nel mercato globale
Carella (Manageritalia): Le nostre imprese per competere a livello internazonale devono collaborare in sinergia e affidarsi a manager esperti
Una recente indagine, di AstraRicerche per Manageritalia e Fondir (Fondo Paritetico Interprofessionale per la Formazione Continua dei Dirigenti del Terziario) su un migliaio di dirigenti, ci aiuta a capire cosa le aziende stanno facendo per competere al meglio.
Emerge che tutti o quasi puntano su aumento dei ricavi (91,4%), contenimento dei costi (85,2%) e produttività (83,3%).
Elevato anche il numero di chi punta su aspetti di innovazione di processo (67,9%) e organizzativa (66,7%).

Grave è, invece, che solo un terzo punti su export (34,9%) e internazionalizzazione e apertura di sedi all’estero (32,4%).
Risulta chiaramente che all’estero si va ancora in modo crescente al crescere della dimensione aziendale e soprattutto, anche qui in negativo, le aziende nazionali e multinazionali italiane ci vanno molto meno delle multinazionali estere.
Confermato il conclamato gap della nostra economia – che ha troppe imprese e troppo piccole, incapaci di affacciarsi e muoversi agilmente sui mercati esteri – come lo superiamo?
Non saremo mai un’economia di grandi imprese, non sarebbe né possibile né logico.
Anche perché oggi anche la più grande corporate del mondo è vincente solo se è capace di essere leader o parte di una catena del valore nella quale deve per forza collaborare, e al meglio, con fornitori e clienti e anche con gli stessi concorrenti.
Gli esempi sono tanti.
Ferrero e Mars (di norma litigiosi fra gli scaffali) hanno collaborato per innovare logistica e distribuzione dei prodotti (condivisione di piattaforma e mezzi di trasporto).
Boeing ha costruito il 787 Dreamliner che ha il 70-80% dei suoi componenti totali progettati e prodotti da partner esterni dislocati nell’intero pianeta.
BMW ha progettato, prodotto e assemblato con una rete globale di fornitori il 70% delle parti della X3 e della Serie 7.