
Gigi Beltrame
Apple rincorre l'AI o ha abbandonato la battaglia?
La crisi di innovazione del colosso di Cupertino è evidente soprattutto nel settore dell'intelligenza artificiale
Il colosso tecnologico Apple, un tempo riconosciuto come pioniere dell'innovazione, si trova oggi ad affrontare una fase critica, segnata da un percepibile rallentamento nel ritmo delle sue innovazioni più radicali. L'aura di genialità che ha caratterizzato lanci di prodotti epocali, dal Mac all'iPhone, sembra ora meno evidente, lasciando spazio a un interrogativo sulla sua capacità di guidare il progresso tecnologico. L'azienda, pur beneficiando di una vasta base di utenti e di una fedeltà al marchio consolidata, rischia di passare da leader a inseguitore in settori chiave. L'innovazione trasformativa appare sostituita da un processo di raffinamento o miniaturizzazione incrementale, spesso presentato come un balzo in avanti significativo.

Un esempio emblematico di questa tendenza è Siri, l'assistente vocale lanciato da Apple nel 2011. All'epoca, l'idea di un'interfaccia vocale integrata nel quotidiano era visionaria, anticipando di oltre un decennio l'irruzione di OpenAI sulla scena globale dell'intelligenza artificiale. Siri prometteva di ridefinire l'interazione uomo-tecnologia, offrendo un'esperienza intuitiva e intelligente. Tuttavia, quattordici anni dopo, nel 2025, le sue funzionalità rimangono per lo più basilari: impostare un timer, inviare un messaggio o avviare una chiamata. L'assistente fatica a ricordare il contesto delle conversazioni passate, a comprendere sfumature linguistiche o a evolvere in modo significativo, presentandosi come un esecutore efficiente di compiti predefiniti, ma un interlocutore limitato per richieste più complesse o contestualizzate. Questa stagnazione di Siri è una delle critiche più persistenti rivolte ad Apple, evidenziando le difficoltà dell'azienda nel mantenere il passo nel campo dell'intelligenza artificiale generativa.
Il panorama tecnologico, intanto, ha subito un'accelerazione straordinaria. Negli ultimi tre anni, aziende come OpenAI hanno rivoluzionato il rapporto tra esseri umani e linguaggio. Con il lancio di ChatGPT, l'idea stessa di assistente digitale, di conoscenza distribuita e di creatività generata da macchine è stata ridefinita. La sua capacità di comprendere, generare e manipolare testo ha innescato un'ondata di innovazione che ha toccato settori che vanno dalla scrittura alla programmazione, dalla ricerca all'arte. Le evoluzioni di ChatGPT hanno mostrato una profondità di comprensione e una versatilità che rendono Siri un esempio di tecnologia meno evoluta in confronto. Non solo OpenAI: anche Google, con il suo modello Gemini, ha dimostrato capacità multimodali e un'integrazione profonda con il vasto ecosistema di informazioni mondiale, posizionandosi come un attore di primo piano nella corsa all'AI generativa. La competizione tra questi giganti ha spinto i confini del possibile, accelerando ricerca e sviluppo a ritmi senza precedenti, con strategie aggressive e pronte a scommettere su tecnologie emergenti dal potenziale illimitato.
Di fronte a questo scenario, Apple sembra inseguire con un ritardo evidente una strategia AI, e lo fa, in modo significativo, integrando la tecnologia di ChatGPT all'interno dei suoi dispositivi. Questa mossa, già annunciata e ora in fase di realizzazione, è stata interpretata da molti analisti come una soluzione provvisoria, piuttosto che come un passo strategico audace. Non appare come una dimostrazione di forza, ma piuttosto come una tacita ammissione delle difficoltà interne nello sviluppo di una tecnologia AI all'altezza delle aspettative o della concorrenza. Un'azienda che ha sempre fatto della verticalizzazione e del controllo totale dell'hardware e del software il suo punto di forza, ora si affida a un rivale per una delle tecnologie più strategiche del decennio.
Il glorioso passato di Apple è innegabile. L'introduzione del Macintosh ha rivoluzionato l'interazione uomo-computer grazie alla sua interfaccia grafica intuitiva e all'uso del mouse. L'iPod ha ridefinito il consumo di musica, trasformando l'industria discografica e rendendo disponibili "mille canzoni in tasca". Nel 2007, l'iPhone ha stravolto il mondo, non solo come telefono, ma come un computer portatile tascabile con un'interfaccia multi-touch innovativa e un ecosistema di app che ha generato intere nuove economie. L'iPad ha avuto un impatto simile sul mercato dei tablet, e l'App Store è diventato un modello di business globalmente imitato. Questi prodotti non erano semplicemente "migliori", ma rappresentavano rivoluzioni, spesso anni luce avanti rispetto ai concorrenti, frutto di una visione audace, di un'ossessione per il design e l'esperienza utente, e della disponibilità a sacrificare successi consolidati per creare qualcosa di ancora più grande.
