Stati Uniti e Cina: dall'eccesso di tensione a una nuova competizione
Farooqui (PGIM Fixed Income): le relazioni commerciali tra i due Paesi verso un'evoluzione graduale, con possibili accordi e disaccoppiamenti
Nel contesto della teoria dei giochi, il recente riavvio delle trattative a Ginevra indica che gli Stati Uniti e la Cina stanno abbandonando un costoso gioco di "braccio di ferro" per passare a una "caccia al cervo", in cui l'impulso è quello di competere per ottenere gratificazioni immediate, ma gli interessi a lungo termine sono meglio soddisfatti quando le decisioni chiave ruotano attorno al concetto di cooperazione. I recenti colloqui rappresentano probabilmente l'inizio di una serie di mini-accordi e adeguamenti delle relazioni commerciali che culmineranno nel disaccoppiamento dei settori strategici fondamentali e nella biforcazione delle catene di approvvigionamento nei settori non strategici.

Le nostre impressioni dai recenti incontri con partecipanti del settore pubblico e privato a Pechino, Shanghai e Shenzhen è che la Cina consideri questo risultato una soluzione sostenibile, a condizione che possa preservare i propri interessi geostrategici a lungo termine. I negoziati saranno complicati, con entrambe le parti che manterranno punti di pressione strategici per mantenere i colloqui sulla buona strada. Prevediamo che la pausa di 90 giorni tra Stati Uniti e Cina culminerà in un accordo "Fase 1" aggiornato e rinnovato che manterrà le tariffe di Ginevra al 50%, con la possibilità di ulteriori riduzioni subordinate al raggiungimento di risultati concreti entro un determinato periodo di tempo. Tuttavia, il livello medio dei dazi imposti dagli Stati Uniti alla Cina potrebbe salire all'80% se, alla fine dei 90 giorni, l'offerta della Cina non fosse all'altezza delle aspettative. Di seguito illustriamo la nostra visione delle relazioni tra Stati Uniti e Cina all'inizio di questa nuova fase critica.
Il ruolo chiave della Cina
Il significativo surplus commerciale della Cina nei confronti degli Stati Uniti, in particolare la composizione di tale surplus, e il suo ruolo preponderante nelle catene del valore manifatturiere globali hanno posto il Paese al centro delle iniziative statunitensi sui dazi.
Mentre entrambe le parti cercano un riassetto più permanente ed equo, dai nostri meeting a Pechino deduciamo che la Cina preferisca un risultato negoziato al disaccoppiamento, purché sia reciprocamente vantaggioso e preservi le ambizioni geostrategiche della Cina. Inoltre, gli interessi di Pechino sono tutelati meglio da una serie di accordi graduali. Per raggiungere questo obiettivo, la Cina vuole dissipare l'idea che gli Stati Uniti abbiano il predominio nell'escalation e, di conseguenza, non vuole apparire come se stesse cedendo alla politica del "might is right" degli Stati Uniti. Ciò è dettato dalla convinzione prevalente a Pechino che gli Stati Uniti abbiano bisogno della Cina tanto quanto la Cina ha bisogno degli Stati Uniti. Inoltre, la Cina percepisce un vantaggio considerando il potenziale danno alla credibilità e alla leadership globale degli Stati Uniti.
Il vantaggio commerciale cinese
Sebbene un disaccoppiamento commerciale totale ottenuto tramite dazi doganali equivalenti a un embargo avrebbe potuto consentire agli Stati Uniti di raggiungere uno dei propri obiettivi dichiarati, ovvero ridurre il saldo commerciale con la Cina, si sarebbe trattato di un risultato altamente destabilizzante e insostenibile.
In termini nominali, le esportazioni annuali della Cina verso gli Stati Uniti (~440 miliardi di dollari) sono più di tre volte superiori alle importazioni dagli Stati Uniti (~145 miliardi di dollari).
Questo squilibrio è evidente anche a livello settoriale e in termini di valore delle importazioni
Questi grafici indicano il grado di dipendenza degli Stati Uniti dalla Cina in catene di approvvigionamento complesse, in particolare per i beni tecnologici, come le apparecchiature di comunicazione e i dispositivi informatici. Al contrario, la Cina importa prevalentemente dagli Stati Uniti fattori produttivi primari facilmente sostituibili. Pertanto, la dipendenza della Cina dagli Stati Uniti si basa su catene di approvvigionamento più semplici o è in calo nel caso di beni più complessi, quali l'avionica, i sistemi di trasporto avanzati, i prodotti chimici ad alta purezza e le apparecchiature avanzate per la produzione di semiconduttori.
