Il dazio dell'incertezza
L'annuncio di un "accordo" tra Donald Trump e Ursula von der Leyen, pur presentato come un trionfo, sta rivelando la sua natura di costrutto fragile, destinato a prolungare l'incertezza che attanaglia l'economia europea. Non ci sono basi solide e abbiamo visto che gli USA possono cambiare politica e in questo contesto, l'assenza di un trattato formale e le discordanze nelle dichiarazioni tra la Casa Bianca e la Commissione Europea sollevano interrogativi sulla solidità dell'intesa e sulla sua gestione da parte di Bruxelles.
Le imprese europee, siano esse italiane, francesi o tedesche, osservano con apprensione. Se la percezione che l'accordo sia "scritto sull'acqua" si consolida, gli investimenti potrebbero continuare a languire, soffocati non tanto da minacce esterne, quanto dalla mancanza di una rotta chiara e definita da parte della leadership europea.
L'ottimismo iniziale dei mercati, del resto, è stato effimero.
Analizzando i dettagli di questa intesa, la sua implementazione pratica appare sfidante per la Commissione Europea. L'impegno europeo ad acquistare 750 miliardi di dollari in prodotti energetici statunitensi in tre anni è un volume considerevole, che richiederà una revisione profonda delle strategie energetiche e dei contratti esistenti per i singoli Stati membri, come l'Italia. Similmente, la promessa di 600 miliardi di dollari di investimenti europei negli Stati Uniti necessita di una chiara articolazione su come la Commissione intenda facilitare e indirizzare questi flussi, senza che gli Stati membri si trovino di fronte a obiettivi difficilmente raggiungibili.
Queste premesse fragili, se non gestite con rigore dalla Commissione, potrebbero facilmente fornire a qualsiasi interlocutore esterno il pretesto per sostenere che l'Europa non rispetta i patti.
L'impegno ad aumentare le commesse della difesa alle imprese americane, pur comprensibile in un contesto di riassetto geopolitico, solleva questioni sulla capacità della Commissione di proteggere e valorizzare l'industria della difesa europea, visto l'impatto già visibile sulle quotazioni delle nostre aziende.
Il calo dell'euro, termometro della fiducia, e le previsioni di rallentamento economico per l'Europa, fino a una possibile recessione per l'Italia, indicano che la fragilità dell'accordo e la sua gestione stanno erodendo la fiducia. È tempo che la Commissione Europea valuti con pragmatismo l'efficacia delle proprie strategie negoziali e la chiarezza dei messaggi veicolati.
La debolezza cronica dell'Europa non si risolve sperando solo nella buona volontà altrui, ma con una leadership europea robusta, capace di definire e perseguire con coerenza i propri interessi.

Gigi Beltrame
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