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16/07/2025

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Gigi Beltrame

L'AI aumenta i profitti ma taglia i posti di lavoro

Problema sociale: la realtà dell'intelligenza artificiale e i licenziamenti, non ce ne stiamo accorgendo ma le big tech ce lo dicono chiaramente

"La tecnologia dovrebbe liberare l'umanità, non imprigionarla in nuove forme di sfruttamento". Questa massima, spesso ripetuta nei convegni sull'innovazione, si scontra brutalmente con la realtà che stiamo osservando nel panorama aziendale globale: un'ondata di licenziamenti che procede parallela all'implementazione massiccia di sistemi di intelligenza artificiale. È evidente il paradosso. Salesforce proclama con entusiasmo che l'AI si occupa di una percentuale compresa tra il 30% e il 50% delle operazioni interne, esultando per questi risultati come se fossero una conquista dell'efficienza. Contemporaneamente, la stessa azienda ha mostrato la porta a oltre 1.000 dipendenti nei primi sei mesi del 2025. E non è un caso isolato: Google, Microsoft, Amazon - giganti tecnologici con bilanci stellari - seguono lo stesso copione, tagliando migliaia di posti mentre investono miliardi nei loro sistemi di intelligenza artificiale.

Studi prestigiosi del MIT e di Stanford documentano meticolosamente come l'AI generativa aumenti la produttività in diversi settori tra il 15% e il 35%. Una rivoluzione dell'efficienza che dovrebbe tradursi in benessere diffuso. Invece, il settore tecnologico ha eliminato 250.000 posti di lavoro nel 2024, con altri 90.000 spazzati via nei primi sei mesi del 2025. E il dato più sconcertante? Questi licenziamenti non avvengono in aziende in crisi, ma in colossi che registrano profitti record trimestre dopo trimestre!


Nuove forme di estrattivismo digitale


Quando un algoritmo comprime in un'ora ciò che prima richiedeva una giornata, quelle sette ore risparmiate rappresentano una risorsa. Ma è una risorsa che viene sistematicamente espropriata. Invece di tradursi in settimane lavorative più brevi, in tempo per la formazione continua o in maggior equilibrio vita-lavoro, queste ore "liberate" vengono semplicemente eliminate dal libro paga aziendale, insieme ai dipendenti che le occupavano.

Si manifesta così una nuova forma di "estrattivismo digitale": i benefici dell'automazione vengono privatizzati sotto forma di maggiori margini e bonus dirigenziali, mentre i costi sociali vengono distribuiti tra lavoratori licenziati, comunità impoverite e sistemi di welfare sempre più sotto pressione.
Alcuni economisti propongono alternative concrete: una tassazione specifica sui profitti generati dall'automazione, destinata a finanziare programmi di riqualificazione professionale; l'introduzione graduale della settimana lavorativa di quattro giorni a parità di stipendio; incentivi fiscali per le aziende che redistribuiscono i guadagni di produttività attraverso programmi di condivisione degli utili.

Il filosofo Byung-Chul Han osserva acutamente che "il capitalismo digitale non ha come scopo la liberazione dell'umanità, ma la sua continua disponibilità". In questa disponibilità perpetua, il tempo liberato dall'AI non viene restituito agli individui, ma immediatamente riassorbito in nuove forme di produttività e controllo.La vera rivoluzione non sta nell'implementare sistemi AI sempre più sofisticati, ma nel rispondere alla domanda fondamentale posta dal senatore USA Bernie Sanders: se le macchine possono fare metà del nostro lavoro, allora metà del nostro tempo dovrebbe tornare alle persone. Non come concessione caritatevole, ma come diritto fondamentale in una società che si definisce progredita.


Se sei un lavoratore del settore tecnologico o un imprenditore interessato all'impatto dell'AI sui profitti e sull'occupazione, potresti non renderti conto di un problema sociale crescente che le big tech stanno evidenziando chiaramente
L'intelligenza artificiale deve lavorare per l'umanità, non sostituirla. E il primo passo per garantirlo è pretendere che i benefici della rivoluzione tecnologica siano distribuiti equamente tra tutti, non concentrati nelle mani di pochi privilegiati che controllano gli algoritmi. Dopo l'editoriale di questa settimana, direi che bisogna scatenare una discussione allargata sul problema!

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