Nonostante la riduzione dei rischi nella catena di approvvigionamento a seguito dell'accordo commerciale di fase 1 sotto l'amministrazione Trump 1.0, la maggior parte della crescita dei volumi delle esportazioni mondiali è provenuta dalla Cina e dalle catene di approvvigionamento legate alla Cina , con notevoli ripercussioni, come spiegheremo di seguito. Nel caso degli Stati Uniti, le importazioni dirette dalla Cina sono in calo dal 2019, ma se si tiene conto dei trasbordi via ASEAN, India e Messico, la dipendenza degli Stati Uniti dall'approvvigionamento cinese è rimasta pressoché invariata.
La competizione per il potere
Frustrati dall'esito dell'accordo di fase 1, gli Stati Uniti hanno inizialmente adottato un approccio massimalista volto a garantire una minaccia credibile di disaccoppiamento che spingesse la Cina a cambiare rotta. In una prospettiva più ampia, questa competizione riguarda anche la definizione delle sfere di influenza a lungo termine nel commercio, nell'hardware tecnologico, nell'AI e nel soft power. La capacità degli Stati Uniti di esercitare un'influenza a lungo termine sulla Cina attraverso il commercio dipende dal successo della sostituzione dei beni e dei componenti cinesi, non solo negli Stati Uniti, ma a livello globale . Qui sta la difficoltà, dato che la Cina è l'unico Paese in grado di aggiungere valore alla produzione in tutto lo spettro del commercio globale. "Se il tuo nemico è sicuro su tutti i fronti, preparati ad affrontarlo. Se è più forte di te, sfuggigli. Se il tuo avversario è irascibile, cerca di irritarlo".
La Cina considera sempre più la politica statunitense non solo come un atto di contenimento, ma anche come un tentativo di limitare la sua influenza globale. Mentre la Cina cerca di salvaguardare i propri obiettivi di sviluppo geostrategico, la citazione sopra riportata descrive i suoi sforzi tattici per adattarsi, diversificare e reagire. In effetti, la Cina vuole dissipare l'idea che gli Stati Uniti abbiano il predominio nell'escalation e contrastare la "certain uncertainty" di Trump con la "certezza delle politiche" a livello nazionale e globale. A livello nazionale, ciò deriva dalla dimostrazione di resilienza, dal rafforzamento dei consumi interni e dalla salvaguardia del proprio vantaggio competitivo in settori strategici. A livello globale, questa certezza deriva dalla capacità di proporsi come alternativa affidabile all'ordine statunitense, rafforzando al contempo i legami e le reti di approvvigionamento con il Sud del mondo e con altri partner commerciali.
Calcolo dei dazi e prospettive
Secondo i nostri calcoli, il reset di Ginevra porta il livello medio dei dazi imposti dagli Stati Uniti alla Cina al 50% rispetto al 20% alla fine del 20243. Tuttavia, esiste un margine di manovra, poiché il presidente Trump ha ritenuto ragionevole una tariffa dell'80% sulla Cina alla vigilia dei colloqui di Ginevra. La tariffa media sulla Cina potrebbe salire all'80% in uno scenario in cui gli Stati Uniti mantenessero dazi del 20% sul fentanil e del 10% sui prodotti di largo consumo, abolissero le esenzioni sui microchip, applicassero un dazio del 25% su tutti i settori attualmente oggetto di indagini ai sensi della Sezione 232 e un dazio "reciproco" aggiuntivo del 10% su tutti i settori non contemplati dalle indagini in questione.
L'effetto sulle prospettive della Cina
Una serie di misure preventive di stimolo dei consumi, l'accelerazione della spesa fiscale, la stabilizzazione del mercato immobiliare e la spinta alle esportazioni prima dell'attuazione delle barriere commerciali statunitensi hanno aiutato la crescita della Cina a superare il 5% nel primo trimestre del 2025.
Anticipando la possibilità di un dazio base del 60%, il Congresso Nazionale del Popolo di marzo ha fissato l'obiettivo di crescita per il 2025 a "circa" il 5%, sostenuto da uno stimolo fiscale netto pari al 2% del PIL. Più recentemente, in risposta all'escalation tit-for-tat, la PBoC ha annunciato ulteriori misure di stimolo pari all'1,5% del PIL. Il sostegno continuerà probabilmente a concentrarsi sui settori dell'edilizia residenziale, dei servizi, dell'innovazione scientifica e tecnologica, dell'automobile e delle piccole e medie imprese.
