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13/11/2024

EDITORIALE


Quando il nuovo non piace

L'Italia, patria di inventori e visionari, sembra aver smarrito la sua vocazione all'innovazione.
Oggi, nel Bel Paese, il nuovo è spesso visto con sospetto, se non con aperta ostilità.
Questa tendenza si manifesta in vari settori, dall'economia alla cultura, creando un ambiente poco favorevole al progresso e alla crescita.
Facile raccontare delle battaglie dei taxi con Uber o degli affitti e del fisco con Airbnb.
Anche nel campo dell'architettura e dell'urbanistica, il nuovo è spesso osteggiato. Progetti di riqualificazione urbana innovativi vengono frequentemente bloccati da una burocrazia paralizzante e da una mentalità conservatrice, molto spesso non si capisce nemmeno in nome di cosa. Il risultato è che molte città italiane, pur mantenendo il loro fascino storico, faticano ad adattarsi alle esigenze della vita moderna.


Nel settore dell'istruzione, l'introduzione di nuove metodologie didattiche o l'aggiornamento dei programmi scolastici incontrano resistenze sia da parte del corpo docente che delle famiglie. L'attaccamento a metodi tradizionali, seppur consolidati, rischia di lasciare gli studenti italiani impreparati di fronte alle sfide di un mondo in rapida evoluzione.
Persino nel campo della gastronomia, fiore all'occhiello della cultura italiana, si nota una certa riluttanza verso l'innovazione. Mentre la cucina fusion e le sperimentazioni culinarie fioriscono in altri paesi, in Italia c'è ancora una forte tendenza a considerare "autentico" solo ciò che è tradizionale, limitando così la creatività degli chef e l'evoluzione del gusto.
Per non parlare dei soldi destinati al PNRR per interventi contro il dissesto idrogeologico: 2,49 miliardi di euro. Di questi, 1,15 sono già stati assegnati. 
Non innoviamo nemmeno dove è davvero necessario.



Questa resistenza al nuovo non è solo una questione culturale, ma ha ripercussioni concrete sull'economia e sulla società.
L'Italia rischia di perdere terreno in settori cruciali come la tecnologia, la ricerca scientifica e l'industria creativa, dove l'innovazione è il motore principale della crescita.
Per superare questa impasse, è necessario un cambio di mentalità a tutti i livelli. Le istituzioni dovrebbero promuovere politiche che incoraggino l'innovazione, non solo nel settore tecnologico, ma in tutti gli ambiti della società. Il sistema educativo dovrebbe enfatizzare il pensiero critico e la creatività, preparando le nuove generazioni ad abbracciare il cambiamento come un'opportunità, non come una minaccia.
È fondamentale che l'Italia riscopra il suo spirito innovativo, quello stesso spirito che ha prodotto geni come Leonardo da Vinci e Galileo Galilei.



Gigi Beltrame


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