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08/10/2025

marketing

L'AI riscrive le regole della pubblicità digitale

Paterlini (NEWU): sempre più ricerche vengono risolte direttamente dalle AI summary senza cliccare sui siti. In assenza di visibilità in questo tipo di risultato, una parte del ritorno sull'investimento semplicemente si perde

L'analisi condotta da NEWU, soft infrastructure consultancy che trasforma i trend in vantaggio competitivo intervenendo su processi di trasformazione digitale, marcom e project management con un approccio integrato, ha calcolato come un investimento pubblicitario sul digitale, se non accompagnato da un'adeguata indicizzazione per i Large Language Models, rischi di generare un impatto negativo sulle vendite. Le risposte prodotte dall'intelligenza artificiale nei motori di ricerca (come AI Overviews) stanno infatti già riducendo l'efficacia degli investimenti pubblicitari online, spostando l'attenzione degli utenti dai tradizionali spazi paid ai contenuti che l'AI seleziona come più rilevanti. Questo fenomeno, già osservato negli ultimi mesi in mercati più maturi come gli USA (Pew Research Center, AI and Search Behaviors, marzo 2025), sta ora investendo anche l'Italia.

Impatto sui budget pubblicitari

Secondo lo studio, un brand che investe oggi 100.000 euro in advertising digitale rischia di perdere fino al 30% del ritorno nei prossimi due anni se non è visibile nei nuovi spazi creati dall'AI. Per un marchio con un budget annuo di 1,2 milioni di euro, la perdita stimata è di circa 186.000 euro all'anno in vendite. Nel caso di un grande player del retail italiano, la stima varia tra i 350.000 e i 560.000 euro all'anno di riduzione di efficacia sugli investimenti in search advertising. La ragione è semplice: quando una parte crescente degli utenti trova risposte direttamente nelle piattaforme AI e lì il brand non compare, il ritorno degli investimenti pubblicitari non si materializza più. Se nei prossimi 18-24 mesi tra il 25% e il 40% della discovery si sposterà su AI assistant e motori di ricerca con AI, e un brand non è presente in quei contesti, la visibilità può ridursi fino all'85% perché gli algoritmi selezionano solo pochissimi risultati considerati "affidabili" secondo i criteri degli AI crawler bot. Poiché spesso oltre il 60-80% dei percorsi d'acquisto passa da momenti di ricerca e confronto, questo effetto si traduce in una perdita media intorno al 30% del ritorno sugli investimenti.

"Il fenomeno è già evidente: sempre più ricerche vengono risolte direttamente dalle AI summary senza cliccare sui siti. In assenza di visibilità in questo tipo di risultato, una parte del ritorno sull'investimento semplicemente si perde", commenta Anna Paterlini, Co-Founder & Client Director di NEWU.


Un esempio concreto


Immaginiamo un marchio italiano di moda con negozi fisici ed eCommerce, paragonabile a brand noti nel nostro Paese. L'azienda investe ogni anno circa 1,2 milioni di euro in Google Ads, con un budget mensile di 100.000 euro distribuito tra campagne Search, Shopping e Display. Ipotizziamo un costo medio per click di 1,20 euro su Search, con un tasso di conversione del 3% e uno scontrino medio di 80 euro. In condizioni normali, senza interferenze legate alle AI Overviews o ai fenomeni di zero-click, questi numeri generano un ritorno stabile e prevedibile: il traffico a pagamento porta conversioni regolari e sostiene sia le vendite online sia la visibilità dei negozi. Ma quando metà delle query rilevanti per il brand viene intercettata da AI summary dove compaiono solo competitor e quindi il CTR cala di circa il 15%, il modello cambia radicalmente. La riduzione media di traffico cliccabile si traduce in una perdita annua stimata di circa 186.000 euro in vendite. Il ritorno sugli investimenti scende, passando da un ROAS attorno a 2,0 a un valore più vicino a 1,85. Non si tratta di un dettaglio tecnico, ma di un impatto diretto sul conto economico: per un brand che vive di volumi e margini contenuti, la mancata visibilità nei contesti AI può compromettere la crescita e assorbire risorse importanti per lo sviluppo.

La risposta è la Discoverability

Questo esempio mostra chiaramente come il fenomeno non sia teorico, ma misurabile già oggi. La sola comparsa delle AI summary, che intercettano e soddisfano parte della domanda informativa prima del clic, è sufficiente a ridurre in modo tangibile l'efficacia degli investimenti digitali. Oltre alla perdita immediata, la trasformazione in corso richiede un approccio diverso. Come sottolinea Paterlini, non basta adottare nuovi strumenti, serve rivedere i processi alla base. Per NEWU la risposta sta nella Discoverability, che significa:
- partire da un nucleo solido di contenuti e dati strutturati di qualità;
- integrare pertinenza e rilevanza fin dall'inizio, invece di aggiungerle dopo;
- distribuire queste risorse su tutti i canali (motori di ricerca, piattaforme AI, social) in modo coerente e riconoscibile;
- monitorare e aggiustare costantemente il proprio posizionamento rispetto ai competitor diretti sulle piattaforme di AI con metriche misurabili come Visibility frequency, Position performance, Sentiment score e altre.


"Con l'AI non è sufficiente ottimizzare singole parti del sito web o della presenza social. Occorre ripensare il processo nel suo insieme, perché è lì che si libera il vero valore per le aziende e per i clienti", aggiunge Raffaele Bifulco, Co-Founder & Managing Director di NEWU. Oggi la ricerca online è sempre più frammentata e le persone si muovono senza barriere tra Google, ChatGPT e TikTok. Per i brand la sfida da vincere è riuscire a mantenere la stessa agilità degli utenti. La Discoverability non è una scelta accessoria, diventa un obiettivo prioritario perché è la condizione necessaria per non disperdere risorse economiche e per continuare a creare valore in un ecosistema che evolve con grande rapidità.


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