Il futuro delle calzature italiane è in bilico: i dazi USA e l'export sotto pressione
Giovanna Ceolini (Assocalzaturifici): il settore italiano delle calzature fronteggia un calo significativo di fatturato e occupazione nel primo semestre 2025
L'industria delle calzature italiane si trova ad affrontare un periodo di forte incertezza e rallentamento, come rivelano i dati del primo semestre 2025. Nonostante un lieve miglioramento nel secondo trimestre, il bilancio complessivo tracciato dal Centro Studi di Confindustria Accessori Moda per Assocalzaturifici evidenzia un calo significativo del fatturato e della produzione, aggravato da un export dalle dinamiche contrastanti e da consumi interni in difficoltà. A ciò si aggiunge la crescente preoccupazione per i nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti, che minacciano di compromettere ulteriormente la ripresa del settore, storicamente trainato dalle esportazioni.

Il fatturato delle aziende di calzature ha registrato una diminuzione del -5,6%, mentre la produzione industriale, misurata dall'indice ISTAT, è scesa del -9,5% nel primo semestre. Anche i segmenti del lusso e delle grandi griffe, solitamente più resilienti, hanno risentito di questa congiuntura negativa, iniziata nella seconda metà del 2023.
L'export, che rappresenta circa l'85% della produzione italiana, ha mostrato un andamento disomogeneo. Nei primi cinque mesi del 2025, le esportazioni sono aumentate in volume del +3,2%, raggiungendo 84,5 milioni di paia. Tuttavia, il valore complessivo è sceso a 4,89 miliardi di euro, con una flessione del -2,7%. Questo significa che il prezzo medio per paio esportato è diminuito del -5,7%, attestandosi a 57,82 euro. Le scarpe con tomaia in pelle, in particolare, hanno subito un andamento sfavorevole sia in volume (di -2,7%) che in valore (di -7%).
I mercati dell'Unione Europea hanno mostrato maggiore resilienza, con un aumento complessivo dell'export del +1% in valore e del +6,1% in volume. Tra questi, spicca la Germania con un incremento del +12,4% in valore e del +15,8% in quantità. La Francia, pur mantenendo il primato tra le destinazioni, ha registrato un calo del -5,5% in valore, mentre il volume è rimasto stabile (+1,3%). Altri paesi comunitari come Spagna, Polonia, Belgio e Austria hanno mostrato consolidamenti.
Al di fuori dell'Unione Europea, il quadro è meno positivo, con un calo complessivo del -6,5% in valore e del -3,2% in volume. Le flessioni hanno colpito in particolare i principali mercati del Far East (di -23%) e diversi paesi dell'ex blocco sovietico, inclusa la Russia (di -14,4% in valore) e l'Ucraina (di -3,8%). Anche il Kazakistan ha rallentato (di -2,5%). Fanno eccezione gli Emirati Arabi e la Turchia, che hanno mostrato trend positivi con incrementi rispettivamente del +26,6% e del +13,5%.
L'analisi dei dati - spiega Giovanna Ceolini, Presidente Assocalzaturifici - evidenzia nel cumulato gennaio-giugno un calo sia del fatturato (-5,6% tra gli associati partecipanti alla rilevazione trimestrale) sia della produzione industriale (-9,5% l'indice Istat, con una riduzione tendenziale del -7,5% nel periodo aprile-giugno). L'export resta positivo nelle paia (+3,2% nei primi cinque mesi) ma appare in calo in valore (-2,7%), risultando frenato dalle performance nel Far East e nell'area CSI. Tengono i mercati comunitari (+1% in valore), mentre prosegue il trend decisamente favorevole di Emirati Arabi (+26,6%) e Turchia (+13,5%). L'attività di pura commercializzazione ha favorito l'incremento dell'import (+18,2% in quantità), con una decisa crescita dei flussi dall'Estremo Oriente (+45%); oltre alla Cina, Vietnam, Indonesia, Cambogia e Birmania presentano aumenti sostenuti. Il saldo commerciale è sceso a 2 miliardi di euro di attivo (-15,8% su gennaio-maggio 2024). Sul fronte interno, i consumi delle famiglie mostrano difficoltà di ripresa (-1,9% in volume, -0,7% in spesa); le calzature sportive e le sneakers si confermano l'unico segmento con leggero dinamismo (+1,2% in spesa)".
Sul fronte delle importazioni, l'attività di commercializzazione ha registrato un aumento significativo del +18,2% in quantità nei primi cinque mesi del 2025, trainato principalmente dai flussi dall'Estremo Oriente (di +45%). Oltre alla Cina, paesi come Vietnam, Indonesia, Cambogia e Birmania hanno contribuito a questa crescita. Di conseguenza, il saldo commerciale - la differenza tra esportazioni e importazioni - è sceso a 2 miliardi di euro, con una contrazione del -15,8% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Nel mercato interno, i consumi delle famiglie italiane sono rimasti deboli, con un calo del -1,9% in volume e del -0,7% in spesa. L'unico segmento che ha mostrato un leggero dinamismo è quello delle calzature sportive e delle sneakers, con un aumento dell'1,2% nella spesa.
Le prospettive future sono fortemente influenzate dalla questione dei dazi americani. Questi sono tariffe aggiuntive sulle merci importate, applicate dagli Stati Uniti, che possono aumentare i costi per i consumatori americani o ridurre i margini di profitto per le aziende esportatrici italiane. Un accordo con l'Unione Europea ha fissato un dazio del 15% a partire dal 7 agosto. Nonostante l'export verso gli USA abbia mostrato una tenuta ad aprile (di +1,9% in valore) e maggio (di +1,8%), questi dati devono essere interpretati con cautela, poiché l'incertezza sui dazi futuri potrebbe aver spinto gli operatori ad accelerare le transazioni. La questione legale è complessa: un provvedimento dichiarato illegittimo da una Corte d'appello federale americana e ora oggetto di ricorso della Casa Bianca presso la Corte Suprema, attesa per ottobre. Gli Stati Uniti hanno rappresentato il secondo mercato per valore per le esportazioni calzaturiere nel 2024, con quasi 1,4 miliardi di euro, rendendo la risoluzione della disputa sui dazi cruciale per la stabilità delle aziende italiane.
Questo scenario sfavorevole ha avuto ripercussioni anche sull'occupazione e sulla demografia delle imprese. Nel primo semestre del 2025, le stime del Centro Studi indicano saldi negativi sia nel numero di calzaturifici (industria e artigianato), con -81 aziende (pari al -2,4% rispetto a dicembre scorso), sia nel numero degli addetti, con -1.392 occupati (pari al -2%). Il totale degli addetti è sceso a 69.449 unità. L'utilizzo degli ammortizzatori sociali, strumenti che supportano i lavoratori in periodi di crisi, rimane elevato. Sebbene nel secondo trimestre le ore di cassa integrazione autorizzate dall'INPS per le aziende della filiera pelle siano diminuite del -28,1% rispetto ad aprile-giugno 2024, il dato cumulato del primo semestre 2025 registra un aumento tendenziale del +12,8%. A livello territoriale, le regioni con una forte presenza della filiera pelle che hanno registrato un aumento delle ore di cassa integrazione autorizzate sono: Toscana (di +97%); Marche (di +27%); Emilia-Romagna (di +32%).
Le attese per la seconda metà del 2025 rimangono improntate alla cautela. L'assenza di significative novità nel panorama economico e geopolitico internazionale, unita alle tensioni commerciali innescate dai dazi statunitensi, non permette facili ottimismi. Oltre la metà degli imprenditori intervistati (il 58%) prevede di chiudere l'anno con risultati inferiori rispetto al 2024.