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07/05/2025

idee

Dazi record nel conflitto USA-Cina: economia globale a rischio

De Martinis (Coface): la velocità dell'escalation crea un clima di incertezza pericoloso per gli investimenti

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina ha raggiunto una fase critica. L'imposizione reciproca di dazi superiori al 100% minaccia di compromettere gravemente il commercio internazionale e aumenta il rischio di recessione, sia per l'economia statunitense che a livello globale.
Il livello dello scontro non ha precedenti. Dopo l'annuncio del presidente Donald Trump il 2 aprile scorso su nuovi dazi, la Cina ha risposto con misure analoghe. Entro una settimana, entrambi i Paesi hanno applicato tariffe aggiuntive del 125% sulle importazioni reciproche. Questo colpisce beni come l'abbigliamento e i giocattoli dalla Cina, e prodotti agricoli e attrezzature ad alta tecnologia dagli Stati Uniti.
Donald Trump ha sempre difeso l'idea che i costi a breve termine dei dazi siano minimi rispetto ai guadagni futuri. Li considera uno strumento per finanziare tagli fiscali, ridurre il disavanzo commerciale e attrarre capitali per la produzione manifatturiera negli USA. Interrompere i legami con un'economia con surplus come quella cinese rientra in questa logica. La sua amministrazione non sembra intenzionata a fare marcia indietro, né ci sono segnali che il Congresso possa riprendere il controllo sulla politica dei dazi.


Nonostante un parziale indebolimento dei legami, il commercio bilaterale tra Stati Uniti e Cina resta cruciale per l'economia mondiale. Un crollo delle importazioni a causa dei dazi comporterebbe un forte rincaro dei prezzi per molti beni manifatturieri, o li renderebbe non più convenienti, facendoli uscire dal mercato statunitense. Le interruzioni nelle catene di approvvigionamento potrebbero danneggiare settori vitali come l'automotive, la chimica e l'elettronica. Si stima che l'inflazione potrebbe raggiungere il 4% entro fine anno, mentre la disoccupazione rischierebbe di salire al 5-6%, spingendo l'economia verso la recessione.
Lo scenario peggiore prevede una crisi di fiducia nella gestione economica degli Stati Uniti. Ciò potrebbe innescare una fuga di capitali prolungata e una crisi della bilancia dei pagamenti. Gli indicatori recenti suggeriscono che questa prospettiva è sempre più concreta. Dal 2 aprile, il dollaro USA è sceso da 0,93 a 0,88 rispetto all'euro, e i rendimenti dei titoli del Tesoro sono aumentati di 50 punti base. L'indice S&P 500 ha perso il 7,6% dall'inizio dell'anno. Questi sono tutti segnali di una potenziale fuga di capitali dal Paese.


La Cina potrebbe in parte mitigare lo shock dei dazi puntando su misure di stimolo interno. Le vendite sul mercato domestico costituiscono ancora l'81% del fatturato per le aziende industriali, contro il 2,7% delle esportazioni dirette verso gli Stati Uniti. Il mercato interno è quindi fondamentale. Il governo cinese potrebbe incrementare sussidi e supporti per le piccole e medie imprese e gli esportatori colpiti in occasione della prossima riunione del Politburo. Tuttavia, la forte incertezza esterna potrebbe limitare l'efficacia di queste mosse, poiché imprese e consumatori restano cauti nell'investire e richiedere prestiti, anche a tassi inferiori.
L'escalation impone ai partner commerciali di Stati Uniti e Cina una revisione delle proprie strategie. Devono scegliere tra proteggere le industrie nazionali o allinearsi alla politica statunitense per ottenere dazi più bassi. Questa seconda opzione ridurrebbe le attività di reindirizzamento per aggirare le tariffe, spesso effettuate tramite aree come l'ASEAN. Pechino potrebbe cercare di migliorare i rapporti commerciali con economie più propense al multilateralismo, come Giappone, Sud-est asiatico ed Europa. Per concretizzare questa strategia, la Cina dovrebbe però rassicurare questi partner sui timori di dumping, magari auto-imponendosi quote o prezzi minimi per le esportazioni.

«Quella in corso tra *Stati Uniti e Cina non è più soltanto una guerra commerciale: è il segnale concreto di un possibile riassetto strutturale dell'economia globale. Quando due potenze che insieme rappresentano oltre il 40% del PIL mondiale si impongono reciprocamente dazi superiori al 100%, mettono seriamente a rischio uno dei canali vitali del commercio internazionale. Colpisce la velocità con cui si è passati da un'escalation graduale a una vera e propria accelerazione esponenziale, che sta generando un clima di incertezza pericoloso per gli investimenti e per la tenuta della crescita a livello mondiale.» Questo il commento di *Ernesto De Martinis, CEO Regione Mediterraneo & Africa di Coface.


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