La tempesta politica agita i mercati: ecco la rotta per gli investitori
Van Geeteruyen (DPAM): l'esperto spiega come gestire la volatilità di mercato e le politiche commerciali imprevedibili
L'attuale scenario economico è caratterizzato da una considerevole incertezza, in gran parte alimentata dalle politiche commerciali introdotte da Donald Trump. Nonostante alcune recenti notizie abbiano attenuato le preoccupazioni iniziali, persistono dettagli insufficienti e la prospettiva di un aggiornamento significativo il 9 luglio lascia in sospeso se si tratterà di una distensione duratura o di una tregua temporanea. Questa situazione genera una notevole volatilità sui mercati, mettendo sotto pressione anche gli investitori con orizzonti a lungo termine. Tuttavia, come sottolinea Johan Van Geeteruyen, CIO Fundamental Equity di DPAM, vendere in momenti di crisi rischia di cristallizzare le perdite e di precludere la partecipazione a successive riprese del mercato.

Una gestione attiva del portafoglio può rivelarsi uno strumento efficace per anticipare i rischi, posizionando gli asset in modo da mitigare i cali e cogliere le opportunità di rialzo. La storia dei mercati azionari insegna che dopo periodi di forte crisi si sono sempre verificate riprese significative. Ad esempio, in situazioni in cui l'indice VIX - che misura la volatilità implicita delle opzioni sull'indice S&P 500 - ha raggiunto tra i 40 e i 50 punti, le azioni globali hanno mostrato un rendimento medio del 37% nei dodici mesi successivi, mentre l'S&P 500 ha registrato una media del 34%. Sebbene il VIX abbia superato quota 50 solo nove volte negli ultimi venticinque anni, anche questi eventi estremi hanno storicamente generato ritorni promettenti. È fondamentale ricordare che i rendimenti passati non sono predittivi di quelli futuri.
Un esempio recente di questa dinamica si è manifestato il 2 aprile, giorno definito "della liberazione di Trump", quando i mercati hanno subito un calo per poi rimbalzare pochi giorni dopo. La flessione iniziale è stata in gran parte guidata dagli operatori istituzionali, fortemente esposti a giganti tecnologici come le Magnificent 7, i cui movimenti hanno innescato richieste di margine, amplificando il sell-off. Il successivo rimbalzo, tuttavia, è stato alimentato in modo significativo dagli investitori al dettaglio. Tradizionalmente considerati seguaci delle tendenze, questi ultimi sono ora sempre più coinvolti in strategie a rischio elevato grazie all'accesso facilitato a informazioni, strumenti analitici, social media e piattaforme di trading. Tali strumenti consentono azioni su larga scala e, talvolta, semi-coordinate, permettendo ai piccoli investitori di compensare le vendite degli operatori stranieri e tecnici. In un contesto macroeconomico senza precedenti, con previsioni sul PIL ampiamente variabili a causa di decisioni politiche imprevedibili, la diversificazione attraverso un'allocazione disciplinata e l'impiego graduale del capitale rimangono strategie prudenti.
Analizzando il potenziale strategico a livello regionale, le azioni americane appaiono meno attraenti dal punto di vista delle valutazioni, con un rapporto prezzo/utile (P/E) forward di circa 22,5, tornato a livelli storicamente elevati. Sebbene gli utili siano stati accettabili, persiste incertezza sui tassi d'interesse, con il 60% degli investitori statunitensi che si aspetta ulteriori aumenti. La Federal Reserve mantiene una postura cauta, probabilmente posticipando i tagli dei tassi verso la fine dell'anno. Le discrepanze tra dati economici concreti, che mostrano solidità, e indicatori di sentiment, più deboli, aggiungono complessità al quadro. Il rapporto rischio/rendimento è attualmente modesto, richiedendo catalizzatori positivi più chiari, come un accordo commerciale favorevole o un miglioramento degli utili, per sostenere lo slancio del mercato. Le politiche fiscali e il perdurare dei dazi, che alimentano l'inflazione, potrebbero limitare ulteriormente la crescita del PIL, mantenendo prospettive modeste.
Anche le azioni europee non si presentano a valutazioni storicamente convenienti, con un P/E forward di 14,5 contro una media ventennale più vicina a 10. La recente ripresa del mercato dopo il "giorno della liberazione" di Trump è stata principalmente guidata da una rivalutazione delle quotazioni piuttosto che da una crescita degli utili, che rimangono negativi. Ciononostante, l'orientamento fiscale europeo è decisamente passato dall'austerità allo stimolo, spinto in particolare dai vasti piani di spesa della Germania per infrastrutture e difesa. Il calo dei costi energetici e la flessibilità della politica della BCE supportano ulteriormente un quadro positivo. Data la significativa sottoperformance dell'Europa negli ultimi anni, il contesto attuale suggerisce un potenziale di sovraperformance delle azioni europee rispetto al mercato statunitense, un sentimento che attrae grandi investitori come BlackRock. Anche le small cap europee, fortemente sottovalutate dall'inizio del conflitto in Ucraina, potrebbero offrire un potenziale di rialzo significativo grazie a potenziali catalizzatori imminenti.
I mercati emergenti potrebbero beneficiare in modo particolare nella seconda metà dell'anno se il dollaro dovesse continuare a indebolirsi, migliorando le condizioni finanziarie globali. La Cina, un attore chiave nei mercati emergenti, presenta alcune complessità: l'intervento governativo è cruciale, ma storicamente l'implementazione effettiva delle misure annunciate si è rivelata inferiore alle aspettative. Nonostante i consumi interni rimangano deboli, la reattività della Cina alle dinamiche tariffarie suggerisce opportunità di investimento selettive, in particolare nei settori tecnologici. Gli investitori occidentali tendono ad avere orizzonti di investimento più brevi rispetto ai loro omologhi asiatici, un fattore da considerare nel posizionamento strategico.
Infine, il settore dell'immobiliare quotato emerge come un'opportunità interessante, nonostante la recente volatilità causata dall'aumento dei costi di finanziamento legati ai tassi d'interesse e al conflitto in Ucraina. Tradizionalmente considerato difensivo, il settore ha sorprendentemente sottoperformato fino a poco tempo fa. Tuttavia, le società immobiliari hanno attivamente rafforzato i propri bilanci, cedendo gli asset meno performanti, riducendo sostanzialmente i costi di finanziamento e migliorando i rapporti tra indebitamento netto ed EBITDA. In particolare, la crescita degli affitti supera ora il calo dell'inflazione, segnalando un miglioramento dei fondamentali. Con valutazioni che riflettono ancora uno sconto sostanziale del 27% rispetto al NAV (Net Asset Value), il settore immobiliare presenta un'opportunità interessante, soprattutto alla luce della stabilizzazione dei rendimenti immobiliari e dei fondamentali incoraggianti.
Johan Van Geeteruyen, CIO Fundamental Equity, DPAM