Tuttavia, negli anni recenti, questa capacità di innovazione radicale sembra essersi attenuata. L'innovazione di Apple è divenuta più incrementale. I nuovi modelli di iPhone, pur dotati di processori sempre più potenti (come i chip A19 Pro dell'iPhone 17) e fotocamere migliorate, spesso non presentano quelle innovazioni "radicali" che definivano l'azienda in passato. L'attenzione si concentra sull'ottimizzazione del silicio proprietario (i chip della serie M per Mac e iPad sono un esempio di eccellenza ingegneristica) e sull'integrazione sempre più profonda dell'ecosistema, ma la "next big thing" latita. La sottigliezza di un iPhone 17 Air o un leggero miglioramento della durata della batteria vengono celebrati come svolte epocali, mentre i concorrenti gettano le basi per una nuova era tecnologica basata sull'intelligenza artificiale generativa. Questa focalizzazione sulla miniaturizzazione e sul raffinamento come surrogato dell'innovazione rappresenta un punto critico. Mentre il mondo si entusiasma per l'AI conversazionale, la generazione di immagini da testo, la programmazione assistita dall'AI e le nuove interfacce utente basate su LLM (Large Language Models), Apple sembra ancora concentrata su miglioramenti marginali dell'hardware. Mark Zuckerberg, CEO di Meta, ha apertamente criticato Apple per la sua stagnazione nell'innovazione, affermando che l'azienda non ha inventato nulla di eccezionale da un po' di tempo dalla creazione dell'iPhone di Steve Jobs. Ha inoltre messo in discussione l'Apple Vision Pro, pur riconoscendone la sofisticazione, come un prodotto che nella sua prima versione non ha pienamente soddisfatto le aspettative in termini di interattività.
La fortuna di Apple risiede ancora nel suo vastissimo mercato e nella straordinaria lealtà dei suoi clienti. Centinaia di milioni di dispositivi attivi in tutto il mondo costituiscono una base installata quasi ineguagliabile. Questa inerzia del marchio, unita a un ecosistema di servizi robusto e redditizio, permette all'azienda di navigare le acque turbolente del cambiamento tecnologico senza subire impatti immediati. È una posizione invidiabile, ma anche rischiosa. La dipendenza da entrate consolidate e la cautela nel "cannibalizzare" i propri prodotti attuali (come il dibattito sull'opportunità di portare macOS sull'iPad per non intaccare le vendite dei Mac) rischiano di soffocare qualsiasi impulso innovativo radicale. Steve Jobs, in passato, non esitò a sacrificare l'iPod per l'iPhone, riconoscendo la necessità di un passo coraggioso verso il futuro. Oggi, quella stessa audacia sembra meno presente.
Nel frattempo, il panorama globale dell'AI è più dinamico che mai. Oltre ai giganti occidentali, le alternative cinesi stanno emergendo con forza e originalità. Modelli come DeepSeek AI hanno dimostrato di poter competere con ChatGPT e Gemini, spesso con costi di sviluppo e risorse inferiori. Aziende come Baidu con Ernie Bot, Alibaba Cloud con Tongyi Qianwen e Tencent AI Lab con Hunyuan stanno sviluppando LLM avanzati, ottimizzati per la lingua e le esigenze del mercato cinese, ma con ambizioni globali. Questi attori non solo sfidano il dominio occidentale, ma portano anche nuove prospettive, spingendo i confini della ricerca e dello sviluppo in modi diversi, spesso con un approccio più aperto o con focus su efficienza e costi ridotti. La loro rapida ascesa evidenzia ulteriormente il dinamismo del settore, in netto contrasto con la cautela di Apple.
La strategia AI di Apple per il 2025, denominata Apple Intelligence, si fonda su tre pilastri: intelligenza on-device, integrazione nell'ecosistema e privacy dell'utente. L'azienda sta investendo in chip AI proprietari (come "Project ACDC" per i data center e il Neural Engine nei dispositivi) e in un'architettura ibrida che combina modelli on-device da 3 miliardi di parametri con un sistema di cloud computing privato e crittografato (Private Cloud Compute). L'obiettivo è fornire funzionalità AI avanzate, come la traduzione in tempo reale, la generazione di Genmoji e la consapevolezza contestuale, mantenendo un forte impegno per la privacy dell'utente. Tuttavia, gli osservatori notano che, sebbene l'approccio "privacy-first" di Apple sia un punto di forza e un elemento distintivo, ha anche rallentato il lancio di funzionalità AI all'avanguardia rispetto ai concorrenti. I modelli AI di Apple, per quanto sofisticati per l'esecuzione on-device, sono considerati in ritardo rispetto a quelli di OpenAI e Google in termini di parametri e capacità generali. L'integrazione stessa di ChatGPT-5 (prevista per iOS 26) o la possibile integrazione di Gemini, mentre Apple continua a lavorare sul proprio LLM interno, è vista come un modo per "guadagnare tempo" e colmare il divario esistente; rappresenta un'ammissione che le capacità generative di Apple non sono ancora all'altezza delle aspettative o della concorrenza.
La situazione attuale di Apple è un paradosso. L'azienda che ha mostrato al mondo il significato della vera innovazione si trova oggi a rincorrere, specialmente nel campo cruciale dell'intelligenza artificiale. L'integrazione di tecnologie di terze parti come ChatGPT, sebbene necessaria per mantenere la competitività, rischia di minare l'immagine di un'azienda che ha sempre costruito e controllato ogni aspetto della sua tecnologia. La miniaturizzazione e i miglioramenti incrementali non possono più essere presentati come innovazione radicale in un'epoca in cui l'AI sta ridefinendo ogni aspetto della tecnologia e della vita quotidiana. Apple detiene ancora una base di clienti fedelissima e una potenza finanziaria colossale. Questo le offre un margine di manovra e tempo per riorganizzarsi. La questione fondamentale è se riuscirà a riscoprire quella scintilla di audacia e visione che l'ha resa grande. Potrà sviluppare una sua AI veramente competitiva, o sarà destinata a essere un eccellente produttore di hardware che "ospita" l'intelligenza di altri. Il futuro di Apple, nel 2025 e oltre, dipenderà non solo dalla sua capacità di innovare in sé, ma dalla sua volontà di farlo con la stessa forza dirompente e la stessa originalità che un tempo l'hanno distinta.
Copyright © 2009-2025 BusinessCommunity.it.
Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Tutti i Diritti Riservati. P.I 10498360154
Politica della Privacy e cookie