Una guerra per la tecnologia ridefinisce il potere globale e l'AI è l'arma chiave
Klecha (Klecha & Co.): il report di Rosa & Roubini Associates analizza la sfida tecnologica tra USA, Cina ed Europa, delineando scenari futuri cruciali
Una competizione invisibile ma profonda sta plasmando il panorama geopolitico ed economico mondiale, con semiconduttori, intelligenza artificiale e potenza di calcolo al centro. La posta in gioco è la leadership del XXI secolo, come evidenziato dal report "Aiming at World Domination", frutto della collaborazione tra Klecha & Co. e Rosa & Roubini Associates. Il documento esamina la complessa dinamica tra Stati Uniti, Cina ed Europa, delineando i possibili esiti futuri di questa corsa globale.
Il cuore di questo confronto risiede nelle tecnologie dual-use, ovvero quelle con applicazioni sia civili che militari. Gli autori del report hanno identificato e analizzato dodici aree tecnologiche chiave che saranno decisive per la supremazia globale. Tra queste figurano l'Intelligenza artificiale generativa, il calcolo quantistico, la fusione nucleare, i semiconduttori avanzati, le biotecnologie e la biologia sintetica, l'energia pulita, la tecnologia spaziale, la cybersecurity, le telecomunicazioni avanzate, le tecnologie di difesa, l'automazione e la robotica, e la blockchain con le valute digitali.

La leadership tecnologica determinerà quella economica e militare. L'innovazione è dunque un asset geopolitico e la neutralità tecnologica non è più un'opzione, ha dichiarato Stephane Klecha, Founder e Managing Partner di Klecha & Co. . Sebbene l'Europa stia mostrando segni di progresso negli investimenti in difesa, semiconduttori e sovranità digitale, il marcato vantaggio di USA e Cina richiede una risposta più incisiva. Klecha propone strumenti concreti: un programma "Next Tech EU" per investimenti mirati in settori come il quantum, i semiconduttori, la difesa, l'energia e il biotech; e un European Tech Sovereignty Fund per finanziare infrastrutture critiche e innovazione dual-use. Per sostenere questi investimenti, suggerisce un basket bond europeo da un trilione di euro, che convoglierebbe nuovo debito nazionale proporzionalmente al PIL di ciascun Paese. Nel caso di adesione di tutti i 27 membri, l'Italia potrebbe contribuire con una quota massima del 13% del veicolo, equivalenti a circa 130 miliardi di nuovo debito lordo sui 500 miliardi emessi annualmente. Klecha è convinto che tale strumento sarebbe attrattivo per gli investitori internazionali, offrendo un'alternativa solida al mercato statunitense, e rappresenterebbe la necessaria fonte di finanziamento per l'innovazione europea. Egli sottolinea l'urgenza di agire ora per cogliere questa opportunità storica ed evitare un destino di irrilevanza geopolitica ed economica.
Il report delinea tre scenari futuri. Nello scenario "positivo", gli Stati Uniti manterrebbero il dominio tecnologico, con un potenziale di crescita economica che potrebbe raddoppiare dal 2% al 4% entro il 2030, e arrivare al 6% nel 2040. Questo sarebbe trainato da un'ondata di investimenti guidati dall'AI, capaci di compensare gli effetti negativi di dazi e restrizioni migratorie. La crescita esponenziale legata all'innovazione assicurerebbe agli USA un vantaggio competitivo strutturale rispetto agli altri blocchi economici. Lo scenario "negativo" paventa una deriva autocratica degli Stati Uniti, con conseguenti minacce allo stato di diritto, alla libertà accademica e alle istituzioni. Il rischio sarebbe una fuga di capitali e competenze, compromettendo la fiducia degli investitori nei mercati americani. Tra questi estremi si colloca lo scenario "base", che prefigura un mondo frammentato e instabile, caratterizzato da conflitti "congelati" come quelli in Ucraina e Gaza, e da alleanze in crisi. In questo contesto, l'America si ritirerebbe nella sua sfera continentale - dall'America Centrale alla Groenlandia - lasciando Europa e Asia a gestire autonomamente la propria difesa. Ciò comporterebbe un prolungamento dei conflitti in atto e un ridimensionamento del supporto militare a Taiwan.
Il "Grande Disaccoppiamento" tecnologico è già in corso. La Cina, leader in settori come le tecnologie green e i veicoli elettrici, ha implementato una strategia a lungo termine, rafforzando la sua influenza attraverso l'iniziativa Belt and Road Initiative, che coinvolge oltre 150 Paesi in Asia, Africa, Medio Oriente, America Latina ed Europa orientale. La Cina sta inoltre investendo massicciamente nella difesa, e il report prevede un continuo riarmo in vista di possibili futuri scontri, pur mantenendo un approccio "pacifico, ma preparato".
Anche Washington ha avviato una profonda trasformazione. Il CHIPS and Science Act, con 280 miliardi di dollari di investimenti, e l'Inflation Reduction Act, che stanzia circa 370 miliardi, sono solo due esempi di una strategia industriale che fonde investimenti pubblici, venture capital e fondi militari in una convergenza senza precedenti. Il risultato è un ecosistema tecnologico capace di attirare i capitali più sofisticati: solo nel 2023, gli Stati Uniti hanno catalizzato oltre il 66% degli investimenti globali nell'intelligenza artificiale, lasciando all'Europa appena il 3,4%. Tra le aziende di punta in questa nuova corsa alla supremazia globale spiccano nomi come OpenAI, xAI (la startup fondata da Elon Musk), Anthropic e le nuove realtà della fusione nucleare come Helion Energy (sostenuta da Microsoft e Sam Altman) e Commonwealth Fusion Systems. Non si tratta solo di innovazione civile: molte di queste tecnologie sono dual-use, applicabili anche alla difesa, e si stanno già integrando nelle strategie del Pentagono.
Diversamente da USA e Cina, l'Europa non dispone né di un'industria tecnologica nativa realmente competitiva né di una strategia federale unificata per la sicurezza economica. L'eccessiva dipendenza da partner esterni - in ambito energetico, digitale e infrastrutturale - espone il continente a crescenti vulnerabilità. Il rischio concreto è che le imprese europee vengano relegate al ruolo di meri utilizzatori passivi di tecnologie sviluppate altrove, in un contesto geopolitico sempre più ostile. Il report evidenzia come l'Unione Europea sia priva di un piano industriale paragonabile a quelli di USA e Cina e sia frammentata da regolamentazioni che scoraggiano il capitale di rischio. In media, i fondi europei di venture capital sono dieci volte più piccoli di quelli americani e mancano attori capaci di accompagnare l'innovazione fino alla fase di scala. Inoltre, le principali big tech europee sono assenti nei settori più dirompenti: nessuna rientra nella top 10 globale per investimenti in AI, quantum computing o space economy.
Tuttavia, la crisi attuale apre una finestra di opportunità unica. Gli investimenti crescenti nella difesa e la necessità di reagire a un progressivo disimpegno degli USA dagli scenari globali offrono all'Unione Europea una possibilità concreta di ricostruire la propria base industriale e rimuovere le barriere al mercato interno. Il report lancia un messaggio inequivocabile: senza una reazione decisa, l'Europa rischia l'irrilevanza. In un mondo sempre più polarizzato tra "coalizioni tecnologiche" guidate da potenze sovrane, la neutralità non rappresenta più una via percorribile.