Il reset di Ginevra elimina la minaccia di condizioni di embargo e consente la ripresa degli scambi commerciali fondamentali, alleviando in parte alcune delle pressioni sulla Cina. Tuttavia, come emerso dalla nostra settimana di incontri, nonostante i segnali positivi nella ripresa cinese, questa rimane fragile e vulnerabile a contraccolpi. Se i dazi dovessero superare il 60%, potrebbero verificarsi non linearità e circoli viziosi, dato che le esportazioni verso gli Stati Uniti rappresentano il 3% del PIL cinese e circa l'8% dell'occupazione totale nel settore manifatturiero del Paese. Pechino probabilmente tollererà un leggero rallentamento della crescita rispetto all'obiettivo del 5% e vorrà evitare una recessione, che, secondo noi si configurerebbe con una crescita inferiore al 3%. Riteniamo che il tasso di crescita sottostante in Cina sia intorno al 4,5% e che l'impatto cumulativo dei dazi sia probabilmente dell'1% circa, il che potrebbe mantenere la crescita al di sopra della soglia di recessione. In questo contesto, oltre alla parziale attenuazione derivante dall'accelerazione dei trasbordi di merci cinesi attraverso i partner commerciali, riteniamo che Pechino potrebbe ottenere un moltiplicatore fiscale a breve termine pari a 0,5x, che potrebbe potenzialmente rafforzarsi fino a 0,8x nel medio termine con un mix fiscale adeguato. Di conseguenza, manteniamo la nostra stima di crescita della Cina per il 2025 al 4,2%, ma intravediamo rischi di ribasso non lineari rispetto a questa previsione, con un calo al 3% se dovessimo tornare a condizioni simili all'embargo e la Cina non fosse in grado di compensare con una domanda interna sufficientemente forte.
Interdipendenze tra Stati Uniti e Cina
Il solo reset di Ginevra difficilmente ridurrà la dipendenza commerciale complessiva tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, potrebbe complicare la riallocazione delle catene di approvvigionamento per le aziende cinesi se gli Stati Uniti riuscissero a inserire clausole di esclusione della Cina nei trattati commerciali con i propri partner. Se i dazi globali statunitensi si stabilizzassero a un livello uniforme del 10%, con standard più bassi, tale livello di per sé difficilmente avrebbe un impatto sulle catene di approvvigionamento globali e probabilmente esacerberebbe il reindirizzamento attraverso i partner commerciali.
Gli esportatori europei e asiatici sono sempre più legati e in diretta concorrenza con i prodotti cinesi sui mercati globali. Come mostrano i dati commerciali dell'aprile 2025, i loro mercati interni sono particolarmente esposti al rischio di essere invasi dai prodotti cinesi. Sebbene difficile da controllare, la Cina mostrerà probabilmente una certa sensibilità alle percezioni globali sul dumping, data la percezione di essere vista come esportatrice di disinflazione.
Obiettivi a medio termine e conclusioni
Il reset di Ginevra ha prodotto diversi risultati: rende la struttura tariffaria più sostenibile; la scelta dei partecipanti contribuisce a creare un contesto negoziale più stabile; le esenzioni settoriali strategiche concesse da entrambe le parti alleviano le strozzature a breve termine sulle importazioni critiche (anche se potrebbero prolungare i negoziati)4 5. Nel breve termine, prevediamo che la Cina proporrà un accordo di fase 1 rinnovato che mantenga il reset di Ginevra. Il mancato raggiungimento di tale accordo potrebbe portare allo scenario dell'80% di dazi.
A più lungo termine, riteniamo che il riassetto delle relazioni tra Stati Uniti e Cina sarà un processo pluriennale, che renderà improbabile una soluzione rapida e omnicomprensiva. Da parte loro, gli Stati Uniti hanno indicato che una soluzione complessiva potrebbe richiedere dai due ai tre anni. Nel frattempo, pur con la possibilità che emergano mini-accordi volti a rafforzare la fiducia, ciascuna delle parti continuerà probabilmente a mantenere la minaccia di un ritorno ai dazi e di pressioni strategiche durante le negoziazioni graduali.
Prevediamo che gli Stati Uniti spingeranno per un disaccoppiamento strategico e per una riduzione del ruolo centrale della Cina nelle catene del valore globali. L'efficacia degli Stati Uniti in tal senso dipenderà in modo cruciale dai propri accordi commerciali bilaterali con altre grandi economie, e gli Stati Uniti hanno accennato a una riduzione dei dazi doganali nei confronti dei partner che limitano il coinvolgimento della Cina nelle loro economie. Come emerge dall'accordo commerciale tra Stati Uniti e Regno Unito, è altamente probabile che gli Stati Uniti spingano per l'inserimento di clausole di "esclusione" della Cina nei loro accordi commerciali bilaterali, che la Cina cercherà di impedire, con il rischio di una rinnovata volatilità macroeconomica. Di conseguenza, prevediamo che nel medio-lungo termine gli Stati Uniti cercheranno di disaccoppiarsi in settori strategici fondamentali. Tuttavia, in una "caccia al cervo" globale, la dipendenza degli Stati Uniti e dei loro partner commerciali dalla Cina significa che potrebbero dover tollerare catene di approvvigionamento biforcate in settori non strategici nel prossimo futuro.
Shikeb Farooqui, Lead Economist, Asia di PGIM Fixed Income
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